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E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

giovedì 28 gennaio 2010

UCRAINA, LUCENKO SFIDUCIATO. CAMPAGNA TRA TOTOPREMIER E CRISI DI GOVERNO


Tihipko, Bojko o Azarov: ecco chi potrebbe essere il prossimo primo ministro ucraino in caso di vittoria di Janukovych o Tymoshenko alle presidenziali di domenica 7 febbraio. Nel frattempo nella giornata di giovedì 28 gennaio il Ministro degli Interni è stato dimissionato dal voto di sfiducia della Rada che apre l’ennesima crisi politica interna al Parlamento.

Una coalizione formata dai 171 deputati del Partija Rehioniv di Janukovych, dai 27 comunisti, da 11 di Nasha Ukrajina – il partito del presidente uscente Viktor Jushchenko – dai 19 del Blocco Lytvyn e da un dissidente del Blocco Tymoshenko ha votato a favore delle dimissioni di Jurij Lucenko, ministro degli interni in quota BJuT ritenuto responsabile dello scandalo “Ucraina”, poligrafica di stato nella quale sarebbero state stampate schede elettorali inesatte e – stando ad accuse non provate – già falsificate. Contrari alle dimissioni soltanto 18 deputati del Blocco Tymoshenko, 1 di quello di Lytvyn e 8 di Nasha Ukrajina. 140 gli astenuti (118 BJuT, 20 NU e 1 BL).

In ogni caso Lucenko rimane ministro degli interni, poiché saggiamente la premier Tymoshenko poche ore prima lo ha nominato viceministro del dicastero da lui stesso presieduto. Una decisione “per salvaguardare una persona innocente che si limitava a sorvegliare sulle vere falsificazioni del voto da parte del partito di Janukovych, non solo nell’est del Paese” ha dichiarato la Lady di Ferro ucraina, prevedendo l’esito della successiva votazione.

Il dato politico è tuttavia inequivocabile: in Ucraina la maggioranza di governo – composta dal Blocco Tymoshenko, Blocco di Lytvyn e da alcuni deputati di Nasha Ukrajina fedeli agli ideali della rivoluzione arancione [oramai incarnati solo dalla Tymoshenko, n.d.a.] è stata battuta, ed ora a Kyiv si va verso una crisi parlamentare che solo un nuovo presidente potrà risolvere nominando un primo ministro di sua fiducia in grado di traghettare il Paese alle prossime parlamentari.

Così, ulteriore benzina viene gettata sul fuoco di una campagna elettorale già di per sé vivace e profondamente vissuta, a differenza di quella per il primo turno. Paradossalmente però, suscita maggiore interesse il dibattito sul nome del prossimo primo ministro piuttosto che su quello del presidente.

Come già riportato in un articolo precedente, in cambio della dichiarazione di apparentamento la candidata più liberale Julija Tymoshenko ha offerto il posto di primo ministro a Serhij Tihipko, ex Capo della Banca Centrale Ucraina e terzo classificato al primo turno con un 13% dei consensi che consentirebbe alla Lady di Ferro ucraina di rimontare il 10% di svantaggio nei confronti di Viktor Janukovych.

Tihipko ha rifiutato, dichiarando di non voler appoggiare nessuno dei concorrenti rimasti in corsa per la poltrona presidenziale e sostenendo che la sua missione politica ora consiste nel rafforzare il suo partito “Silna Ukrajina” in vista delle prossime elezioni parlamentari e locali.

Tuttavia, in successive dichiarazioni l’ex capo della BNU si è detto “sicuro di essere il prossimo premier”, senza tuttavia voler chiarire i reali motivi di tale sicurezza. Voci si sono subito rincorse su una possibile simile offerta avanzatagli da Janukovych. Altre indiscrezioni invece smentiscono categoricamente l’ipotesi di Tihipko primo ministro, ribadendo la volontà dell’interessato ad ottenere un buon risultato alle parlamentari e a sfidare l’indipendente Leonid Chernovec’ki alle prossime comunali di Kyiv per diventare sindaco della Capitale.

Del resto, persino gli stessi protagonisti del ballottaggio hanno negato l’esistenza di contatti tra Janukovych e Tihipko. Julija Tymosenko si è detta sicura che in caso di vittoria del rivale, premier sarà nominato Jurij Bojko, capo del colosso energetico nazionale Naftohaz dal 2002 al 2005. Il diretto interessato smentisce, e il candidato filorusso nega di avere già deciso la propria squadra di governo da insediare alla Rada una volta diventato presidente.

Tuttavia, nelle ore successive l’ex vicepremier nonché premier ad interim durante la rivoluzione arancione del 2004 Mykola Azarov – appartenente al Partija Rehioniv – ha avanzato la propria candidatura, ritenendo di essere “in grado di diventare il prossimo premier in quanto responsabile dello staff elettorale di Janukovych” per cui ha compiuto “un colossale lavoro”.

Altrettanto prontamente è arrivata la smentita da parte di una fonte dello stato centrale del Partito filorusso, secondo la quale “Azarov rappresenta solo sé stesso ed ha pari possibilità di diventare premier rispetto ad altri importanti membri del partito, ad esempio Rinat Achmetov” – oligarca della regione di Donec’k e primo finanziatore della campagna presidenziale di Janukovych.

Altre indiscrezioni invece evidenzierebbero come in caso di vittoria di Janukovych i ruoli delle persone sopra citate siano già stati stabiliti: Achmetov ministro dei trasporti, Bojko dell’energia, Azarov (forse) vicepremier; primo ministro diventerebbe un altro esponente del clan di Donec’k, Borys Kolesnykov, mentre Serhij L’ovochkin – attuale presidente della BNU nel governo ombra del Partija Rehioniv, ex candidato nel Blocco di Lytvyn ed ex consigliere di Leonid Kuchma – diventerebbe il Capo della Segreteria del Presidente oppure della stessa Banca Nazionale Ucraina.

A prescindere dalle indiscrezioni, l’unico dato certo è che l’attuale composizione della Rada – nella quale la maggioranza di governo (Blocco Tymoshenko, Blocco di Lytvyn e alcuni deputati del partito di Jushchenko Nasha Ukrajina) governa con solo due deputati di vantaggio – permetterà al neoletto presidente di dimissionare l’attuale premier e di nominarne uno di propria fiducia. Si tratterebbe del classico “walzer delle poltrone” a cui Kyiv ultimamente ci ha abituato, e che purtroppo non è estraneo nemmeno alla politica di casa nostra.
Resta solo la speranza che chi deciderà l’assegnazione dei prossimi dicasteri – ovvero il prossimo presidente dell’Ucraina – venga designato con elezioni regolari senza brogli né macchinazioni da parte dell’uno o dell’altro candidato. Solo così l’Ucraina sarà si politicamente ancora instabile, ma nel contempo democraticamente un poco più matura.

Matteo Cazzulani

giovedì 21 gennaio 2010

SECONDO TURNO, ECCO GLI APPARENTAMENTI


Tihipko, Jacenjuk e Lytvyn neutrali. Hrycenko con Janukovyc, Matvijenko con Lady Ju.

Come facilmente prevedibile, le giornate successive al primo turno sono state particolarmente movimentate dal punto di vista politico. Difatti, l'offerta di apparentamento avanzata da Julija Tymoshenko ai cosidetti “candidati democratici” durante la conferenza stampa di mercoledi 20 gennaio 2010 ha ottenuto pronte risposte non solo da parte dei diretti interessati, ma anche di altre forze politiche e personalità escluse dalla corsa alla presidenza.

