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E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

lunedì 28 giugno 2010

AZAROV INCONTRA PUTIN: VICINA LA FUSIONE GAZPROM-NAFTOHAZ


Accanto all'operazione tra i due monopilisti del gas, che penalizza Kyiv sul piano economico e politico, sancita la fusione tra le industrie dell'aviazione ed il rafforzamento del commercio tra Russia ed Ucraina.

Il premier ucraino, Mykola Azarov, ha trascorso la Festa della Costituzione ucraina in Russia. Mentre in tutte le città del Paese da lui governato si ricordava il varo della Carta Suprema, votata dalla Rada, a larghissima maggioranza, il 28 giugno 1996, il primo ministro è volato a Novo-Ogarjovo, presso la dacia di Vladimir Putin, per rafforzare la cooperazione con l'ingombrante vicino.

L'incontro si è svolto in linea con lo spirito di Sochi, località nella quale la scorsa primavera i due primi ministri avevano pianificato un serie di manovre di avvicinamento in settori strategici, in primis quello energetico, con la proposta-choc di Putin di procedere con la fusione tra i due monopolisti del gas, Gazprom e Naftohaz. Un'operazione che, secondo i maggiori esperti, penalizza la compagine ucraina, che non conterebbe più del 6% negli assetti societari del nuovo soggetto. E che, così, darebbe avvio ad una pericolosa dipendenza economica da Mosca, anticamera di quella politica.

A confermare la centralità del tema energetico è stato il vice premier della Federazione Russa, Igor' Sechin, che ha spiegato come la fusione tra i due monopolisti del gas è un'operazione necessaria, destinata a concretizzarsi a breve, e che i nuovi accordi sull'aumento del transito di nafta russa attraverso il territorio ucraino, aumentati del 30%, sono da considerarsi come un anticipo di essa.

"Le proposte ucraine - ha illustrato a margine dell'incontro - saranno ascoltate ed esaminate. Ma una cosa è certa: a breve stringeremo l'accordo tra Gazprom e Naftohaz. Per ora, abbiamo raggiunto un importante accordo sul transito di nafta. Lo ratificheremo nelle prossime settimane".

Sulla stessa linea, il ministro dell'energia ucraino, Jurij Bojko, che ha sottolineato l'importanza dell'accordo al fine di rendere l'Ucraina un partner affidabile, e non un fastidio per gli interessi commerciali di Mosca. "Aumentando - ha dichiarato - del 30% il traffico di nafta russa nell'oleodotto Druzhba, sul nostro territorio, intendiamo presentarci al Cremlino come un Paese su cui si può contare. Il prossimo passo, con certezza, riguarderà il gas".

Oltre a ciò, nella dacia del primo ministro russo, Mosca ha ottenuto da Kyiv anche il via libera alla fusione dei complessi industriali nel settore dell'aviazione. Un'operazione che se secondo Putin è necessaria in un'epoca in cui la globalizzazione non permette ai piccoli soggetti di ritagliarsi la propria fetta di mercato, secondo esperti nel settore, ed esponenti dell'Opposizione Democratica, rientra in quell'operazione volta a svendere il patrimonio economico del Paese. E, con esso, l'indipendenza politica dell'Ucraina, in favore della Russia e dei pochi, grandi industriali russofili delle regioni orientali, pronti a fare affari all'ombra del Cremlino, protetti dalla verticale del potere Janukovych-Azarov.

"Secondo me - ha spiegato Putin - non c'è alternativa alcuna alla fusione tra i nostri Paesi nel settore dell'aviazione. Simile passo sarà approntato anche nel settore dell'esplorazione spaziale. Abbiamo già una cospicua esperienza di collaborazione nel settore [durante la dominazione sovietica, n.d.a.] e molti progetti interessanti".

Infine, nell'incontro è stato anche stabilito l'incremento del comercio tra i due Paesi secondo un piano pluriennale, atto a regolamentare il traffico di merci fino al 2020. A tale pro, Azarov ha evidenziato l'importanza dell'operazione, aggiungendo che l'aumento nel settore, già registrato negli ultimi mesi, è sintomo dei migliorati rapporti con Mosca.

"L'aumento degli scambi - ha sottolineato - il doppio negli ultimi due mesi, certifica la stabilizzazione dei rapporti politici con il Cremlino, che deve contare su Kyiv come collabore affidabile".

Ponta è arrivata la risposta dell'Opposizione Democratica. La quale, per voce della sua guida, Julija Tymoshenko, non si è limitata alla mera critica dell'ennesimo passo della verticale del potere contrario agli interessi del Paese, ma ha riguardato una serie di proposte concrete, depositate in parlamento, volte a tutelare gli interessi della piccola media impresa ucraina dinnanzi alla politica di Janukovych ed Azarov, fortemente orientate in favore della grande industria dell'est del Paese. Nello specifico, la Lady di Ferro ucraina ha proposto il taglio delle imposte per i piccoli e medi imprenditori, ed anche una minore pressione fiscale sulle banche, affinché esse siano incentivate a concedere i prestiti necessari per avviare una qualsiasi attività.

"Tre sono le questioni su cui dobbiamo lottare - ha dichiarato la Lady di Ferro ucraina - Introdurre un sistema di tassazione equo, eliminare tutti quegli articoli del codice contributivo che permettono la repressione della piccola e media impresa, e, infine, abbassare le imposte, ad oggi troppo elevate. Noi [il Blocco Tymoshenko, n.d.a.] reagiremo fermamente presso la Rada ad ogni provvedimento imposto dalla maggioranza contro di voi".

Matteo Cazzulani

sabato 26 giugno 2010

RUSSIA: ACCOLTELLATO 26ENNE GIORNALISTA


Dmitrij Okkert, giovane economista, volto noto della TV russa, trovato cadavere, con trenta coltellate, nella propria casa.

E’ accaduto ancora. In Russia, nuovamente, un giornalista è stato ucciso. A lasciarci, questa volta, è Dmitrij Okkert, giovane volto della televisione russa “Ekspert”. Ventiseienne, si occupava di economia, dopo aver lavorato in altre tra le principali emittenti del Paese: Kanal Rossija e Ren-TV.
Una carriera brillante, stroncata da trenta coltellate, inferte dai soliti ignoti, nel suo appartamento nella periferia meridionale della capitale. Da tre giorni di lui si erano perse le tracce. Solamente l’insistenza degli amici, allarmati, ha permesso il ritrovamento corpo del giovane economista.

Ovviamente, nessuna spiegazione è emersa sul movente di quella che è l’ennesima morte di un giornalista. Una professione che in Russia, più che altrove, è quanto mai pericolosa. Come riferito dal responsabile dell’Unione dei Giornalisti Russi, Vsevolod Bogdanov, più di 300 giornalisti sarebbero scomparsi nel Paese negli ultimi 15 anni. Un dato agghiacciante, che se accostato all’ultimo ranking di Freedom House, che pone la Russia al 175 posto – su 196 Stati – in quanto a libertà di stampa, rende difficile credere che questa strana epidemia sia lungi dall’avere motivazioni politiche. Anche perché su tali decessi nessuno a Mosca vuole fare chiarezza. La Russia è l’ottavo paese al Mondo per impunità di delitti e vessazioni a danno dei giornalisti. Tra essi, i casi di Anna Politkovskaja ed Anastasija Baburova, tra i pochi noti in occidente.

Le indagini, affidate al capo del dipartimento investigativo della regione di Mosca, Anatolij Bagmet, come da prassi sono state avviate con gli stessi toni sommessi con cui tutte le altre si sono anche concluse. Prudenza, verifiche, audizioni. Ma nessuna intenzione di fare davvero chiarezza. C'è da temere che anche per il povero Dima finirà così.

