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E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

La Democrazia Arancione. Storia politica dell'Ucraina dall'Indipendenza alle presidenziali 2010"

Kyiv (Kiev), hotel Hyatt, staff elettorale del Blocco Tymošenko, letteralmente a due passi dal monastero di Santa Sofia. Alle ore 20 precise i nove schermi installati in sala stampa proiettano gli exit poll nazionali, ottenuti grazie a rilevazioni effettuate al di fuori dei seggi subito dopo il voto: solo 5 i punti che dividono Viktor Janukovyč e Julija Tymošenko, i due avversari al ballottaggio delle presidenziali ucraine del 2010, separati al primo turno da un 10% (Janukovyč 35,9% -Tymošenko 25,8%).
Mezzora più tardi la Lady di Ferro ucraina entra in sala stampa. Treccia, vestito bianco, viso sorridente, sguardo determinato ma visibilmente stanco dalla lunga campagna elettorale condotta alla continua rincorsa del rivale e del viaggio aereo che la ha appena portata nella capitale da Dnipropetrovs’k, sua città natale dove nella mattinata ha votato insieme con la famiglia: la figlia Jevhenija e il marito Oleksandr. “Difendere ogni singolo voto in ogni seggio. Lottare per ogni protocollo, perché ogni singolo voto è fondamentale per il futuro della nazione” esclama.
E una lottatrice che non si arrende mai, come già dimostrato in passato svariate volte.

L’Ucraina. Paese tanto complesso quanto ignoto agli occidentali. Eppure confinante con l’Unione Europea e, presto o tardi, suo membro. Sotto i riflettori della stampa nostrana durante la “rivoluzione arancione” del 2004, è progressivamente stato ignorato non solo dalla maggior parte dei media, ma anche dalle istituzioni, Bruxelles in primis. Comprenderne la storia recente non solo ci consente di conoscere le ultime evoluzioni di uno Stato europeo con cui in futuro avremo a che fare sempre più strettamente, ma serve a noi occidentali per capire un poco anche noi stessi.

La democrazia arancione
Staria Politica dell'Ucraina
dall'indipendenza al 2010
di Matteo Cazzulani