Il primo a rispondere è stato Serhij Tihipko, terzo classificato con una pesante dote elettorale (13%) che fa gola ad entrambi i contendenti, divisi da un solo 10,1%. Per accaparrarseli, Julija Tymoshenko ha pubblicamente offerto all’ex capo della Banca Nazionale Ucraina il posto di premier in cambio di una dichiarazione di apparentamento che tuttavia non è arrivata.
“De facto da parte di Julija Volodymyrivna (Tymoshenko, n.d.a.) c’è stata tale proposta. Ho detto decisamente che no, non appoggerò subito alcun candidato. E per il momento mantengo tale idea. E così sarà a lungo” ha dichiarato Tihipko in un’intervista a Radio Free Europe. Incalzato dalle domande dell’intervistatore, tuttavia non ha voluto spiegare quale sia stata l’offerta avanzatagli da Janukovyc: “non posso e non voglio dirlo. Se lui (Janukovych) vorrà, lo dirà” ha spiegato.

Anche il secondo destinatario dell’appello per un’unione delle forze democratiche al fine di scongiurare “il ritorno dell’Ucraina filorussa in mano alle oligarchie” ha dichiarato con vena polemica la propria neutralità. Invitato al dibattito serale sul 5 Kanal, Arsenij Jacenjuk – 6,8% dei consensi al primo turno – ha ammesso di essersi già incontrato con Viktor Janukovych, ma di non aver stretto alcun accordo: “principalmente, ho detto a Viktor Fedorovych (Janukovych, n.d.a.) che dal momento in cui sarà capo dello stato, io sarò capo dell’opposizione” ha spiegato in diretta tv.
Sulla Tymoshenko invece si è tolto una manciata di sassolini dalla scarpa: “per quanto riguarda la Tymoshenko, forse lei ancora non ha spiegato il perché mi ha attaccato in campagna elettorale. Dunque, perché ora avanzare proposte a questo pessimo candidato (come mesi fa in una dichiarazione lo staff di Bat’kivshchyna dipinse il leader del Front Zmin in campagna elettorale)?”.

E’ uno Jacenjuk pieno di rancore nei confronti degli ex alleati del campo arancione, a cui addossa la responsabilità di avere permesso la vittoria del leader del Partija Rehioniv: “Già prima delle elezioni ho detto a Viktor Jushchenko e alla Tymoshenko che se non avessero rinunciato alla loro candidatura chi avrebbe vinto sarebbe stato sicuramente Janukovych. E’ un dato di fatto che al secondo turno Jacenjuk avrebbe potuto facilmente batterlo. Ora si è verificata la situazione per cui Tymoshenko e Jushchenko hanno incoronato Janukovych presidente del Paese” ha dichiarato non senza una punta di protagonismo.

Gongola Janukovych: “Vona (“Lei”, scimmiottando il leit motiv elettorale della Lady di Ferro ucraina) ha già perso le elezioni: né Tihipko, né Jacenjuk la sosterranno. Ciò significa che le sue possibilità di vittoria il 7 febbraio sono zero” ha dichiarato il leader del Partija Rehioniv.

Altro candidato eliminato che al secondo turno si manterrà neutrale è Volodymyr Lytvyn. In una dichiarazione esclusiva rilasciata all’autorevole quotidiano Gazeta po ukrajinski, lo speaker della Rada (il parlamento ucraino) ha comunicato l’intenzione di non condurre trattative a causa del ruolo istituzionale da lui ricoperto: “non condurrò trattative perché in quanto capo del Parlamento debbo mantenere equilibrio ed astenermi dal sostenere l’uno o l’altro candidato”.

Teoricamente, il ragionamento di Lytvyn non fa una piega e sarebbe degno di lode se lo stesso speaker non si fosse candidato di persona alla corsa presidenziale, ottenendo poco più del 2%. E, come ricordato dalla stessa Lady Ju nella giornata di giovedì 21 gennaio, se il suo partito – il Blocco di Lytvyn – non fosse nella medesima coalizione di governo con quello della Tymoshenko. Una dichiarazione di apparentamento, o per lo meno l’impegno a sostenere la Lady di Ferro ucraina nel ballottaggio contro il candidato filorusso sarebbe stato da parte sua un gesto di coerenza politica.

Chi ha declinato l’invito dell’attuale premier è Anatolij Hrycenko, speaker del parlamento della Repubblica Autonoma di Crimea che al primo turno ha raccolto circa l’1% dei consensi. “Sono membro del Partija Rehioniv, appoggerò e sosterrò il leader del Partija Rehioniv Viktor Janukovych” ha dichiarato in una nota ufficiale diramata dall’ufficio stampa della Rada della regione.
Oltre a questa dichiarazione di stampo sovietico (a quanto pare ancora vivo attorno a Janukovych), Hrycenko ha argomentato la sua decisione: “lo stesso Viktor Fedorovych è stato primo minostro dell’Ucraina ed autore di un programma attento allo sviluppo socio-economico della Repubblica Autonoma di Crimea fino al 2017. Conosce bene i problemi e le specificità legate allo status della regione”.
Peccato che quel programma prevedesse – e preveda ancora – un’”evoluzione” del Paese in senso fortemente federale, che in una realtà complessa come quella ucraina può facilmente provocarne la disgregazione quando non la seccessione di alcune sue regioni, tra le quali proprio la Crimea, dove – lecito ricordare – dal 1991 Mosca distribuisce alla popolazione propri passaporti per destabilizzare l’area e sottrarla al controllo di Kyiv.

Chi non abbandona il campo degli oppositori al ritorno dell’Ucraina delle oligarchie è Anatolij Matvijenko, leader di Sobor, partito di orientamento repubblicano che al primo turno ha sostenuto la ricandidatura di Viktor Jushchenko, presidente spodestato che il 17 gennaio ha ottenuto meno del 5% dei consensi. “Il partito appoggia al secondo turno quel candidato che in misura maggiore conferma la strada verso lo sviluppo del processo democratico del Paese e che potrà meglio rappresentare l’Ucraina nell’arena internazionale difendendone l’indipendenza e la sovranità” ha riportato una nota ufficiale della segreteria di Sobor.

Matteo Cazzulani

mercoledì 20 gennaio 2010

LA TYMOSHENKO OFFRE A TIHIPKO IL PREMIERATO


Vestito grigio con una vistosa spilla, solita treccia, sguardo determinato ed agguerrito. Come sempre. Lady Ju si presenta nella sala conferenze del Gabinetto del Consiglio dei Ministri per una conferenza stampa che segue di un ora quella tradizionale del presidente Jushchenko a spoglio del primo turno concluso.

Parla a fiume, ed inizia col denunciare le falsificazioni dei voti avvenute nelle regioni orientali del Paese "dove i seggi sono stati controllati solamente da esponenti del Partija Rehioniv". Costoro hanno manipolato il voto non solo disturbando le operazioni ai seggi, ma anche truccando il voto a domicilio ed iscrivendo nelle liste elettorali persone non aventi diritto di voto. Parla espressamente di un ritorno al clima del 2004, quando i filorussi di Janukovych ricorsero a brogli e pressioni di ogni genere per evitare la vittoria dello schieramento arancione, sancita dal voto popolare.

Per questa ragione, sostiene che l'Ucraina non puo tornare all'epoca delle oligarchie mafiose che oggi appoggiano Janukovych. "Faro tutto il possibile affinché l'Ucraina non ritorni indietro" ha dichiarato. Dunque, è bene che tutti gli elettori dei cosidetti "candidati democratici" si uniscano e votino per lei al secondo turno, in programma tra tre settimane. Li cita apertamente: Tihipko, Jacenjuk, Hrycenko, Kostenko. Ma non Jushchenko; oramai sul Walesa ucraino non conta più, probabilmente dopo che la maggioranza degli elettori della Transcarpazia - feudo elettorale del Presidente uscente - ha votato Janukovych, forse su stessa indicazione dello stesso Jushchenko.