Dinnanzi a tale situazione, non possiamo tacere. Restare inermi, seguendo l’esempio delle autorità politiche di un Occidente assetato di gas, e per questo timoroso di affrontare l’argomento della libertà di stampa in Russia, è un comportamento irresponsabile che chi ha a cuore tale principio non solo deve evitare, ma anche condannare.

Bastano poche righe, come queste, per informare dell’accaduto. E per chiedere alle autorità russe che, almeno questa volta, venga approntata una seria indagine, sia fatta luce sull’accaduto, e, soprattutto, che i vili responsabili - ora, probabilmente, arricchiti dall'offeta dei mandanti, ma pur sempre miseri moralmente - paghino per l’ennesimo delitto.

Matteo Cazzulani

venerdì 25 giugno 2010

GUERRA DEL GAS: TREGUA ARMATA TRA MOSCA E MINSK


Pace fatta. Anzi, no. Il conflitto sul gas tra Russia e Bielorussia è ben lontano dall'essere chiuso, sopratutto in seguito a quanto accaduto nella giornata di giovedì, 24 giugno. Subito dopo aver saldato il debito di 187 milioni di dollari, Minsk ha accusato Mosca di avere pagato solo in parte la quota a sua volta dovutale per il diritto di transito dell'oro blu diretto in Unione Europea.

La cronaca dell'ennesimo capitolo di questa storia gasata inizia a metà mattinata. Con una nota, il monopolista russo Gazprom comunica di aver ripristinato l'invio di gas al vicino, tagliato negli scorsi scorsi fino al 60%, dopo aver ricevuto il saldo del debito per l'oro blu importato dal 2006. Una merce indispensabile, che Minsk pagava secondo il vecchio tariffario, in quanto, gravemente colpito dalla crisi economica, non poteva onorare i nuovi prezzi, imposti da Mosca secondo lo standard europeo.

"Oggi - ha dichiarato il capo di Gazprom, Aleksej Miller - la parte bielorussa ha pagato il dovuto per l'importazione del nostro gas. Pertanto, il flusso verso Minsk è ripreso regolarmente. Ho già avvisato il presidente, Dmitrij Medvedev, che si è detto soddisfatto per come la vicenda si è conclusa".

Ad accendere la contesa è stato un altro esponente del monopolista russo, Sergej Kuprijanov. Il quale, confermate le parole di Miller, ha aggiunto che la compagnia da lui rappresentata ha provveduto anche al pagamento dei diritti di transito richiesti da Minsk per il passaggio del gas sul proprio territorio diretto agli acquirenti dell'Unione Europea. Pertanto, l'incidente era da considerarsi definitivamente chiuso. Pronta è arrivata la smentita ufficiale di Beltransgaz, che ha sì confermato di avere ricevuto il pagamento, ma non secondo quanto pattuito, e stabilito, da contratto. Inoltre, il ministro dell'energia bielorusso, Aljaksandar Azjarec, ha comunicato l'intenzione di interrompere il flusso di oro blu verso l'UE sino a quando Mosca non avrà pagato il rimanente.

"La quota versata - ha dichiarato Azjarec sugli schermi della televisione statale - è decisamente inferiore rispetto ai 260 milioni di dollari pattuiti. I russi ne hanno versati solamente 228, l'87%. Potremmo essere costretti ad interrompere il transito di gas, fino a quando Gazprom non rispetterà gli accordi presi".

La reazione di Mosca, finora solo a livello verbale, ed in ogni caso poco rassicurante, è stata affidata al primo ministro, Vladimir Putin, che ha sottolineato come il tasso di transito, fissato ad 1 dollaro e 45 centesimi, è stato rispettato, ed ha aggiunto che anche Minsk, a sua volta, ha tardato a versare la somma richiesta da contratto, saldata solamente dopo l'ennesima minaccia.

"Sono dispiaciuto - ha dichiarato Putin - per le incomprensioni che ancora intercorrono tra due popoli fratelli. Occorre rivedere, al più presto, gli accordi energetici con Minsk. Tuttavia, la Bielorussia non può permettersi di assumere simili atteggiamenti con noi".

Lecito ricordare che nella giornata di mercoledì, 23 giugno, Gazprom ha tagliato del 60% le forniture per Minsk, minacciando di arrivare fino all'85% qualora il debito contratto da Beltransgaz, 260 milioni di dollari, non fosse stato saldato al più presto. A sua volta, il presidente bielorusso, Aljaksandr Lukashenka, ha dichiarato che anche il Cremlino è in debito di una cospicua somma per i diritti di transito dell'oro blu sul territorio del Paese, diretto agli acquirenti UE. Il taglio delle forniture è iniziato lo scorso lunedì, 21 giugno, su preciso ordine del presidente della Federazione Russa, Dmitrij Medvedev.

Matteo Cazzulani

mercoledì 23 giugno 2010

GAS: L'UCRAINA CERCA DI CONVINCERE L'ITALIA SUL NO AL SOUTHSTREAM. CONTINUA LA GUERRA TRA MOSCA E MINSK


Un ucraino a Roma. Anzi no, a San Donato Milanese, nell'interland del cuore economico della penisola. Non si tratta di un turista, ma del ministro degli esteri, Konstjantyn Hrycenko, che nella giornata di mercoledi, 23 giugno, si è recato nel Belpaese per convincere le autorità politiche ed energetiche di casa nostra ad arrestare il Southstream.

In realta, le speranze di successo della missione ucraina non sono molte, dal momento in cui il gasdotto meridionale, progettato sul fondale del Mar Nero per collegare direttamente la Russia alla Vecchia Europa, è un progetto, già ben avviato, con la partecipazione delle maggiori compagnie energetiche del continente. Difatti, oltre alla russa Gazprom e all'italiana ENI, genitori del tubo sottomarino, al Southstream partecipano la francese Suez-Gaz de France, i governi dell'Europa centrale di Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, ed alcuni Paesi alleati di Mosca, quali Bulgaria, Serbia e Grecia, tanto favorevoli al progetto da ribattezzarlo "gasdotto ortodosso".

Sugli incontri di Hrycenko, bocche cucite da ambo le parti. Il servizio stampa ENI non ha riportato alcuna nota. Mentre il direttore del servizio informazioni del Ministero degli esteri ucraino, Oleh Voloshyn, ha dichiarato che per l'Ucraina un gasdotto progettato per aggirarla non è più attuale, dal momento in cui il colore delle forze politiche al governo, ora spregiudicatamente filorusso, è cambiato. E, inoltre, con Mosca sono in corso trattative per la ristrutturazione compartecipata del sistema infrastrutturale energetico ucraino, e per una più stretta collaborazione, finalizzata addirittura alla fusione tra i due colossi nel settore, Naftohaz e Gazprom.

Per quanto riguarda la questione del gas, continua la guerra tra Bielorussia e Russia. Sempre nella giornata di mercoledì, 23 giugno, Gazprom ha tagliato del 60% le forniture per Minsk, ed ha dichiarato di arrivare fino all'85% qualora il debito contratto da Beltransgaz, 260 milioni di dollari, non sarà saldato al più presto. A sua volta, il presidente bielorusso, Aljaksandr Lukashenka, ha dichiarato che anche il Cremlino è in debito di una cospicua somma per i diritti di transito dell'oro blu che, attraverso il territorio del Paese, rifornisce gli stati dell'Unione Europea.