Copertina da una foto dell'autore
Progetto grafico: afterpixel

Pagine: 224
Prezzo: €16,00
ISBN: 978-88-95307-14-5


Recensioni

Andrea Riscassi (Introduzione del libro) - Chi come me ha il privilegio di fare il giornalista  dà una valutazione dei paesi dove è mandato a seguire gli avvenimenti anche in base a sensazioni personali. È forse un modo superficiale di agire, di capire quel che accade. Perché in base a quelle valutazioni, di pelle, impostiamo poi i nostri reportage, i nostri racconti.
Personalmente mi affido alle sensazioni, alla percezione che ho della mia stessa libertà di azione. A Kiev da molti anni ho l’impressione di essere in un paese libero. A Mosca e a Minsk no. In queste capitali ex sovietiche si ha ancora la sensazione di essere in libertà non perché sia un tuo diritto, ma perché le autorità non hanno deciso il contrario.
In una delle notti elettorali me ne stavo tornando tranquillamente al mio appartamento. Attraversavo in solitaria il Majdan, la piazza della Rivoluzione arancione (dei cui valori questo libro che avete per le mani è intriso). Alle orecchie la musica dell’immancabile Iphone. Guanti e cappello per la temperatura abbondantemente sotto lo zero. Qualcuno mi picchietta sulla spalla e sobbalzo perché Lady Gaga  a tutto volume mi stava isolando dall’ovattata notte di Kiev. Era un poliziotto che mi chiedeva i documenti. Giovanissimo, aria burbera. Si accontentava di sfogliare velocemente il mio passaporto prima di farmi proseguire il cammino. Di fronte alla dichiarazione che ero un giornalista, aveva abbassato le difese. In altri luoghi mi sarei ben guardato da raccontare la mia professione. In Ucraina invece non percepisco questo pericolo. Qui, come racconta a più riprese Matteo Cazzulani in questa interessante analisi di storia ucraina (ed europea) i giornalisti di opposizione, nel recente passato, sono stati decapitati. E non in senso metaforico.
Eppure ora il clima è cambiato. Chiunque vinca le elezioni. La rivoluzione arancione, che i tromboni di tutta la vecchia Europa, danno per sconfitta, ha portato un vento di libertà che al momento non sembra possibile fermare. Certo, quella piazza che attraversavo la sera del voto era desolatamente vuota. La gente che cinque anni fa la riempiva è rimasta a casa a guardarsi i risultati. Il disincanto verso la politica è stato fortissimo in questo bellissimo paese nel quale, nel 2004, un milione di persone è sceso in piazza per dire sì alla democrazia e no ai brogli, alla corruzione, al potere di pochi. La marea arancione ha portato la democrazia, l’alternanza al governo. Ma non ha cambiato l’oligarchia del paese, che rimane drammaticamente nelle mani di un nucleo ristretto di potenti.
I leader politici della rivoluzione hanno fallito. Non sono stati capaci di governare assieme. Hanno consegnato il paese ai filorussi che avevano sconfitto, in piazza e nelle urne, cinque anni prima. Il perché lo spiega Cazzulani, esperto e appassionato come me di questo mondo che si trova oltre il Muro di Schengen. Gli ucraini si sentono europei, anzi, sono europei. Eppure a Bruxelles nessuno li considera come tali. Qualche giorno fa ho sentito con le mie orecchie l’ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ipotizzare un futuro ingresso della Russia nell’Unione europea, escludendo invece una possibile adesione ucraina. Misteri della politica fatta coi gasdotti anziché col cuore.
L’Europa ha chiuso la porta in faccia a Kiev. Mentre Mosca è riuscita a far tornare questa nazione sorella (gli amici, recitava una vecchia barzelletta sovietica si scelgono, i fratelli no) nella sua area di influenza. Lo ha fatto col ricatto energetico. Ricatto del quale noi europei siamo stati non solo partecipi, ma addirittura complici. Germania e Italia hanno lavorato fianco a fianco con la Russia per togliere di mezzo gli ucraini, mettendo le basi per futuri gasdotti: così nel futuro non passerà più sul territorio ucraino il flusso di gas diretto alle nostre case.  La colpa di Kiev? Non accettare che il prezzo del gas russo lievitasse in base alla sua scelta di campo occidentale.  Ma nell’Europa ufficiale (dove si decantano le radici cristiane del continente) nessuno vuole questi ucraini che pure della storia del Vecchio Continente hanno cercato di far parte, malgrado Zar e Pcus.
Cazzulani in questo libro spiega bene questi anni tormentati della politica ucraina. L’instabilità che leggerete è dettata anche dal fatto che questa è una terra di confine tra due mondi contrapposti. Vi potrà sembrare complicata. Ma è sicuramente più interessante e più libera che la politica russa, dove è tornato de facto il monopartitismo.
Chiudo queste mie poche riflessioni introduttive con un altro racconto personale, questa volta ambientato a Mosca. Manifestazione non autorizzata dell’opposizione per rivendicare l’applicazione dell’articolo 31 della Costituzione russa che dovrebbe tutelare il diritto a riunirsi e manifestare liberamente il proprio pensiero. In piazza Triumphalnaja arriva Lyudmilla Alaxeyeva,dissidente 82 enne (che di lì a poco avrebbe ricevuto il premio Sakharov del parlamento europeo e sarebbe stata arrestata nel corso di un altro presidio vietato). Mi avvicino. Un collega russo mi fa presente che non posso intervistarla senza un apposito tesserino di riconoscimento. Indietreggio. Si avvicina un altro giornalista. Nego a questo punto di essere un collega e mi spaccio per turista italiano. Mi invita allora a spostarmi perché sta per succedere qualcosa. Due uomini sollevano un missile di cartone col quale invitano tutti a lottare per la libertà di espressione. Tempo due sono circondati dalle forze speciali, caricati ed arrestati. Insieme a loro, assisto al fermo di altri ragazzi che semplicemente cantano o esprimono il loro pensiero innalzando cartelli.
Torno in albergo, contento di essere libero. Accendo la tv. Guardo il principale tg, Prviy Canal. Degli arresti non si parla. Della manifestazione non autorizzata e repressa dagli Omon nemmeno. Chi non era fisicamente presente non sa che cosa sia successo. L’opposizione è cancellata. Resa invisibile.
Per questo continuo a sognare che un giorno sventoli, anche solo per breve tempo, qualche bandiera arancione sulla Piazza Rossa.