La conferenza stampa è anche l'occasione per confermare le voci che da giorni circolano circa l'offerta a Tihipko - terzo classificato con un prezioso 13% dei consensi - del posto di primo ministro in cambio dell'aiuto concreto a vincere la corsa alla presidenza. "Ho proposto a Serhij Tihipko non solo di essere partner di coalizione, ma anche il posto di Primo Ministro, per cui ha una forte ambizione".
Non è una questione di sole poltrone. Al contrario, Julija ivita Tihipko a lavorare per uniformare i programmi elettorali, tra cui non c'è grande differenza. "Ho letto il programma di Tihipko, esso è coincidente col mio al 90%. Possiamo lavorare insieme per un progetto comune".

Incalzata dalle domande dei giornalisti, la Tymoshenko ha dichiarato: "qualora Tihipko non accettera di lavorare con me, allora parlerò direttamente ai suoi elettori affinché non permettano la vittoria di un candidato che non rappresenta un solo punto del loro orientamento politico". Ed ha ragione, poiché il programma del Partija Rehioniv è molto distante dai principi di quello dell'ex Capo della Banca Nazionale Ucraina (peraltro facilmente acquistabile in qualsiasi libreria del centro di Kyiv).

Nel primo pomeriggio, Tihipko ha rilasciato un'intervista in cui dichiara di prendere in considerazione un possibile ingresso nel governo soltanto dopo le elezioni presidenziali e di "volere garanzie precise in merito ad una possibile offerta di premierato (allora non ancora ufficiale)". Lo ha fatto con il solito suo tono vago, legittimo per chi ora è l'ago della bilancia della contesa elettorale.

Poche ore più tardi, Andrij Kozhem'jakin del Blocco Tymoshenko ha rilasciato una dichiarazione alla stampa secondo cui "i colloqui con Tihipko sono iniziati in maniera positiva".

Nelle prossime settimane sicuramente la situazione evolverà. Per ora, resta la determinazione di Julija Tymoshenko nel "continuare una battaglia cominciata già prima del 2004 per un'Ucraina Democratica, giusta ed Europea".

Matteo Cazzulani

UCRAINA: BILANCIO DEFINITIVO DEL PRIMO TURNO

La Commissione Elettorale Centrale ha pubblicato finalmente i dati definitivi del primo turno delle presidenziali. Uniche certezze, l’alta l’affluenza e i soli 10 punti di distacco tra Janukovyč e la Tymošenko, che se la vedranno tra tre settimane al ballottaggio. Molte invece le incognite, legate soprattutto al voto locale e alle scelte di Tihipko e Juščenko.

In una classica gelida giornata ucraina, lo sconfitto presidente Viktor Juščenko – viso tirato e cravatta rossa – chiude ufficialmente il primo turno elettorale con la tradizionale conferenza stampa nella quale da prassi il Presidente commenta i dati ufficiali appena diramati e confermati dalla Commissione Elettorale Centrale. Il tanto atteso 100% delle schede scrutinate è raggiunto, e finalmente si possiedono cifre definitive su cui ragionare.

Come da pronostico al secondo turno accedono il candidato filorusso Viktor Janukovyč – votato dal 35,2% degli aventi diritto (8 662 821 elettori) – e la lady di ferro ucraina Julija Tymošenko, preferita dal 25,05% degli ucraini (6 119 979 in dato assoluto). Come confermato dallo staff elettorale di Bat’kivščyna (il partito della Tymošenko) e da moltissimi esperti dieci punti di distacco sono recuperabili se l’ex principessa arancione – unica erede della rivoluzione pacifica che cinque anni fa portò l’Ucraina alla maturazione democratica – riuscirà a convincere gli elettori degli altri “candidati democratici” a votarla al secondo turno di domenica 7 febbraio.

Con il suo 13,06%, il terzo classificato Sergij Tihipko è nel contempo il primo corteggiato. Turčynov, braccio destro di Julija, gli avrebbe offerto la nomina a premier in cambio della dichiarazione di apparentamento, ma la stessa Tymošenko ha inviato in diretta sul 5 Kanal un altro uomo del suo stato maggiore (Valerij Pysarenko) a buttare acqua sul fuoco sulla questione. Rinat Achmetov, oligarca di Donec’k e sponsor principale del Partija Rehioniv (per la cronaca legato a doppio filo con la Russia di Putin ed implicato in noti giri di corruzione) dichiara che l’ex capo della banca nazionale ucraina sarebbe pronto all’accordo con Janukovyč, di cui già fu il responsabile della campagna elettorale presidenziale di cinque anni fa.
Tihipko gongola, nega categoricamente l’intenzione di stringere apparentamenti e si dichiara pronto a capitalizzare il suo risultato elettorale con la creazione di un proprio partito in grado di correre alle amministrative del 2011 e alle prossime parlamentari. E’ lui il trionfatore del primo turno di queste presidenziali, ago della bilancia in grado di influenzare i futuri equilibri politici: senza dubbio e indipendentemente da chi vincerà, il prossimo presidente avrà con lui un pesante debito politico da onorare.

Tornando ai due principali avversari, su 27 collegi elettorali – corrispondenti alle regioni del Paese – Janukovyč stravince in quelli orientali con picchi del 76% in quello di Donec’k e del 71 in quello di Luhans’k; la Tymošenko è preferita nei 16 centro-occidentali con punte del 53% in Volinia e del 46 nella Vinnyc’ka: la maggior parte, tuttavia meno popolati rispetto a quelli conquistati dall’avversario.

Politicamente significativo è il risultato della seppur scarsamente popolata Transcarpazia, roccaforte di Juščenko all’estremo ovest del Paese dove l’oramai presidente uscente ha sempre trionfato, persino in tornate elettorali per lui disastrose come le parlamentari del 2007. Qui è Janukovyč ad aver vinto, staccando di tre punti Lady Ju (29,65 contro il 26,23%). Tale dato da un lato dimostra come gli ucraini siano profondamente delusi dai cinque anni di presidenza Juščenko, ma dall’altro alimenta il legittimo sospetto che il candidato sulla carta più filoeuropeo sia stato capace ancora una volta di stringere accordi con quello filorusso, facendo confluire su di lui propri voti pur di ostacolare l’ex alleata arancione: la decisione di dimetterla da Premier nel 2005, di costituire nel 2006 il “governo di unità nazionale” con il Partija Rehioniv, ed i continui litigi con Lady Ju dopo il suo ritorno al governo fino alla recente crisi dell’estate 2008 sono del resto precedenti indicativi sulla reale volontà di Juščenko di chiamare alle urne tra tre settimane il 5,45% che lo ha votato per sostenere la Tymošenko; con tutta probabilità, inviterà i suoi elettori a votare “contro tutti”.

Altro dato locale degno di essere analizzato è quello della popolosa capitale. A Kyiv (collegio elettorale autonomo rispetto alla provincia) vince la Tymošenko con il 35,74%, secondo è Tihipko con il 18,95, terzo è Janukovyč con il 15,91, mentre nel circondario è il leader del Partija Rehioniv ad anticipare di una manciata di voti l’ex Capo della Banca Nazionale Ucraina (15,45 contro 15,35%) alle spalle dell’attuale premier (42,29%).

Nella regione di Dnipropetrovsk, dove la Tymošenko è nata ed ha votato, Lady Ju è solo terza con il 14,78% dei consensi dei suoi concittadini, staccata rispettivamente da Janukovyč (41,67%) e da Tihipko (22,48%). In compenso, nella regione di Leopoli – tradizionalmente la più filo occidentale del Paese – è Lady Ju a vincere con il 34,7% davanti a Juščenko (30,76%), sebbene nel centro di L’viv sia stato il presidente uscente ad essere preferito all’attuale premier; solo quarto Janukovyč con il 5,67%, sesto Tihipko con il 4,77%.