Il presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, si è detto preoccupato per il calo di forniture già registrato in Lituania, Lettonia, Germania orientale e Polonia, notizia confermata dal ministro dell'energia russa, Sergej Shmatko, ed ha offerto la mediazione di Bruxelles per risolvere la questione. Tuttavia, significativa è la dichiarazione, quasi una smentita, del portavoce della compagnia energetica lituana Lietuvos Dujos, Sihita Pjatrikonite-Jurkunene, che ha riportato come nel suo Paese l'oro blu finora sarebbe affluito secondo il normale regime, non registrando variazione alcuna.

Oltre all'Europa, chi potrebbe trarre vantaggio dalla crisi è l'Ucraina. Già le compagnie Ukrtranshaz e Naftohaz si sono offerte di acquistare più gas da esportare in Bielorussia. Ma non solo di pura geopolitica energetica si tratta. Secondo il coordinatore di Bat'kivshchyna, Oleksandr Turchynov, uno dei leader dell'Opposizione Democratica, l'Ucraina dovrebbe sfruttare l'attuale crisi, da un lato per valorizzare il proprio patrimonio infrastrutturale energetico, senza svenderlo a Gazprom, come concepito dal governo Azarov e dal presidente Janukovych. Dall'altro, per rafforzare la propria indipendenza energetica, e convincere la Russia ad interrompere la costruzione di gasdotti miranti a bypassare Kyiv.

"Già nel 2009 - ha dichiarato il braccio destro di Julija Tymoshenko sugli schermi del 5 Kanal - l'Ucraina era vittima di un simile ricatto di quello che Mosca sta oggi ponendo alla Bielorussia. Il problema non è quanto e chi deve pagare. Ma, da parte nostra, dovremmo aprofittare della situazione per convincere la Russia che progetti di gasdotti sottomarini non sono loro convenienti se solo potessero contare su un'Ucraina forte, unita, indipendente, con un proprio sistema infrastrutturale energetico sicuro. Non bisogna svendere i nostri gasdotti al Cremlino, ma destinare risorse per la loro modernizzazione, mantenerli in mani ucraine, e valorizzarli come prezioso mezzo di transito del gas destinato ai Paesi dell'Unione Europea su cui guadagnare grazie alle tariffe di transito. Appena vi è la possibilità, con Gazprom bisogna dialogare, senza cedere però. Non si tratta di ragionare su come guadagnare dalla crisi con la Bielorussia, ma su come modernizzare i nostri gasdotti per il bene di tutto il Paese, e non di una ristretta cerchia di oligarchi, vicini al presidente, al governo in carica e alla Russia".

Lecito ricordare che il taglio delle forniture, su preciso ordine del presidente Dmitrij Medvedev, è iniziato alle 10 del mattino di lunedi, 21 giugno, inizialmente per il 15%. Gazprom chiede a Beltransgaz il saldo del debito che Minsk ha accumulato dal 2006 in seguito alla decisione di continuare a pagare l'oro blu secondo il vecchio tariffario, rifiutando l'imposizione di prezzi livellati a standard europei, che la Bielorussia, attanagliata da una grave crisi economica e finanziaria, non riesce ad affrontare.

Inoltre, secondo i principali esperti di geopolitica, il progetto di fusione tra i monopolisti del gas di Kyiv e Mosca, Naftohaz e Gazprom, è una mossa con cui il Cremlino intende assoggettare ancor più strettamente Paesi storicamente e culturalmente europei che, così come sotto lo zarismo e il comunismo, considera suo "estero vicino", sottomettendoli prima sul piano economico, poi su quello politico.

Matteo Cazzulani

martedì 22 giugno 2010

PRESIDENZIALI POLACCHE: ANALISI DEL VOTO.



Il liberale Bronislaw Komorowski ed il conservatore Jaroslaw Kaczynski, inaspettatamente vicini, al secondo turno. Affluenza ed emotività le chiavi per la vittoria finale.

Dalla noia alla sorpresa. Con un'iniezione di adrenalina, tanta, in vista del rush finale, in programma il prossimo 4 luglio. Alle elezioni presidenziali polacche solo 5 punti percentuali separano il candidato liberale, Bronislaw Komorowski, da quello conservatore, Jaroslaw Kaczynski. Al totale delle schede scrutinate, emanato dalla Commissione Centrale nella serata di lunedì, 21 giugno, il candidato della Piattaforma Civica, partito del primo ministro Donald Tusk, è attestato al 41,5%, mentre il leader di Diritto e Giustizia ha ottenuto il 36,5%.

Nello specifico, il primo ha avuto la meglio in 9 regioni occidentali, nelle principali città e nelle circoscrizioni estere di Russia, Gran Bretagna, Germania, Bulgaria e Belgio. Il secondo, invece, è stato preferito nei 7 voivodati più ad est - tra cui la Masovia e la Malopolska, regioni di Varsavia e Cracovia, dove, tuttavia, ha vinto Komorowski - nelle campagne e nelle comunità dell'emigrazione polacca negli Stati Uniti ed in Canada.

Il distacco, minimo, non rassicura affatto il primo classificato, convinto di chiudere la pratica già al primo turno. Stando al parere degli esperti e, sopratutto, della gente comune, Komorowski avrebbe dissipato tale patrimonio a causa dello scarso carisma dimostrato in campagna elettorale. Forse convinto della facile vittoria, ha mantenuto bassi i toni, senza, tuttavia, avanzare né spiegare in maniera adeguata proposte concrete che un candidato alla presidenza deve spiegare agli elettori, a prescindere dal consenso attribuitogli dai sondaggi.

Inoltre, in molti, anche tra i liberali, vedono con poco entusiasmo la compresenza di presidente e premier del medesimo colore, e per questo avrebbero espresso un voto di appartenenza, ripiegando su candidati minori. Infine, a svantaggio dell'attuale speaker della Camera ha giocato anche l'insoddisfazione di alcuni polacchi nei confronti dell'operato della Piattaforma Civica, al governo assieme al Partito Popolare Polacco di Waldemar Pawlak. Un altro sconfitto, forse non a caso, di questa prima tornata elettorale, con un 1,8% che, inevitabilmente, ne ridimensiona il peso politico.

"Farò tutto il possibile - ha dichiarato Komorowski - per convincere, e portare a votare al secondo turno, tutti coloro che hanno preferito altri candidati. Conto sull'aiuto della mia squadra elettorale, del mio partito, e di tutti i polacchi. Non andiamo in ferie, ma restiamo in citta' a votare per una Polonia piu' stabile ed europea".

Causa del risultato è stata anche la bravura di Jaroslaw Kaczynski, abile nel mobilitare il proprio elettorato, compattare il voto dei conservatori, senza disperdelo in altri candidati minori - Andrzej Lepper in primis, difatti votato da solo l'1,3% - e sfruttare l'onda di profonda commozione che ancora scuote la maggioranza dei polacchi a seguito della morte del fratello: l'ex-presidente, Lech Kaczynski, tragicamente scomparso lo scorso 10 aprile nell'incidente aereo di Smolensk, mentre, assieme ad altre alte cariche dello Stato, si recava a rendere omaggio alle vittime della strage di Katyn.

Durante la notte elettorale, l'atmosfera presso il suo comitato elettorale, nell'Hotel Europejski, letteralmente a due passi dal Palazzo Presidenziale, era di enorme soddisfazione. Ed anche nei giorni successivi, non solo tra i militanti, in molti sono convinti che Jarek - diminutivo di Jaroslaw - ce la possa fare.