Marco del Ciello - Silenziose e invisibili badanti, calciatori dagli occhi azzurri e dalla volontà di ferro, ma l'Ucraina indipendente è entrata nei cuori e nelle menti degli Italiani, o almeno di quanti hanno l'intelligenza e la sensibilità di alzare lo sguardo oltre i confini nazionali, con la rivoluzione arancione del 2005. E non a caso Matteo Cazzulani, slavista e presidente dell'associazione Annaviva, fa cominciare il suo racconto proprio da questo evento che nel giro di pochi mesi ha impresso un'accelerazione, senza paragoni nel vasto spazio post sovietico, alla transizione democratica ucraina.
Facciamo quindi subito la conoscenza di Julija Tymošenko, vera protagonista di questo libro e degli ultimi vent'anni di politica del suo paese. L'autore non si preoccupa di nascondere le sue simpatie per colei che definisce «il simbolo dell'Ucraina nel mondo, così come Lady Diana per l'Inghilterra o Evita Perόn per l'Argentina». La democrazia arancione, infatti, è sì un lavoro storico che ricostruisce le vicende dell'Ucraina dalla conquista dell'indipendenza nel 1991 fino alle ultime elezioni presidenziali del 2010, riportando fedelmente gli avvenimenti politici e non mancando di ricordare «come nella politica ucraina non ci sono santi», ma è anche un testo militante che assegna un valore positivo alla democrazia liberale e non teme di schierarsi da un parte ben precisa.
Al di là del pur importante contributo di conoscenza storica che questo libro può portare al lettore italiano, io credo che il suo maggior pregio sia che permette anche ai non specialisti di trarre un bilancio della rivoluzione arancione a cinque anni di distanza. Le rivoluzioni democratiche che hanno colorato il primo decennio del ventunesimo secolo, dalla Serbia (2000) all'Iran (2009), non hanno sempre mantenuto le loro promesse, regalando anche pesanti delusioni a chi era sceso in piazza a rischio della vita. Vediamo, al contrario, che l'Ucraina rappresenta una felice eccezione in un panorama complessivamente non esaltante: «Victor Janukovyč e la banda di oligarchi alle sue spalle» scrive Cazzulani a proposito delle ultime consultazioni «per vincere hanno dovuto prima accettare e poi correre in libere elezioni. […] Saranno anche crollate le “coalizioni democratiche”, ma gli ideali del Majdan sono rimasti, e oramai costituiscono una condicio sine qua non da accettare e osservare se sul Dnepr si vuole governare». Non solo, ma come osserva il giornalista Andrea Riscassi nella prefazione: «[i]n altri luoghi mi sarei ben guardato da raccontare la mia professione. In Ucraina invece non percepisco questo pericolo».
Cazzulani conclude il suo libro d'esordio con una nota agrodolce, ricordando come sul futuro sviluppo democratico dell'Ucraina pesi anche l'atteggiamento dell'Unione Europea, che appare oggi «intollerante, chiusa, sospettosa», ben trincerata dietro il muro di Schengen, riedizione immateriale ma non meno feroce della cortina di ferro che tagliava in due l'Europa durante la Guerra Fredda.

Alberto Fumagalli (intervista) "Con questo libro voglio mettere a disposizione la conoscenza del mondo slavo per i miei connazionali, parlare di un tema sconosciuto". E’ questa l’intenzione di Matteo Cazzulani, 25 anni, giornalista free lance che ha appena pubblicato il libro “La Democrazia Arancione, storia politica dell’Ucraina dall’indipendenza alle elezioni 2010". Suo principale obiettivo è quello di farci avvicinare a Paesi lasciati troppo spesso in disparte, affrontando un tema conosciuto da pochi: "L’Italia ha una miopia culturale verso tutto il mondo ex sovietico (Ucraina, Georgia, Bielorussia, Estonia, Lituania ed Estonia). Questi sono Stati che pacificamente hanno lottato e ottenuto una democrazia. Oggi sono ancora concepiti come succursali della Russia. Ora, invece, sono Stati indipendenti". Matteo ha una grande passione per la storia e le lingue straniere, soprattutto il polacco, il russo e l’ucraino. E’ proprio dell’Ucraina che tratta nel suo libro: "Non ho scritto un racconto diacronico. Sono partito dal 2004, anno della Rivoluzione Arancione. Da lì l’Ucraina si è ribellata al clima di autoritarismo, per cui assomigliava molto alla Bielorussia di Lukashenka. Nel 2004 ha ottenuto la democrazia. Ci sono tre parole chiave: giustizia, democrazia ed Europa, intesa anche come integrazione". Il suo interesse verso questo paese non è solo politico, ma anche culturale e affettivo: "Per me l’Ucraina rappresenta il nuovo paese “esotico”, con una cultura che voglio sempre più approfondire e studiare. Attualmente vivo tra Milano e Cracovia. All’inizio il mio interesse era rivolto alla Polonia, poi ho spostato l’attenzione verso est. E’ stato un procedimento fisiologico. L’Ucraina è il primo paese confinante con l’Unione Europea ed è uno Stato che vuole l’Europa, ma l’Europa gli chiude le porte in faccia". Il raggiungimento della democrazia lo ritiene un passo fondamentale per la crescita del paese, anche se rimane pessimista per quanto riguarda l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea: "La democrazia non è in pericolo. Dopo il 2004 non si torna più indietro. Ora al governo ci sono i filorussi, che prima si opponevano alla democrazia. Per vincere le elezioni però si sono dovuti adattare. D’ora in avanti dovranno essere rispettate delle regole di democrazia, e questo sarà fondamentale per la crescita del paese. Sono però pessimista per quanto riguarda l’ingresso in Europa. Non vedo capi di Stato decisi ad avviare una politica di integrazione con Kiev". Il suo libro è stato ufficialmente presentato il 22 aprile 2010, alle 19, presso il “MI MOTEL”, a Milano: "Un italiano dovrebbe leggerlo per capire se stesso. La loro politica non è molto dissimile dalla nostra, e questo lo racconto più approfonditamente nel libro. Quello ucraino è un popolo che va aiutato da noi. E quando dico “noi” mi riferisco a tutta l’Unione Europea. I giovani ucraini vogliono e chiedono l’integrazione, e lo fanno con la non violenza, pacificamente". Poi ci sarebbe da fare anche un discorso sociologico: "Metà delle numerose badanti in Italia – conclude lo scrittore - sono ucraine. Non sarebbe meglio conoscerli?".