Come da tradizione, la Repubblica Autonoma di Crimea – dove ancora vive una minoranza tatara e nella quale Mosca ha distribuito alla popolazione propri passaporti per destabilizzare l’area e sottrarla a Kyiv – ha preferito Janukovyč (primo con il 61,13%) alla Tymošenko (seconda con l’11,96%), e a Tihipko (terzo con il 10,97%). Nella città di Sebastopoli (altra città-collegio elettorale autonomo dalla propria provincia come Kyiv) il candidato filorusso ha il 56,09%, Tihipko il 15,12 mentre la lady di ferro è quarta con il 6,52.

Infine una riflessione sull’affluenza. Il 66,72% degli ucraini si è recato alle urne per scegliere il prossimo presidente: è una cifra molto alta se confrontata con la media dei Paesi dell’Europa Centro-Orientale, soprattutto se si tiene conto del clima di disillusione che regnava sovrano durante la campagna elettorale. Le regioni più “ligie al dovere elettorale” sono state rispettivamente quella di L’viv (73,69%), la Volinia (73,4%), quella di Ternopil’ (72,7%) e quella di Luhans’k (71%); la più bassa partecipazione si è registrata in Transcarpazia, dove comunque ha votato più della metà degli aventi diritto (56,71%).

Nella canonica conferenza stampa del Presidente dopo il primo turno delle ore 13 di mercoledì 20 gennaio 2010, Juščenko de facto si è congedato dal popolo ucraino, appellandosi “affinché la consultazione elettorale sia libera, europea e democratica”. Inoltre, ha invitato ambo i contendenti ancora in gioco a non disperdere “il prezioso patrimonio della rivoluzione arancione” e a continuare durante il loro prossimo mandato nella strada da lui stracciata verso una sempre più stretta integrazione con l’Occidente.

E’ dal dato della frequenza che arriva senza dubbio la notizia migliore: una simile partecipazione al voto dimostra che l’Ucraina è un Paese democratico, nonostante questa democrazia debba compiere ancora molti progressi per liberarsi definitivamente da corruzione e falsificazioni che persistono in certe aree del Paese, soprattutto in quelle orientali filorusse. Il fatto che da cinque anni sulle rive del Dnipro si alternano al potere filorussi e filoeuropei senza più gli spargimenti di sangue e le violenze dell’epoca Kučma significa che la rivoluzione arancione ha vinto. Questo, malgrado la via per l’integrazione euroatlantica di Kyiv sia ora a rischio a causa dei continui tradimenti di Juščenko e da un possibile ritorno alla presidenza del Paese delle oligarchie filorusse, che solo Julija Tymošenko – non immacolata, ma pur sempre l’unica sempre e coerentemente impegnata nella lotta ai clan di cui sopra – può ora evitare.

Matteo Cazzulani

lunedì 18 gennaio 2010

JANUKOVYC E TYMOSHENKO AL BALLOTTAGGIO. IL VERO VINCITORE E TIHIPKO

Continua lo spoglio delle schede elettorali durante il lunedi post elettorale. I dati provenienti dalle regioni occidentali - pro Tymoshenko - sono in ritardo, per questo le prime proiezioni nella notte davano un sorpredente vantaggio a Janukovyc, a dispetto degli exit pool nazionali che indicavano una distanza di soli quattro punti tra i due principali avversari.

Attualmente, con il 72% delle schede scrutinate il candidato filorusso ha il 35, 95% dei consensi, Lady Ju il 24,6%, Tihipko il 13,6, Jacenjuk il 6,96, Jushchenko il 5,2%. Affluenza al 46,8%.

Interessante anche il dato locale: come prevedibile Janukovyc trionfa all'est (70% nella regione di Luhansk), mentre Julija raccoglie il consenso della stragrande maggioranza dell'ovest e delle città, in primis Kyiv e L'viv; Tihipko è secondo nella capitale (dove Janukovyc è terzo) e vince a Dnipropetrovsk, la città di Julija, dove la lady di ferro ucraina è nata ed è tornata ieri a votare.

Senza dubbio il vincitore certo di queste elezioni è proprio Tihipko, ex presidente della Banca Centrale Ucraina nonche in passato gia capo della campagna elettorale di Janukovyc fino al 2004. Il suo gruzzolo di consensi e considerevole e vale oro per ambo i candidati: chi se li accaparrerà quasi certamente sarà il prossimo presidente.

La Tymoshenko "per il bene di un'Ucraina finalmente democratica, giusta ed europea" ha invitato gli elettori del terzocandidato al voto utile alla sua persona per scongiurare uno Stato in balia delle oligarchie e della corruzione. Rinat Achmetov, che di quelle oligarchie corrotte dell' est del Paese è il massimo esponente, sostiene con certezza che Tihipko stringerà un patto con Janukovyc.

L'interessato dapprima dichiara neutralità, poi, sempre nella notte, alla tv filorussa Interkanal conferma di avvere un appuntamento per l'ora di pranzo del giorno successivo con Tymoshenko e Turcynov.

Come contropartita si parla di un incarico di prestigio: la poltrona di premier o di capo del parlamento; la rimanente, assieme alla carica di ministro dell'economia - l'unica che il presidente ucraino puo nominare direttamente - potrebbe essere offerta in cambio dell'apparentamento a Jacenjuk e a Jushchenko, vero sconfitto del primo turno in quanto presidente uscente.

Amaro lo sfogo di Volodymyr Lytvyn - 2,33%, l'attuale speaker del parlamento che in campagna elettorale ha attaccato tutti, persino i suoi alleati di governo del Blocco Tymoshenko e di parte di Nasha Ukrajina, il partito del presidente: deluso, chiedera nei prossimi giorni il riconteggio dei voti.

In sostanza, sul Dnipro è ancora sfida aperta, e nelle prossime tre settimane lo scenario politico del Paese sarà nuovamente infuocato.
Sempre se la Commissione Elettorale Centrale rispetterà i tempi della trascrizione dei dati sul Parlaments'kyj Bjuletyn (la Gazzetta Ufficiale Ucraina) vincolante per poter iniziare la campagna elettorale: come sottolineato dallo staff della Tymoshenko "8 dei 14 membri della commissione sono legati al Partija Rehioniv", che ha tutto l'interesse a ritardare il dibattito elettorale per evitare uno scontro diretto tra i candidati, cosi come fatto del resto dallo stesso Janukovyc nell'ultima settimana, assente ingiustificato a tutti i dibattiti televisivi per paura del confronto con Lady Ju.

Un'altro dato è certo: cinque anni dopo l'onda arancione sul Majdan l'Ucraina di nuovo è chiamata a scegliere tra democrazia e integrazione con l'occidente ed un ritorno al passato fatto di violenze, macchinazioni e dipendenza politico-culturale a Mosca. per questa ragione, malgrado il vecchio continente non se ne sia ancora reso conto, il 7 febbraio sarà una data cruciale non solo per la vivace Kyiv, ma anche per la distratta Bruxelles.

Matteo Cazzulani

domenica 17 gennaio 2010

TYMOSHENKO: L'UCRAINA, DEMOCRATICA, GIUSTA ED EUROPEA VOTI PER ME

Non e vero che il filorusso sta vincendo. Sono usciti gli exit poll nazionali: Janukovyc, candidato filorusso, e in testa solo di quattro lunghezze percentuali, malgrado le falsificazioni che in molti, moltissimi gli attribuiscono.