"Ringrazio tutti i polacchi - ha commentato Kaczynski - che si sono recati alle urne. Ma, sopratutto, coloro che mi hanno votato. Al secondo turno la scelta sarà tra due visioni della politica e della Polonia. Perché di differenza ce n'è, e tanta. La nostra fede è la chiave per la vittoria finale. Dobbiamo vincere per la nostra patria, per la Polonia. La distanza con Komorowski, con cui mi congratulo per il buon risultato, è minima e colmabile, un dato significativo".

Altro fattore ha precisi nome e cognome. Grzegorz Napieralski. Il candidato socialdemocratico è stato votato dal 13,7% dei polacchi, sopratutto giovani e operai. Tale risultato, inaspettato, non solo lo rilancia sullo scenario politico internazionale, ma lo incorona vero e proprio ago della bilancia della competizione, consentendogli di sfruttare il partimonio elettorale a proprio vantaggio. Stando a molte indiscrezioni, Napieralski sarebbe pronto ad offrire la sua dote elettorale a Komorowski in cambio dell'ingresso nel governo dell'Unione della Sinistra Democratica, il suo partito, di alcuni ministeri e, sopratutto, della poltrona di vicepremier, finora occupata da Pawlak.

"In Polonia - ha sentenziato - la sinistra non e' morta. Si apre una nuova stagione politica in cui fare valere le nostre ragioni".

Per quanto riguarda il dato, definitivo, degli altri candidati, l'indipendente di destra, Korwin-Mikke è quarto con il 2,5%. Come già riportato, il leader del partito Popolare Polacco, Waldemar Pawlak ha ottenuto un insoddisfacente 1,8%, mentre il conservatore Andrzej Lepper, gia alleato di Diritto e Giustizia, l'1,3%, preceduto dall'indipendente di sinistra, Andrzej Olechowski, altro deluso con l'1,4%. Marek Jurek, conservatore, è stato votato dall'1% dei polacchi , ed il candidato di sinistra, Boguslaw Zietek dallo 0,2%. Chiude Kornel Morawiecki, indipendente, con lo 0,1%.

L'affluenza è stata del 54,94%. Un dato soddisfacente in un Paese tradizionalmente poco incline a recarsi alle urne in massa. A livello locale, le regioni piu ligie al dovere sono state la Masovia, la regione di Varsavia, la Malopolska, quella di Cracovia, e la Pomerania, cui capoluogo e' Danzica. Maglia nera, il voivodato di Opole.

Dunque, la partita è ancora aperta. A differenza delle apparenze. Komorowski è sì considerato come il male minore dalla maggior parte dei sostenitori di Napieralski, come confermato da diversi sondaggi, ma la corsa al voto di sinistra, cruciale per la vittoria finale, potrebbe paradossalmente premiare Kaczynski, molto più carismatico dell'avversario e vicino ai socialdemocratici su temi caldi come sanità ed economia. Inoltre, lecito ricordare come nelle scorse elezioni presidenziali del 2005 al primo turno vinse il liberale Tusk, ma al ballottaggio Lech Kaczynski riuscì a recuperare lo svantaggio e a ribaltare il risultato, vincnedo la competizione.

Pertanto, la vera chiave della porta della Casa Bianca polacca sarà l'affluenza. Gli elettori di Diritto e Giustizia sono tradizionalmente fedeli al voto, spesso esercitato in maniera automatica a messa finita. Mentre quelli della Piattaforma Civica, meno militanti, potrebbero sacrificare il proprio diritto al voto ad una giornata di vacanza, che tradizionalmente i polacchi amano trascorrere nelle dzialki fuori città. A conferma di tali timori, significativa è l'iniziativa della redazione di Olsztyn di Gazeta Wyborcza, quotidiano apertamente schierato in favore di Komorowski, che ha deciso di premiare il seggio cittadino più attivo.

Matteo Cazzulani

P.S: Concludo con questo post scriptum doveroso, e doloroso, in quanto alle elezioni polacche mi trovavo anche in veste di coordinatore della missione di "turismo responsabile" di AnnaViva. Alcune persone della nostra missione, giornalisti free-lance, tralaltro, sono state respinte dal comitato elettorare della Piattaforma Civica, Platforma Obywatelska per google alert. Questo, malgrado esse si fossero accreditate non solo via mail, ma anche di persona, due giorni prima, presso la sede dello staff della campagna di Komorowski, in ulica Wiejska, 14. Il tutto, secondo le regole.
Tale atteggiamento, giustificato con un "non siete nella lista, decisione dall'alto", vergognoso e provinciale, non è degno della cultura polacca. Né della tradizione di Solidarnosc e della lotta al comunismo, dittatura a cui, al contrario, si avvicina. Duole constatare che il partito della Piattaforma Civica, che è e si definisce liberale, ha impedito a liberi giornalisti, non ladri, peraltro di un'altra nazione e parlanti la loro lingua, di svolgere il proprio lavoro, per una completa informazione. Casualmente, verrebbe da dire felicemente, la vera notizia è stata la rimonta dell'avversario, fatto che ha reso la presenza dei membri della missione presso il comitato di Kaczynski - che ci ha trattato bene - maggiormente indispensabile.
Non è mia intenzione richiedere le scuse da parte di questi signori, che ora avranno molto da lavorare per evitare la rimonta dell'avversario. Ma sottolineare come, con la loro cecità e ottusità, abbiano penalizzato chi ha difeso sempre - ripeto, sempre - loro ed il Paese che si presentano a guidare, anche dalla presidenza, spesso contro la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica europea occidentale.
Infine, duole anche constare che chi nei nostri confronti è stato più ospitale, oltre alla Commissione Elettorale Centrale, a cui AnnaViva tutta invia il più sentito ringraziamento, è stato lo staff di Jaroslaw Kaczynski, che ha saputo applicare alla meglio una qualità alla base della cultura polacca. L'ospitalità.

lunedì 21 giugno 2010

NO ALL'UNIONE DOGANALE. MOSCA TAGLIA IL GAS A MINSK


Medvedev ordina, Miller esegue. E Gazprom chiude i rubinetti del gas diretto in Bielorussia. Come promesso dall'inquilino del Cremlino, l'ennesimo ricatto, in salsa russa, ma con la precisione di un orologio svizzero, è iniziato puntuale, alle 10 del mattino di lunedi, 21 giugno. Inizialmente, le forniture di oro blu subiranno un taglio del 15%, per poi incrementare fino all'85%.

Tale decisione, almeno ufficialmente, è stata presa dopo che le trattative per la revisione dei costi si sono arenate. Successivamente all'ultima guerra del gas tra i due Paesi, avvenuta nel 2006, Mosca ha alzato la bolletta imposta a Minsk da 150 a 169 dollari per metro cubo. Un tarriffario, livellato agli standard europei, che la Bielorussia, economicamente fragile a causa della crisi economica mondiale che ancora la attanaglia, non riesce ad onorare.

A più riprese, Minsk ha richiesto dapprima il ripristino del prezzario inizale, poi ha limato la somma e limitato le pretese. Ottenendo, tuttavia, la totale chiusura di Gazprom. Per questa ragione, ha continuato a pagare secondo il vecchio tariffario, accumulando un enorme debito che, al primo di maggio, ha sforato i 192 milioni di dollari. Stando ai calcoli di Mosca, a fine anno potrebbe aumentare fino a 500-600 milioni.

"Il termine è scaduto - ha dichiarato il capo del monopolista russo Gazprom, Aleksej Miller - abbiamo concesso alla compagine bielorussa cinque giorni per regolare la posizione contrattuale e saldare il debito. Dalle 10, ora di Mosca [le 9 in Bielorussia, le 8 in Italia, n.d.a.] l'invio di gas alla Repubblica di Bielorussia subirà un taglio iniziale del 15%. Poi, in progressione, fino a quando Minsk non ci corresponderà i 192 milioni di dollari dovuti".

