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martedì 17 agosto 2010

TALLIN, VILNA, BUDAPEST E ZAGABRIA: LA NUOVA ALTRA EUROPA LANCIA LA SFIDA A GAZPROM

Estonia e Lituania si riprendono i propri gasdotti. L'Ungheria e la Croazia insieme ai baltici per una nuova conduttura contro la dipendenza dal Cremlino.

Energeticamente sicuri. Ed anche più tranquilli. E' questo lo spirito con cui Estonia, Lituania, Ungheria e Croazia si sono unite. Un nuovo fronte dei coraggiosi, composto da tre Paesi UE, ed uno non ancora, che, dopo la vittoria di Janukovych in Ucraina ed il passaggio della Polonia di Komorowski dalla parte dei filorussi, ha varato una sorta di alleanza energetica con il preciso scopo di opporsi allla dipendenza da Mosca, e al suo conseguente ricatto politico, di cui, oramai, l'intera Vecchia Europa Occidentale è preda.

Come riportato dal quotidiano russo "Kommersant''", il Ministero dell'Economia dell'Estonia starebbe approntando un decreto per smembrare la compagnia energetica nazionale Eesti Gaas, monopolista nel paese non solo nel settore dell'importazione, da Mosca, dell'oro blu, ma anche della sua distribuzione. La decisione del governo estone sarebbe dettata dalla vcolontà di riportare i gasdotti in mani statali, sottraendola al controllo dei russi. Una necessità, per assicurare un minimo margine di indipendenza dal Cremlino. Eesti gas, infatti, appartiene per il 37% al monopolista russo Gazprom, che de facto la controlla. Gli altri soci nella compagnia sono, per il 33,66%, la tedesca E.ON RuhrGas AG, alleata di Gazprom, per il 17,72% la compagnia Fortum, e per il 9,85% la lettone Itera Latvija.

Secondo quanto stabilito dal terzo pachetto energetico UE, varato nel 2009, il governo estone avrebbe il diritto di rilevare la proprietà dei propri gasdotti per mezzo di tre modalità: nazionalizzazione, creazione di un nuovo operatore a maggioranza statale, varo di un'azione economica straordinaria finalizzata all'acquisto del 50% più uno delle azioni del colosso statale. Quale delle tre vie percorrere ancora non è chiaro, ma il governo estone è determinato a finalizzare l'azione. E non solo lui.

Sempre secondo il Kommersant'', anche la Lituania intenderebbe sfruttare il terzo pacchetto energetico UE, e starebbe studiando un'analogo decreto per scorporare la compagnia nazionale Lietuvos dujos, proprietaria di gas e gasdotti, controllata per il 38,9% da E.ON Ruhrgas International, per il 37,1% da Gazprom, e solo per il 17,7% dal governo nazionale.

L'esigenza dell'azione dei due Paesi baltici, tuttavia, non è dettata solamente da sacrosante ragioni politiche, ma anche economiche: Estonia e Lituania, paesi invisi al Cremlino, pagano il gas a prezzi decisamente più cari rispetto alla media europea, pari a 265-270 dollari per mille metri cubi per trimestre. Tallin è costretta a pagarne 318,2, Vilna 370.

Altro Paese legato mani e piedi al Cremlino è l'Ungheria, che importa il 90% dell'oro blu per mezzo del celebre gasdotto "Druzhba", che collega Mosca all'UE via terra, attraverso l'Ucraina. Una situazione ad alto rischio economico, finanziario e politico a cui il nuovo governo conservatore ha voluto porre rimedio collegando il sistema infrastrutturale energetico di Budapest al "Corridoio Nord-Sud": un gasdotto concepito per rifornire di gas norvegese gli stati del baltico, e tutti gli altri Paesi europei fortemente dipendneti da Gazprom. A tale pro, il governo ungherese ha programmato per il prossimo anno la posa di 206 chilometri di condutture, che, collegate al Nord-Sud, soddisferanno parte dei 14 miliardi di metrocubi di cui annualmente l'Ungheria ha bisogno.

Ma non è tutto. Alla conduttura si è aggiunta la Croazia, che, pronta oramai per il prossimo ingresso nell'UE, ha varato un piano di azioni volte alla costruzione di un sistema di gasdotti in compartecipazione proprio con Budapest. Un gasdotto di 120 chilometri collegherà Zagabria al sud dell'Ungheria, e consentirà allo Stato balcanico di approvigionarsi del gas norvegese proveniente dal baltico. Costo dell'opera, 80 miliardi di Fiorini ungheresi, pari a 360 milioni di dollari USA.

Una cifra notevole. Ma necessaria per l'indipendenza energetica, e politica, da Mosca.

Matteo Cazzulani

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