Il leader del Partija Rehioniv avrebbe il 31,5%, e se la vedra tra tre settimane al ballottaggio con una Tymoshenko decisa e determinata, forte del suo 27,2%. Ma non solo. C e anche la percentuale di coloro che hanno votato per Tihipko - 13,5 - Jacenjuk - 7,8 - Lytvyn - 2,4%, a cui La Lady di ferro ucraina si appella "per costruire finalmente un Uncraina democratica, europea e giusta". E si appella anche a chi ha votato Jushchenko - il 6%, l ex alleato della rivoluzione arancione di cinque anni fa che ha trascorso l intero mandato presidenziale tra litigi, attacchi alla stessa Tymoshenko e accordi con Janukovyc, tradendo le aspettative che quella rivoluzione portava con se.

Julija e entrata in una sala gremita, ed ha ringraziato tutti gli elettori di qualsiasi orientamento: "hanno dimostrato la maturita politica del popolo ucraino" ha esordito. Malgrado lo staff del Partija Rehioniv di Janukovyc abbia in tutti i modi cercato di falsificare la consultazione.
Julija ha superato anche il fango che le e stato gettato addosso in questa campagna tesa che non e ancora finita.

Se questi sono i risultati che saranno confermati, allora Julija potra vincere. Ovviamente, solo se tutti gli elettori democratici svolgeranno il proprio compito morale e voteranno per lei tra tre settimane. "Non sono stolti coloro che votano Tihipko e Jacenjuk. Anche loro vogliono la stessa mia Ucraina. Superiamo le divisioni e corriamo nella stessa squadra ber il bene del Paese, della nostra Patria" si e appellata. "E ora di chiudere con l'Ucraina delle oligarchie e della corruzione e di aprire una nuova Ucraina Europea, democratica e giusta". sono queste tre parole il leit motiv del discorso di Julija. Che e convinta di farcela. E lo dice. A ragione, ce l'ha con Janukovic - che nella sua conferenza stampa dal vicino hotel intercontinental la insulta vergognosamente - che come cinque anni fa ci ha riprovato con i brogli. E ce l'ha anche con la Commissione Elettorale Centrale, "in mano ad una maggioranza di filorussi con trascorsi nel Partija Rehioniv" ha spiegato.

Forse il sogno ucraino e tramontato dopo la rivoluzione arancione. Forse, Julija riuscira nel miracolo di ravvivarlo e nel dare finalmente attauzione alle speranze di modernizzazione di un popolo a cui l Europa ha vergognosamente chiuso la porta in faccia, abbandonandolo al controllo del Cremlino. E la via per un'Ucraina in Europa avra l'immagine non piu di un ferro di cavallo grigio e di un punto esclamativo arancione, ma di un cuore rosso su sfondo bianco.
Forza Ucraina, l'occidente ha bisogno di te.

Matteo Cazzulani

UCRAINA ORE 18:30. AFFLUENZA E PRIME PREVISIONI

Secondo quanto affermato dall emittente televisiva 5 Kanal e ribatutto dall agenzia di stampa Unian, alle ore 18 sarebbero accorsi alle urne meno della meta degli ucraini aventi diritto di voto: nello specifico, il 46,81%.

La geografia dell affluenza appare abbastanza variegata. Nella regione orientale di Luhansk ha votato il 52%, nell oblast' Zaporis'ka e nel comprensorio di Odessa il 51%, in Volinia il 50%. Nella regione della capitale Kyiv ha svolto il proprio dovere il 47%, in quella di L'viv il 45% e a Donec'k il 49%.

Stando alle prime voci, ovviamente non confermate, Janukovyc sarebbe avanti con il 26% dei consensi. Lady Ju seguirebbe con il 16, al terrzo posto Tihipko con un sorprendente 11%. Jushchenko dato invece sotto il 5%.

Dati piu certi nelle prossime ore. Le prime proiezioni gia dopo le 20 (le 19 in Italia), quando i seggi chiuderanno.

Matteo Cazzulani

TURCYNOV: FALSIFICAZIONI IN TUTTA L UCRAINA


Si e da poco conclusa la conferenza stampa di Turcynov, braccio destro di Lady Ju e coordinatore della sua campagna elettorale.

Il suo intervento e stato interamente incentrato sull accusa di brogli e falsificazioni del voto avvenute non solo nell est del paese, come prevedibile del resto, ma anche in altre regioni del paese. Ad esempio, un fax pervenuto al quartier generale del Blocco riporta come rappresentanti di lista del partito di Janukovyc si siano recati ai seggi privi di accredito; invitati a piu riprese ad abbandonare i locali, hanno indugiato nel disturbare le operazioni di voto. Nella provincia di Kyiv poi rappresentanti del Partija Rehioniv avrebbero addirittura aggredito la polizia.

Triste la situazione nell est del paese e in Crimea, le regioni piu orientate al voto filorusso, dove Turcynov ha denunciato esserci un totale mancato controllo dei seggi da parte delle autorita competenti.

Un ulteriore attacco e stato lanciato contro la Commissione Elettorale Centrale, controllata da esponenti del partito delle regioni. E li che si prendono tutte le decisioni: Janukovyc e stato abile a porre i suoi uomini anche nel luogo chiave per manipolare l esito del voto.

Simili denuncie sono pervenute anche da parte di Serhij Tihipko, il terzo candidato secondo gli ultimi sondaggi. Tale fatto dimostra che la condotta dei membri del Partija Rehioniv e senza dubbio per lo meno discutibile.

Turcynov ha infine dichiarato che il popolo ucraino si dovra mobilitare contro queste falsificazioni in occasione di un secondo turno che appare come probabile e che, stando ai fatti sopra raccontati, si preannuncia politicamente rovente.

Bassa, molto, l affluenza: il 44,5%. In alcune regioni addirittura sotto il 10%.


Matteo Cazzulani

DOMENICA DI VOTO A KYIV. AFFLUENZA IN AUMENTO NEL CENTRO CITTA



Nella domenica elettorale di Kyiv, la capitale ucraina risponde secondo le attese alla chiamata alle urne per scegliere il nuovo presidente.

L'affluenza, inizialmente bassa, è in lieve crescita. Per le strade tuttavia non si respira ne aria carica di tensione ne voci di brogli. La stessa Commissione Elettorale Centrale ha dichiarato con un comunicato intorno all'ora di pranzo che le operazioni di voto si svolgeranno regolarmente fino alla fine della giornata, smentendo la voce secondo cui in caso di disordini le operazioni di voto avrebbero potuto essere sospese e rinviate.

Per quanto riguarda la notte elettorale, Janukovyc riunirà i suoi fedeli in Piazza Santa Sofia, mentre la Tymoshenko - che ha votato a Dnipropetrovsk, sua città natale - ha organizzato una conferenza stampa con annessa attesa dei risultati alla chiusura dei seggi alle ore 20 presso il vicino hotel Chajat.

AnnaViva continuera a seguire le vicende elettorali in questa lungua innevata domenica presidenziale.

Matteo Cazzulani

giovedì 14 gennaio 2010

JANUKOVIČ SICURO DELLA VITTORIA AL PRIMO TURNO. LA TYMOŠENKO PREPARA LA RIMONTA

Mentre il candidato filorusso dichiara che da lunedì 18 gennaio sarà lui il nuovo presidente dell’Ucraina, Lady Ju lancia la proposta di apparentamento ai tre candidati liberali sfavoriti.