Questioni contrattutali a parte, gli esperti del settore non hanno dubbi nel caratterizzare il nuovo taglio delle forniture come una mossa squisitamente politica, approntata per punire il presidente bielorusso, Aljaksandar Lukashenka. Infatti, le minacce di Gazprom si sono fatte sempre più forti da quando Minsk ha dichiarato la non volontà di applicare il trattato di Unione Doganale. Il quale, dal primo di luglio, dovrebbe cementare le economie bielorussa, kazaka e russa, de facto, sottoponendo le prime due ai dettami del Cremlino. Nello specifico, Mosca ambisce al controllo di industrie ed enti statali bielorussi, privatizzandoli con propri capitali, e rilevandone la proprietà come azionista di maggioranza.

Del resto, esempio dei piani di Mosca è quanto oggi accade in Ucraina, dove Gazprom sta aumentando i propri investimenti finalizzati alla fusione con il monopolista locale, Naftohaz. Un progetto, caldamente proposto alla fine di aprile dal primo ministro russo, Vladimir Putin, che la verticale del potere Janukovych-Azarov sta realizzando, malgrado esso significhi la svendita degli interessi nazionali di Kyiv. A conferma, le parole dello stesso Aleksej Miller, il quale, in più occasioni, ha dichiarato che l'attuale collaborazione tra Gazprom e Naftohaz è solo la prima tappa di un processo che culminerà con la fusione dei due colossi. In cui, tuttavia, alla compagine ucraina non resterà che il 6% delle azioni, de facto figurando come socio di minoranza, pressoché inpossibilitato ad influire nelle decisioni più importanti del nuovo supermonopolista.

Lungimirante, e chiara, è l'interpretazione del direttore del centro dei programmi energetici Nomos, Mykhajlo Honchar, il quale ha spiegato che presidente e governo, nonostante il ruolo da essi ricoperto, stanno operando unicamente per favorire gli interessi economici dei pochi, grandi oligarchi dell'estremo est del Paese, sponsor del Partija Rehioniv [la forza politica di Janukovych e Azarov, n.d.a.] e vicini a Mosca, che considerano la scomparsa del monopolista ucraino come una concreta possibilità di lauti guadagni.

"Il Gabinetto dei ministri, e lo stesso Janukovych - ha dichiarato - sono chiaramente orientati in direzione dei piccoli gruppi di interesse, che dalla scomparsa di Naftohaz possono accumulare richezze. Inoltre, per questi oligarchi del gas, dal punto di vista politico notoriamente vicini all'attuale presidente, la comparsa di un nuovo monopolista rappresenta la possibilità di nuovi affari con Mosca".

Tornando alla Bielorussia, Paese economicamente in ginocchio, Minsk non ha molti margini di manovra per impedire la sottomisione al Cremlino. Una soluzione potrebbe essere un riavicinamento all'Occidente, in particolare all'Europa. Una strada che, però, costerebbe caro ad un dittatore come Lukashenka: Bruxelles ha aperto a più riprese la porta alla Bielorussia, a patto che democrazia, libertà di stampa e di parola, e diritti umani siano rispettati nel Paese. Simile risposta è stata ottenuta dal Fondo Monetario Internazionale, a cui la Bielorussia si è rivolta a più riprese.

Una seconda via, meno concretizzabile, potrebbe essere l'aiuto proveniente da altri Paesi, tra cui l'Ucraina. Recentemente, il console di Kyiv in Bielorussia, Roman Bezmertnyj, ha dichiarato la disponibilità di mediare con il Cremlino affinché le tariffe imposte a Beltransgaz siano ribassate. Inoltre, le compagnie Ukrtranshaz e Naftohaz hanno comunicato la possibilità di richiedere un aumento delle importazioni dalla Russia per rifornire, a loro volta, il mercato interno bielorusso con prezzi più convenienti.

Per ora, nonostante il taglio del gas, Minsk si oppone fermamente all'attuazione di un trattato che ne sancirebbe la totale dipendenza dal vicino russo. Il quale, ancora una volta, così come in Ucraina non esita ad utilizzare l'arma energetica per imporre la propria volontà a Paesi indipendenti che, ciò malgrado, Mosca continua a considerare come proprie colonie. Il tutto, con la complicità di un'Unione Europea inerme ed assetata, a sua volta, di oro blu. E dalla politica estera, temeraria e rinunciataria, degli Stati Uniti di Obama.

Matteo Cazzulani

domenica 20 giugno 2010

PRESIDENZIALI POLACCHE, MINIMA LA DISTANZA. SORRIDONO NAPIERALSKI E KACZYNSKI.

Al 15% delle schede scrutinate i primi verdetti. Partita ancora aperta, al secondo turno, tra Komorowski e Kaczynski. Napieralski, terzo, trionfatore morale.

Sara' una corsa al voto di sinistra. Dopo i primi dati ufficiali, e gli exit-poll nazionali, e' chiaro che a condendersi le chiavi di ingresso della Casa Bianca polacca saranno il liberale Bronislaw Komorowski, speaker del parlamento ed attuale presidente ad interim, ed il conservatore Jaroslaw Kaczynski, fratello di Lech, presidente scomparso nella tragedia aerea di Smolensk dello scorso 10 aprile. I due, al 20% delle schede scrutinate, sono attestati rispettivamente al 39,69% e al 37,68%.

Un risultato cheal candidato della Piattaforma Civica sta davvero molto stretto. Forte di un iniziale consenso del 52%, Komorowski sperava di chiudere la pratica al primo turno. "Non andiamo in ferie - ha dichiarato - restiamo in citta' a votare per una Polonia piu' stabile ed europea. Siamo consapevoli di come la vittoria al primo turno sarebbe stata davvero difficile. Mi congratulo con tutti, e vi ringrazio per il supporto".

Al contrario, il leader del partito Diritto e Giustizia puo considerarsi soddisfatto dello straordinario recupero, ottenuto grazie all'abilita nello sfruttare il sentimento di diffusa commozione dopo la morte del gemello. Un fattore che, inevitabilmente, ha influenzato molti indecisi. Difatti, anche presso il comitato di Kaczynski, all'hotel Europejski, a pochi passi dal palazzo presidenziale, regna un'atmosfera di soddisfazione. Giustificata, poiche tutti ritengono possibile ribaltare lo svantaggio. "La nostra fede - ha commentato - e' la chiave per la vittoria finale. Dobbiamo vincere per la nostra patria, per la Polonia. La differenza con Komorowski e' minima e colmabile, un dato significativo".

Ma non solo di tragedia si tratta. Ad erodere voti all'anonimo Komorowski e' stato anche Grzegorz Napieralski, candidato socialdemocratico, che con il suo 13,94% e' da oggi il vero e proprio ago della bilancia della politica polacca. "In Polonia - ha sentenziato - la sinistra non e' morta. Si apre una nuova stagione politica in cui fare valere le nostre ragioni.

Per quanto riguarda gli alri candidati, l'indipendente di destra, Korwin-Mikke e' al 2,27%. Il leader del partito Popolare Polacco, Waldemar Pawlak, grande sconfitto, alleato al governo con la Piattaforma Civica, IL 2,20%. Il conservatore Andrzej Lepper, gia alleato di Diritto e Giustizia l'1,63%, l'indipendente di sinistra Andrzej Olechowski, altro deluso, con l'1,32%. Marek Jurek, conservatore, lo 0,96% , ed il candidato di sinistra, Boguslaw Zietek lo 0,17%.