E’ accaduto tutto nella giornata di giovedì 14 gennaio 2010, a tre giorni dal primo turno delle presidenziali. In un incontro elettorale nella regione di Char’kiv (est del Paese) Viktor Janukovyč si è detto sicuro che in caso di alta affluenza alle urne nelle regioni orientali potrà vincere con tutta certezza già al primo turno ed evitare il ballottaggio. “Chiedo agli abitanti della regione di Char’kiv di rendermi possibile la vittoria già al primo turno” ha dichiarato il leader del Partija Rehioniv. “Per noi è molto importante che la frequenza alle urne sia il più alto possibile, così da avere la possibilità di vincere al primo turno” ha continuato, affermando infine che “il potere si può ottenere solo grazie alla volontà del popolo ucraino”.
Non male come progresso per chi cinque anni or sono alle scorse presidenziali è ricorso a sistematiche macchinazioni e brogli per camuffare l’esito della consultazione elettorale favorevole alla coalizione arancione del tandem Juščenko-Tymošenko.
Proprio la Tymošenko è oggi l’unica speranza e garanzia per chi si oppone al rappresentante degli interessi degli oligarchi dell’est del paese. E a tale pro non ha perso tempo (come finora sempre dimostrato nel suo infaticabile lavoro del resto) iniziando a preparare la rimonta: in una conferenza stampa ha proposto pubblicamente l’apparentamento a Tihipko, Jacenjuk e Hrycenko, i tre candidati liberali dati rispettivamente dalle ultime rilevazioni al 9, 6 e 0,8%. “Dopo il primo turno guarderò a quei candidati alla presidenza che sono pronti di propria spontanea volontà ad accettare la strategia che propongo per il Paese, e qualora condivideranno la stessa concezione strategica, sarò felice di vederli al mio fianco” ha dichiarato. “Alcuni candidati saranno fondamentali, tra essi sia Serhij Tihipko, sia Anatolij Hrycenko, sia Arsenij Jacenjuk, sia altri” ha sottolineato l’attuale premier. “E qualora essi condividessero la stessa visione di sviluppo dello Stato e avessero per questo scopo volontà ed intenzione, io sarei pronta a vederli nella mia squadra impegnata nel rafforzamento, nella ricostruzione e nella rinascita del nostro Paese”.
Lecito ricordare che secondo molti analisti e politologi Tihipko sarebbe un “candidato tecnico” presentato dalla stessa Tymošenko per sottrarre consensi a Janukovyč pescando in un elettorato disilluso dalle aspettative della rivoluzione arancione e deluso dai continui litigi interni al campo liberale. E forse non a caso proprio nella giornata di mercoledì 13 gennaio i tre “candidati minori” a cui la Tymošenko ha chiesto aiuto per il bene dell’Ucraina hanno dichiarato che uniranno le proprie risorse umane (si legga rappresentanti di lista) per controllare comunemente il conteggio dei voti durante lo spoglio del primo turno.
Purtroppo, Jacenjuk ha già comunicato il suo rifiuto alla proposta.

Matteo Cazzulani

martedì 12 gennaio 2010

UCRAINA: VIVACE L’ULTIMA SETTIMANA DI CAMPAGNA ELETTORALE

L’assenza del leader filorusso ad un dibattito televisivo, il gas russo e una campagna antisemita contro il più giovane dei candidati hanno ravvivato la contesa politica che vedrà Domenica 17 gennaio il suo primo atto.

Come previsto, la campagna elettorale ucraina è uscita dal torpore nella quale finora è rimasta ed ha regalato gli ultimi clamori prima delle votazioni di Domenica.

Innanzitutto, ad alzare il livello dello scontro è stato il candidato filorusso Janukovyč il quale, dato per favorito da tutti i sondaggi, non si è presentato ad un dibattito televisivo a cui era invitata anche la principale rivale ed attuale premier Julia Tymošenko.
Lo sgarbo non è piaciuto a Lady Ju, che in una lettera aperta ha accusato lo sfidante di “non essere pronto a discutere né a rispondere a nessuna domanda” circa la cattiva gestione delle finanze del Paese durante il suo doppio premierato [dal 21 novembre 2002 al 5 gennaio 2005 e dal 4 agosto 2006 al 18 dicembre 2007, n.d.a.] ed altre questioni particolarmente spinose. “Viktor Fedorovyč teme a tal punto il dibattito con me che la sua rinuncia alla partecipazione è stata data da una terza persona” continua testualmente la Tymošenko, “a tutti è chiaro che Viktor Janukovyč teme di parlare del suo passato e non sa cosa dire riguardo al futuro. Viktor Janukovyč non ha né un programma, né un piano per lo sviluppo del Paese. In poche parole, è un re completamente nudo”. La leader del partito Bat’kivščyna (Patria) di orientamento liberal-patriottico ha sottolineato anche che “la partecipazione ai dibattiti televisivi di un politico candidato alla presidenza è una norma in tutti i paesi civili e democratici” nonché un obbligo morale, seppur non sancito ex lege. Alla luce di tutto ciò, la Tymošenko trae le dovute conclusioni: “qualora Lei [Janukovyč, n.d.a.] ritenesse che il suo intelletto e la sua capacità politica non le permettono di prendere parte ai dibattiti televisivi, allora dovrebbe ammettere di non essere nemmeno in grado di capeggiare un Paese, amministrarlo e rappresentarlo degnamente nel mondo”.

Roba forte insomma, che alza i toni dello scontro. Ma ad aumentare la temperatura della campagna elettorale – e delle case degli ucraini – è stato anche l’ennesimo capitolo sulla questione del gas, vera e propria arma politica con cui Mosca negli ultimi anni ha cercato di influenzare le questioni interne ucraine.
In gravissima crisi finanziaria, il monopolista ucraino Naftohaz entro il 7 gennaio 2010 doveva versare al colosso russo Gazprom 892 milioni di dollari per le forniture del mese di dicembre 2009; ottenuto uno slittamento di quattro giorni, Kyiv è riuscita a recuperare il danaro necessario e lo scorso 6 gennaio ha estinto il debito mensile. A risolvere la situazione, l’attuale presidente Viktor Juščenko, il quale ha fatto pressione sulla Banca Centrale Ucraina affinché anticipasse il danaro necessario al pagamento della rata, dopo che la precedente per il mese di novembre era stata onorata grazie all’intervento del Fondo Monetario Internazionale.
Oltre a Juščenko, merito per la risoluzione del problema va dato anche a Julia Tymošenko, che lo scorso novembre ha rinnovato il contratto con Gazprom, riuscendo ad ottenere l’eliminazione dell’onerosa clausola “prendi o paga” in virtù della quale Kyiv era costretta ad importare – e pagare – una quantità di “oro blu” superiore al suo reale fabbisogno; inoltre, Mosca ha ritirato presso la Corte di Arbitrato di Stoccolma l’accusa all’Ucraina di aver provocato la crisi del gas del gennaio 2009.
Kyiv continuerà comunque a pagare un prezzo molto salato per il gas russo, ma Lady Ju dopo anni è riuscita a garantire agli ucraini un mese di gennaio al caldo. Per giunta in pieno periodo elettorale.

Purtroppo, duole chiudere con un fatto increscioso che testimonia come l’antisemitismo sia ancora una piaga diffusa ovunque nel mondo. Voci sulle origini ebraiche di Arsenij Jacenjuk, il più giovane tra i candidati, si sono fatte sempre più insistenti: dalla fine di ottobre su internet è comparso un elenco non ufficiale dei 50 ebrei ucraini più influenti nel quale figurava proprio il suo nome; lo scorso novembre un certo Jurij Dubinski – presentatosi come leader della minoranza ebraica di Char’kiv (città dell’Ucraina orientale) – ha incoronato pubblicamente l’ex speaker del Parlamento “candidato di tutti gli ebrei”.
Nulla di male si direbbe. Peccato che dai giorni successivi il leader del Fronte del Cambiamento (così si chiama la sua forza politica) abbia subito un crollo vertiginoso nei sondaggi, passando dall’iniziale 19 all’attuale 6% dei consensi. E peccato che lo stesso Jacenjuk già in passato si sia sentito in dovere di negare in pubblico la propria provenienza ebraica, come quando al momento della nomina a speaker del Parlamento mostrò i documenti di nascita propri e dei suoi genitori. Oppure come quando nel novembre scorso dimostrò forte imbarazzo dinnanzi ad una lettera di dubbia autenticità furbescamente mostrata in televisione dall’esponente del Partito filorusso di Janukovyč Nestor Šufrič con cui la comunità ebraica del Paese si sarebbe ritenuta offesa dai tentativi del giovane Arsenij di nascondere le proprie origini.