Immediate anche le prime dichiarazioni di apparentamento. Pawlak, fedelmente, sosterra' Komorowski. Jurek, invece, convogliera' i suoi voti su Kaczynski. Morawieski e Zietek sono orientati sulla liberta' di scelta. Nessuna dichiarazione da parte di Napieralski. Il quale, tuttavia, stando a molte indiscrezioni, sarebbe pronto ad offrire la sua dote elettorale in cambio della poltrona di vicepremier, finora occupata da Pawlak.

Soddisfacente il dato dell'affluenza. Il 54,4%, in un Paese tradizionalmente poco incline a recarsi alle urne in massa. A livello locale, le regioni piu ligie al dovere sono state la Masovia, la regione di Varsavia, la Malopolska, quella di Cracovia, e la Pomerania, cui capoluogo e' Danzica. Maglia nera, il voivodato Opolskie.

Sempre a livello locale, lecito sottolineare che Komorowski ha avuto la meglio in 11 voivodati della Polonia centro-occidentale. Kaczynski, invece, e' stato preferito dagli abitanti delle cinque regioni orientali del Paese. Il candidato liberale e' avanti nelle citta, mentre quello conservatore nelle campagne.

Infine, curioso il dato del voto estero, gia' definitivo. Komorowski ha avuto la meglio in Russia, Bielorussia, Lituania e Bulgaria. Kaczynski e' tato preferito da tutte le comunita' polacche negli Stati Uniti.

Matteo Cazzulani

ELEZIONI IN POLONIA. KOMOROWSKI AVANTI. MA SARA BALLOTAGGIO

Secondo gli exit poll nazionali il candidato liberale non riuscirebbe a superare il 50%,necessaro per chiudere la partitaal primo turno. Probabile il secondo atto il 4 luglio.

Il prossimo week-end, Bronislaw Komorowski lo trascorrera tra piazze e gazebo, ma non al palazzo presidenziale. Almeno stando ai sondaggi delle 20, pubblicati alla chiusura dei seggi. Il candidato liberale e' si avanti, ma con un misero 45,7%, non abbastanza da consentirgli di evitare il secondo turno, obiettivo dichiarato a piu riprese. Il principale avversario, il conservavtore Jaroslaw Kaczynski, si attesterebbe al 33,2%. Un successo, dal momento in cui l'indice di gradimento del defunto Lech, suo fratello, morto nella tragedia di Smolensk, partiva dal 22%. Terzo, Grzegorz Napieralski, il candidato socialdemocratico, con il 13,4%. Voti sottratti a Komorowski, come spiega la maggior parte degli esperti.

Nonostante il modesto risultato, lo staff elettorale della Piattaforma Civica, il partito di Komorowski, ha regito con totale euforia. Un coro da stadio ha accompagnato la pubblicazione dei dati, proiettati sul maxischermo installato nella sede del comitato, in piazza dei Tre Re.

"Ci sono momenti nella vita di un politico - ha dichiarato - in cui ci si sente davvero felici e realizzati. Quello che sto vivendo e' uno di quelli. Siamo consapevoli di come la vittoria al primo turno sarebbe stata davvero difficile. Mi congratulo con tutti, e vi ringrazio per il supporto".

Anche presso il comitato di Kaczynski, all'hotel Europejski, a pochi passi dal palazzo presidenziale, regna un'atmosfera di soddisfazione. Giustificata, poiche tutti ritengono possibile ribaltare lo svantaggio.

"La nostra fede - ha commentato il candidato conservatore - e' la chiave per la vittoria finale. La nostra convinzione e' che vincere possiamo. E dobbiamo. Dobbiamo farlo per la nostra patria, per la Polonia. Mi congratulo con il mio avversario, e con Napieralski. Ma sottolineo che la differenza con Komorowski e' minima e colmabile, un dato significativo".

Per quanto riguarda gli alri candidati, l'indipendente di destra, Korwin-Mikke avrebbe ottenuto il 2,3%. Il leader del partito Popolare Polacco, Waldemar Pawlak, alleato al governo con la Piattaforma Civica, l'1,8%. Seguono il conservatore Andrzej Lepper, gia alleato di Diritto e Giustizia, il partito di Kaczynski, con l'1,4%, l'indipendente di sinistra Andrzej Olechowski con l'1,2%, ed il candidato di sinistra, Boguslaw Zietek con uno 0,1%.

Buona l'affluenza. Il 54,4%, in un Paese tradizionalmente poco incline a recarsi alle urne in massa. A livello regionale, si sarebbe votato maggiormente in Masovia, la regione di Varsavia, in Malopolska, quella di Cracovia, ed in Pomerania, cui capoluogo e Danzica. Maglia nera spetta al voivodato Opolskie.

Lecito sottolineare che si tratta di dati ancora non ufficiali, ma di exit poll nazionali. I primi dati concreti nella notte.

Matteo Cazzulani

venerdì 18 giugno 2010

Presidenziali in Polonia. Cala il sipario di una commedia mai recitata

In Polonia e una noia mortale. Nemmeno l'ultimo giorno di campagna
elettorale ha regalato qualche spunto di polemica che rianimasse un
confronto politico ridotto ai minimi termini.

La campagna presidenziale polacca, la prima, e, si spera, l'unica dopo
la strage di smolensk, in occasione della quale ha perso la vita, tra
le altre cariche dello stato, il presidente, Lech Kaczyński, si avvia
al suo primo atto nel piu totale anonimato. A contendersi lo scranno
presidenziale sono 8 candidati, di cui 3 certi protagosti e 2
possibili vincitori.

Il favorito e Bronisław Komorowski, liberale, candidato della piattaf
orma civica, soggetto politico, appartenente al partito popolare
europeo, di cui fanno già parte il premier, Donald Tusk, ed il
ministro della difesa, Radosław Sikorski, quest ultimo battuto nelle
primarie interne al partito la scorsa primavera.

Il suo e un programma interamente improntato su principi europei,
presentandosi ai polacchi come il presidente che costruisce la
concordia in ambito continentale, affinché una Polonia più vicina a
Bruxelles di quanto fatto sinora possa dare una mano decisiva alla
piena integrazione interna dell'ue, anche costruendo un rapporto di
dialogo con la russia.

Molto europeista anche sul fronte interno. L'adesione alla moneta
unica e uno dei punti chiave del suo programma, fatto anche di aiuti
alle famiglie ed incentivi all'istruzione.

Principale sfidante e il conservatore Jarosław Kaczyński, fratello
del defunto predecessore, di cui ha ereditato lo stile della campagna
elettorale nelle immagini e nei contenuti: la Polonia e la cosa più
importante, con una foto a tre quarti del volto. Solo il colore e
cambiato. Al blu tories inglesi il leader della destra questa volta ha
preferito un rosso repubblicano, come negli states.

Dal punto di vista contenutistico, la sua e una candidatura in
continuità con l'operato del fratello. Priorità alle prerogative
polacche in Europa e nel mondo, politica dura nei confronti di Mosca,
aiuti, in ambito interno, a contadini e pensionati.

Terzo, senza speranze di vittoria, il social democratico Grzegorz
Napieralski, che si presenta con un programma improntato su laicità,
diritti alle minoranze e proposte ad effetto quali Internet e scuola
gratis per tutti. In ambito estero anche lui parla di imtegrazione ue,
ma pone in primo piano anche l'amicizia con la Russia di Putin e
medvedev e con la Cina.

A rendere vivo il dibattito sono i sondaggi. Secondo le ultime
rilevazioni, effettuate per conto dei due principali media della carta
stampata, Gazeta wyborcza e Rzeczpospolita, la situazione e in
continua evoluzione. Se il primo dei quotidiani certifica la vittoria
al primo turno di Komorowski con il 51% dei consensi, seguito da
Kaczyński al 33%, il secondo preannuncia il ballottaggio, con il
candidato liberale incagliato al 42% e quello conservatore al 31%,
altrettanto basso.