La vergognosa questione Jacenjuk dimostra come la politica ucraina per certi versi debba percorrere ancora molta strada per definirsi pienamente matura e democratica. Malgrado dopo la rivoluzione arancione oggi a Kyiv si possa esprimere sostegno per l’uno o l’altro candidato ad una contesa elettorale, iscriversi ai partiti, fondare associazioni ed organizzare manifestazioni senza il timore di essere censurati o bloccati da un regime.

Matteo Cazzulani

venerdì 8 gennaio 2010

ANNAVIVA INVITA BERLUSCONI ALLA COERENZA: ORA GIUBBOTTI CINESI, GIACCHETTE VENEZUELANE E FOULARD LIBICI

E’ accaduto ancora. Come testimoniato dalle fotografie pubblicate il 7 gennaio 2010 dal Corriere della Sera, il nostro premier, alla sua prima uscita pubblica senza cerotti, nella pur tiepida Provenza ancora una volta non ha lesinato la bella mostra di quel cappotto regalatogli dall’amico Vladimir Putin recante sul petto l’aquila bicipite, simbolo dell’autocrazia del Cremlino.

Come già riportato in un precedente articolo, nonché da un comunicato ufficiale dell’Associazione AnnaViva (disponibile alla pagina http://www.annaviva.com/content/berlusconi-sia-coerente-dopo-quello-russo-giubbotti-cinesi-giacchette-venezuelane-e-foulard), tali gesti da un autocrate sono considerati come chiaro messaggio di aperto sostegno e di legittimazione del proprio operato.

Con un ennesimo comunicato diramato il giorno 8 gennaio, AnnaViva – e l’autore di questo articolo con lei – prende atto dell’orientamento del nostro Paese in campo internazionale, improntato sulla stretta amicizia con i vari autocrati del mondo piuttosto che alla difesa dei diritti umani e della democrazia, nonché, più nello specifico, di quei giornalisti liberi ed indipendenti che ancora oggi perdono la vita nella Russia di Putin, rei solamente di raccontare la verità laddove non è consentito.

Dunque, non ci resta che salvare ameno la faccia. Per questo l’associazione AnnaViva invita il premier ad essere coerente ed ad inviare un simile segnale di aperto sostegno anche agli altri autocrati del pianeta, indossando “durante questo freddo inverno anche giubbotti con la bandiera della Cina comunista, la prossima primavera giacchette venezuelane e l’estate ventura foulard libici (magari al posto della tradizionale bandana)”. Una maniera per gratificare e dare legittimo riconoscimento anche alle autorità di Pechino, al dittatore Chavez e l’alleato di ferro Gheddafi , purtroppo osannati spesso anche da influenti membri dell’opposizione.

Sempre come sostiene il comunicato di AnnaViva, di questo passo il nostro Paese “diventerà sempre meno impegnato nella difesa della democrazia e del rispetto dei diritti della persona nel mondo, valori che in un passato ormai troppo lontano hanno reso grande il nostro Paese”.

Matteo Cazzulani

domenica 3 gennaio 2010

PRESIDENZIALI UCRAINE: JANUKOVYČ ANCORA FAVORITO

Gli ultimi sondaggi – da oggi ex lege non più pubblicabili – confermano il trend registrato negli ultimi mesi circa l’esito della competizione elettorale che il prossimo 17 gennaio chiamerà gli ucraini alle urne per scegliere il nuovo presidente: il candidato del Partito delle Regioni Viktor Janukovyč sarebbe in vantaggio di circa 10 punti percentuali sull’attuale premier Julia Tymošenko, con la quale la partita sarebbe tuttavia aperta al secondo turno.

Si tratta di una campagna elettorale ancora abbastanza sottotono, destinata tuttavia a riaccendersi a ridosso del primo turno e del ballottaggio, fissati rispettivamente per il 17 gennaio e per il 7 febbraio.

Negli ultimi tempi la distanza tra i candidati è variata lievemente. Secondo l’ultima rilevazione, nel primo turno Janukovyč otterrebbe il 33,6%, seguito dalla Tymošenko con il 19,2. Ad animare la competizione, le continue voci di un patto tra la Tymošenko ed Arsenij Jacenjuk l’ex speaker del parlamento fuoriuscito dalla maggioranza di governo che, in vertiginoso calo di consensi, mediterebbe l’apparentamento con l’attuale premier. Voci smentite a più riprese.
Resta il fatto che il giovane Arsenij ora è dato al 6%, sorpassato al terzo posto con il 9,23% da Serhij Tihipko, ex capo della Banca Nazionale Ucraina nonché ex ministro dell’economia ai tempi del premierato di Viktor Juščenko, l’attuale presidente uscente, che dopo la storica vittoria “arancione” del 2004 oggi è dato al 3,7% .Tra gli outsider seguirebbero il candidato comunista Petro Symonenko col 3,4%; e ’attuale speaker del Parlamento, il centrista Volodymyr Lytvyn col 2,6.

Dunque, il secondo turno tra Janukovyč e la Tymošenko sembra rivelarsi necessario. E il duello tra i due candidati si preannuncia interessante e cruciale per il futuro prossimo dell’Ucraina.

Il candidato del Partito delle Regioni rappresenta gli interessi dei clan di oligarchi dell’est del Paese, che a causa delle violente politiche anti-ucraine dell’epoca zarista e comunista ancora oggi parla russo ed è caratterizzato da un’economia dominata dall’industria pesante. Sconfitto nella precedente tornata elettorale del 2004 dalla rivoluzione arancione – con la quale l’Ucraina in maniera pacifica e nonviolenta ha scelto la sua legittima strada verso la democrazia, l’occidente e lo smarcamento dall’influenza di Mosca – dopo cinque anni ci riprova, sempre con la benedizione del Cremlino. Tuttavia, stando al parere di diversi esperti di politica ucraina, in caso di vittoria Janukovyč non riporterebbe Kyiv tra le braccia di Mosca, ma le legittime ambizioni di integrazione nella NATO e nell’UE del popolo ucraino subirebbero certamente una brusca frenata.

Per quanto riguarda la Tymošenko, la corsa per la presidenza rappresenta una novità: cinque anni fa fece un passo indietro e per il bene del Paese sostenne la candidatura di Viktor Juščenko. Oggi però questa circostanza non si è ripetuta, e i due maggiori leader della rivoluzione arancione correranno separati, in contrasto tra loro. La Lady di ferro ucraina si presenta come garante degli interessi di tutti gli ucraini, contro ogni tentativo di parcellizzazione geografica del Paese o di secessione regionale (come invece richiesto da buona parte dei sostenitori di Janukovyč), in favore di politiche sociali che coniugano aiuti ai più disagiati a provvedimenti decisamente liberali, che consentano di “creare l’Europa in Ucraina, affinché l’Ucraina entri in Europa”. Per questa ragione, la Tymošenko ottiene ampio consenso nei maggiori centri urbani e nelle regioni centro-occidentali del Paese, dove folta è la presenza delle élite culturali ucrainofone con una maggiore consapevolezza nazionale e di un economia basata (oltre che sull’agricoltura) sui trasporti e sugli scambi commerciali con le vicine Slovacchia, Romania e Polonia, membri UE.

Piu volte “Lady Ju” – come è definita in ucraina – ha invitato l’attuale presidente ad appoggiarla per non disperdere il voto liberale, democratico e filoeuropeo che caratterizza sia Bat’kivščyna (“Patria”, il partito della Tymošenko) che Naša Ukrajina (“Nostra Ucraina”, il partito di Juščenko) senza tuttavia ottenere risposta positiva. Già dal 2005, Julia Tymošenko è riuscita a catalizzare la maggior parte dei consensi degli arancioni, ottenendo il secondo posto con il 30% alle elezioni parlamentari del 2007, risultato grazie al quale è diventata primo ministro, con l’appoggio traballante dei liberali di Naša Ukrajina – il partito di Juščenko, con cui si riappacificò – e del centrista Blocco di Lytvyn. Dal canto suo, Juščenko non sembra intenzionato ad alcuna convergenza con l’ex alleata, e stando alle ultimissime indiscrezioni sarebbe orientato ad invitare il suo elettorato ad esprimere il “voto contro tutti” (possibilità prevista nel sistema elettorale ucraino) in caso di ballottaggio tra Tymošenko e Janukovyč.

Cruciale per l’esito finale della competizione elettorale saranno due fattori. In primis, l’affluenza: se Julia Tymošenko al secondo turno porterà alle urne un alto numero di elettori motivati dinnanzi alla possibilità di una vittoria dei filorussi di Janukovyč – viceversa compatti nel sostenere il leader del Partito delle Regioni – probabilmente supererà la frammentazione interna e compatterà l’elettorato liberale attorno ad un voto utile.
In secondo luogo, importantissimo sarà il risultato del primo turno: qualora il gap tra i due contendenti superasse il 10%, per l’attuale premier la mobilitazione dell’intero elettorato liberale risulterebbe davvero impresa ardua, e la partita, purtroppo, quasi compromessa.

In ogni caso, negli ultimi anni il popolo ucraino ci ha abituato a colpi di scena e a prese di posizione spesso mature e coraggiose.
A tale pro, l’associazione AnnaViva – impegnata in Italia nello sviluppo della democrazia e nel rispetto dei diritti umani nel mondo ex-sovietico – ha organizzato un “turismo responsabile” per seguire in loco il primo turno di queste presidenziali e per relazionare l’opinione pubblica del Belpaese direttamente da Kyiv – e non da Mosca – sugli ultimi sviluppi ed aggiornamenti di questo affascinante capitolo della storia politica dell’Europa Centro-Orientale. Auspicando che ancora una volta l’Ucraina confermi la sua vocazione occidentale verso una sempre maggiore integrazione con l’Europa, a cui culturalmente e storicamente appartiene, con buona pace dei tanti, troppi “benpensanti” filorussi della “Vecchia” parte del nostro continente.

Matteo Cazzulani

sabato 2 gennaio 2010

DOPO L’ENNESIMO ARRESTO, IL GIACCONE RUSSO. L’ITALIA DICA NO ALLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI DEL CITTADINO IN RUSSIA

E di ieri la notizia dell’avvenuto arresto di Ludmila Alekseeva, 82enne storica attivista dei diritti umani in Russia. La milicja l’ha prelevata a forza mentre partecipava alla manifestazione nonviolenta delle opposizioni per la libertà di associazione in Russia, e non l’ha ancora rilasciata.
Ciononostante, come riportato dal Corriere della Sera di sabato 2 gennaio 2010, il primo ministro del nostro Paese nella giornata di Capodanno è ritornato sulla scena pubblica, indossando un giubbotto recante le effigi della marina militare russa.

Pur riconoscendo assoluta libertà in tutti i campi della vita quotidiana, anche e soprattutto sull’abbigliamento, la scelta del suddetto giaccone da parte di Silvio Berlusconi pare proprio inopportuna. Inopportuna a causa di quanto successo poche ore prima alla Alekseeva e ad altri dieci oppositori, arrestati perché colpevoli di esprimere il proprio parere. Inopportuna perché ancora oggi nelle carceri russe sono reclusi dissidenti democratici, colpevoli di opporsi al regime del duo Putin-Medvedev. Inopportuna perché sotto la stessa bandiera della Marina militare Russa il 12 agosto di dieci anni fa avvenne la strage del sottomarino nucleare Kursk K-141 Piotr Velikij su cui ancora non si è fatta (o voluta fare) chiarezza, forse per le implicazioni del regime nella morte del giovane equipaggio, colpevole di prestare servizio su un “gioiello” dell’esercito russo che, in avaria (forse a causa di un siluro difettoso), si è preferito non salvare per evitare l’aiuto statunitense, sacrificando così l’intero equipaggio.

In virtu di tutto ciò, l’Associazione AnnaViva è intervenuta con un comunicato, ritienendo che un capo di governo di una democrazia occidentale non possa permettersi tali distrazioni, che dalle élite politiche quei paesi ancora non democratici – come la Russia appunto – sono letti come una legittimazione del proprio operato, ricordando inoltre che l’Italia, in quanto democrazia europea, dovrebbe chiaramente fare della tutela dei diritti umani nel mondo la ragione primaria della propria politica estera.

Matteo Cazzulani

venerdì 1 gennaio 2010

CAPODANNO MESTO PER I DIRITTI UMANI IN RUSSIA. ARRESTATA LIUDMILA ALEKSEEVA

Coraggiosa attivista per i diritti umani in Russia, nonché tenace veterana del movimento di opposizione al regime sovietico accanto a figure come Sergej Kovaliov ed Elena Bonner, Liudmila Alekseeva è stata arrestata dalla milicja del regime russo lo scorso 31 dicembre 2009.

Difatti, come ogni giorno 31 dell’anno, a Mosca ed in altre città della Russia di Putin ha luogo il rally delle opposizioni per protestare contro il mancato rispetto del diritto alla libera associazione – che dovrebbe essere garantito dall’articolo 31 della Costituzione della Federazione – da parte del Cremlino. Una manifestazione silenziosa, nonviolenta, per chiedere semplicemente il diritto ad esprimere le proprie opinioni senza rischiare la chiusura della propria attività, l’arresto o guai ancora più seri. Persino la morte.

Anche ieri dunque le opposizioni di ogni colore ed orientamento si sono radunate pacificamente. E anche l’82enne attivista dei diritti umani si è presentata. Come sempre. Per poco però: gli uomini della milicja – per lo più giovani come la maggior parte dei manifestanti – la hanno afferrata per le gambe e trascinata su una camionetta diretta al commissariato. Secondo diversi portali internet russi assieme ad altri 10 attivisti, colpevoli di avere seguito la Alekseeva nel coro “Anno Nuovo senza Putin”.

Senza dubbio, come oramai da prassi in Russia, la Alekseeva sarà interrogata e subito rilasciata. Ma il trattamento riservato alla signora 82 ha suscitato ampio scandalo.

In Italia, l’Associazione AnnaViva non rimane silente, ed esprime la propria SOLIDARIETA E VICINANZA A LIUDMILA ALEKSEEVNA E A TUTTI GLI OPPOSITORI DI OGNI ORIENTAMENTO POLITICO CHE CONTINUANO NELLA LORO BATTAGLIA NONVIOLENTA PER IL RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO DI ASSOCIAZIONE NELLA RUSSIA DI PUTIN. Del resto, lo scorso mese di agosto una delegazione dell’associazione partecipò proprio al rally del 31 del mese, certificando la natura pacifica dell’azione politica.


Per questa ragione, AnnaViva intende unirsi virtualmente al coro di protesta, augurando a tutti un Felice “Anno Nuovo senza Putin”.

Matteo Cazzulani