Stando ai due sondaggi, ago della bilancia sarebbe Napieralski, che in
caso di vittoria al primo turno dell'esponente della piattaforma
civica otterrebbe solo il 9%, mentre nella seconda ipotesi godrebbe di
un solido 12%.

Napieralski a parte, a decidere il primo atto di queste presidenziali
sara il fattore emotivo: Kaczyński ha puntato tutto sulla scomparsa
del fratello, ben sapendo che i polacchi spesso votano con lo spiritus
più che con la ratio. Inoltre, sono in molti, anche tra gli elettori
liberali, a ritenere inopportuna la coesistenza tra presidenza e
governo del medesimo colore politico.

In ogni caso, dalla mezzanotte cala il sipario del silenzio
elettorale. E, con esso, una tregua ad un conflitto politico in realtà
mai acceso, e del tutto privo di emozioni.

Matteo Cazzulani

Matteo Cazzulani
Presidente ANNAVIVA
+393493620416 / +48507620325 / +380970872339
matteo.cazzulani@annaviva.com
http://matteocazzulani.blogspot.com

E uscito il mio libro "La Democrazia Arancione. Storia politica
dell'Ucraina dall'Indipendenza alle presidenziali 2010", LibriBianchi
editore. Parte del ricavato finanzia l'Associazione AnnaViva.

mercoledì 16 giugno 2010

PICCOLA IMPRESA E LAVORATORI GLI ENNESIMI NEMICI DI JANUKOVYCH. DOPO I GIORNALISTI


Presentarsi alle elezioni con il programma "Ucraina per la gente", parlare di stabilità ed aumenti delle paghe sociali, governare con i comunisti, e privare di diritti sindacati e lavoratori. La verticale del potere Janukovych-Azarov è riuscita anche in questa, apparente, contraddizione. Che, in realtà, ben illustra il reale orientamento politico di chi, da febbraio, è tornato a governare sulle rive del Dnipro.

L'ennesimo atto è stata l'intenzione di approvare il nuovo codice del lavoro, su cui la maggioranza - Partija Rehioniv, Blocco Lytvyn e comunisti - ha lavorato nelle scorse settimane, elaborando una proposta che, de facto, limita i diritti dei lavoratori. Difatti, il testo prevede la concessione al datore di lavoro di una serie di poteri, quali la possibilità, senza obbligo di negoziazione coi sindacati, di prolungare la giornata lavorativa fino a 12 ore - ben al di sopra degli standard mondiali - l'emanazione unilaterale di atti normativi per regolare i rapporti di lavoro interni, e l'utilizzo di sofisticati strumenti, quali monitor, telecamere e registratori, per controllare l'attività dei dipendenti.

D'altro canto, la proposta toglie ai sindacati il diritto di ricorrere al Tribunale del Lavoro e di compiere inspezioni nelle fabbriche per tutelare i diritti dei lavoratori. Inoltre, le stesse organizzazioni sindacali sarebbero riorganizzate e catalogate in base alla loro rappresentatività o non-rappresentatività. Categoria, quest'ultima, ex lege esclusa dalla contrattazione collettiva ed impossibilitata a convocare scioperi di categoria.

Il progetto di legge è stato redatto, e presentato, da alcuni deputati del Partija Rehioniv, la forza politica di presidente e premier. Tra essi, Vasyl' Khara, segretario generale della Federacija Profsylok Ukrajiny, una delle organizzazioni sindacali più influenti, e vicina al governo. A lanciare l'allarme, invece, è stato Mykhajlo Volynec', deputato del Blocco Tymoshenko, il principale gruppo parlamentare dell'Opposizione Democratica. Un esperto del settore, dal momento in cui è anche presidente della Confederazione dei Sindacati Indipendenti, prevista nella categoria dei Non-rappresentavivi.

"E' una proposta imbarazzante - ha dichiarato - che per tutelare l'interesse di un solo sindacato, vicino al governo e troppo rinunciatario nei confronti dei grandi industriali, lascia il lavoratore senza tutele, privo di diritti socio-economici, ed in totale balia del datore di lavoro. Libero, così, di sfruttarlo. Negli scorsi anni abbiamo lavorato per una migliore variante del Codice. Che, tuttavia, è stata bloccata dal governo Azarov, appena insediato dopo l'elezione di Janukovych, e cambiata a tal punto da contrastare le regole del libero mercato, allarmando, persino, l'Organizzazione Internazionale del lavoro".

All'obiezione ha risposto un'altro dei firmatari della proposta, Oleksandr Stojan, sempre del partija Rehioniv, sicuro che la maggioranza è pronta a votare un codice che non lede affatto i diritti dei lavoratori, ma che, al contrario, regola i rapporti tra le sigle sindacali. Le quali, così, uscirebbero rafforzate nella lotta per la difesa dei diritti dei loro aderenti. "Occorre tenere conto sia degli interessi dei lavoratori - ha spiegato - sia di chi il lavoro lo da, sopratutto nelle grandi industrie. Il nuovo codice, che voteremo al più presto, consente una posizione accettabile per tutti".

Tuttavia, nel mirino del governo non ci sono solo i lavoratori. Anche i piccoli-medi imprenditori, sviluppati sopratutto nell'Ucraina sud-occidentale, sono continuamente svantaggiati in favore dei grandi industriali, radicati, al contrario, nel Donbass e nelle regioni orientali. Nella giornata di martedì, 15 giugno, il parlamento ha respinto una proposta di riforma del codice retributivo che prevedeva sgravi fiscali dal 15% al 25% per la piccola-media impresa, esenzione dalle imposte statali per l'avvio di nuove attività, incentivi per la concessione di crediti e prestiti ai soggetti in difficoltà. A favore della proposta, avanzata per superare la crisi economica che da tempo attanaglia il Paese, e che nemmeno il governo Azarov, malgrado le promesse elettorali di Janukovych, è riuscito a superare, hanno votato solo 164 deputati, 118 del Blocco Tymoshenko, 45 di Nasha Ukrajina ed uno del Blocco Lytvyn.

"Un'occasione sprecata - ha commentato uno dei firmatari del DDL, Mykola Katerynchuk - per dare un forte contributo a chi, nonostante le difficoltà, in Ucraina combatte la crisi nel contempo producendo e dando lavoro. E' chiaro che Janukovych opera solo per il bene dei grandi oligarchi, sponsor della sua attività politica".

Quasi per ironia, due giorni più tardi, giovedì, 17 giugno, la maggioranza ha varato un pacchetto di misure che introduce simili sgravi fiscali per i soli, grandi, imprenditori del settore energetico e metallurgico. La manovra, approvata in prima lettura da 247 deputati, prevede sconti sulle imposte fino al 25% per il 2011, al 17%, invece, per il 2014. Tuttavia, per diventare esecutiva necessita di una seconda approvazione, prevista per le sedute successive.

Matteo Cazzulani

lunedì 14 giugno 2010

HOLODOMOR NEGATO, JANUKOVYCH FINISCE DAVANTI AL GIUDICE


Condotta anticostituzionale. E' con questa accusa, basata su un preciso articolo della Carta Suprema, che il tribunale Pechers'kyj di Kyiv ha avviato un procedimento giudiziario a carico del presidente Viktor Janukovych, che ufficialmente si ostina a non riconoscere la Grande Fame come genocidio ai danni del popolo ucraino.

Secondo quanto riportato dall'ufficio stampa del Narodnyj Rukh Ukrajiny, successivamente ripreso dalle principali agenzie e confermato dal tribunale interessato, il prossimo 15 giugno il presidente è chiamato a rispondere della condotta tenuta presso il Consiglio d'Europa. Quando, lo scorso 27 aprile, ha definito pubblicamente l'Holodomor come una grande tragedia comune a popoli dell'ex-Unione Sovietica, e ha sollecitato l'aula a votare una risoluzione che ne declassasse lo status. Come sottolineato dall'autore della denuncia, Volodymyr Volosjuk, Janukovych ha infranto la legge "Sull'Holodomor degli anni 1932-1933 in Ucraina", la quale stabilisce che la Grande Fame è stato un genocidio perpetrato ai danni del popolo ucraino, e ne condanna il pubblico negazionismo come atto di vilipendio alle vittime della carestia e al Paese intero.

"La legge - riporta la denuncia - parla chiaro. L'articolo primo stabilisce che l'Holodomor è stato un genocidio ai danni del popolo ucraino. Il secondo condanna il pubblico diniego come offesa alla memoria di vittime e superstiti. Inoltre, una decisione del Tribunale di Appello di Kyiv ha sentenziato che colpevole di tale episodio è stato Stalin, intenzionato ad eliminare fisicamente quelle etnie e nazionalità considerate nemiche dei russi, ed ostacolo alla costruzione del comunismo. Tra esse, figuaravano gli ucraini".

Lecito ricordare che a favore della legge in questione, lo scorso 28 novembre 2006, alla Rada si sono espressi 233 deputati: 118 del Blocco Tymoshenko, 79 di Nasha Ukrajina, 30 socialisti della SPU, 4 indipendenti. Nessun comunista. E solo 2 del Partija Rehioniv, la forza politica di Janukovych e del ministro dell'istruzione Tabachnyk. Il quale, noto per le sue antipatie nei confronti di lingua e cultura ucraine, successivamente all'iniziativa intrapresa dal presidente in ambito internazionale non ha esitato a registrare in parlamento un progetto di legge per rivedere la questione nei manuali di storia in dotazione già dal prossimo anno scolastico.

"L'insegnante - ha dichiarato il ministro alla Komsomolskaja Pravda - è obbligato a realizzare un programma didattico in cui è bene scrivere chiaramente che l'Holodomor è una tragedia comune ad Ucraina, Russia, Bielorussia e Kazakhstan. La più alta concentrazione di morti, il 41%, la si ha avuta nella provincia di Saratov [in Federazione Russa, tra Volgograd e Samara, n.d.a.], e non in Galizia [la regione di Leopoli, n.d.a.]. Gli insegnanti dell'ovest del Paese devono smetterla di plasmare gli studenti con il loro punto di vista".

Parole pesanti. Anche perché, lecito sottolineare, nel circondario di Saratov viveva un altissimo numero di Ucraini, strappati dalla loro terra d'origine nell'ambito della campagna di russificazione e collettivizzazione forzata delle terre attuata dal Cremlino. Inoltre, stando a diverse fonti, a patire il numero più alto di vittime sono state le regioni centro-occidentali del Paese. Ove, non a caso, la lingua e la coscienza nazionale ucraina sono più forti.

Pronta la risposta delle opposizioni, scandalizzate da tale posizione del governo. Fonti ufficiali del Narodnyj Rukh hanno sottolineato che il presidente non solo ha infranto la Costituzione del suo Paese, ma ha negato anche la decisione dei parlamenti di Estonia, Australia, Canada, Ungheria, Lituania, Georgia, Polonia, Peru, Paraguay, Ecuador, Colombia, Messico e Lettonia, che hanno riconosciuto, e condannato, l'Holodomor come atto criminale programmato contro gli ucraini. E, di conseguenza, contro l'umanità interà. Battaglia sul piano giuridico e politico è stata promessa dal Blocco Tymoshenko, principale gruppo parlamentare dell'Opposizione Democratica.

"Modificare il programma di studi - ha dichiarato Serhij Vlasenko, esponente del BJuT - e riscrivere i manuali di storia, dal punto di vista giuridico oggi è impossibile. Per rendere operative le direttive del ministro, occorre prima modificare la legge vigente. Oppure, tacere sull'aspetto, ed agire come se nulla fosse, in piena illegalità".

Accanto alla strenua opposizione parlamentare, promessa dalle forze democratiche, BJuT in testa, per evitare che l'attuale verticale del potere agisca contro gli interessi nazionali anche sul piano culturale, è iniziata la campagna "Non permettiamo di spegnere la candela del ricordo", promossa dal Congresso Mondiale degli Ucraini, dal Centro per la Rinascita Nazionale e dal fondo benefico Ucraina 3000. Presentata ufficialmente a Kyiv lo scorso 28 maggio, l'azione, apartitica, ha lo scopo di mantenere vivo il ricordo delle milioni di vittime dell'Holodomor, e di impedire che su cause ed organizzatori del genocidio cali un muro di silenzio.

Nello specifico, il prossimo 19 giugno, a Kyiv, in occasione della preghiera solenne in suffragio delle vittime, sarà accesa la candela del ricordo. La quale, successivamente, sarà trasportata in altre città ucraine e nei Paesi che hanno aderito all'iniziativa. Tra essi, Gran Bretagna, Australia, USA, Spagna, Canada, Argentina e Brasile.

Matteo Cazzulani

UCRAINA, SCONFITTA LA VERTICALE DEL POTERE. CONGELATA LA 2450.




La costanza paga. E' così che in Ucraina i difensori della libertà di manifestazione sono riusciti ad ottenere la sospensione dell'iter parlamentare per l'approvazione del decreto legge 2450, che prevede restrizioni sull'organizzazione di meeting e dimostrazioni, inaccettabili in un Paese democratico. L'ultimo atto, lunedi, 14 giugno, quando, in contemporanea in 22 città del Paese, l'organizzazione Demokratychnyj Al'jans e la Fundacija Rehional'nych Inicjativ hanno dato vita ad una serie di flash mob.

Un centinaio, per lo piu studenti, i particpanti dell'azione a Kyiv, avvenuta, in una calda giornata di fine primavera, su quel Majdan Nezalezhnosti dove i principi di libertà e democrazia già sei anni fa hanno trionfato, in occasione della rivoluzione arancione.

"Siamo contro l'approvazione di un progetto di legge - ha dichiarato il responsabile dell'iniziativa, Vasyl' Hac'ko - che de facto vieta le libere manifestazioni. La 2450 introduce l'obbligo ad inoltrare il preavviso di manifestazione con un anticipo non superiore ai 4 giorni. Inoltre, permette alle autorità cittadine di vietare le dimostrazioni fino ad un minuto prima della prevista convocazione, e di decretarne arbitrariamente lo spostamento all'ultimo, senza consultarsi con gli organizzatori".

Successivbamente, i dimostranti si sono spostati presso la Rada, dove era riunita la commissione parlamentare incaricata di programmare i lavori settimanali del parlamento. Dopo un breve colloquio con una delegazione delle due organizzazioni apartitiche, ottenuto a fatica dopo ripetute richieste, lo speaker della Rada, Volodymyr Lytvyn, leader del partito a cui appartiene il firmatario del DDL, Oleh Zarubins'kyj, ha deciso di congelare l'esame del DDL, previsto per giovedi, 17 giugno, e di rinviarlo a data da definirsi.

"Stamane - ha dichiarato il presidente del parlamento - ho incontrato alcuni dei manifestanti. Credo sia giusto non procrastinare la questione, e depennare la votazione sulla 2450 dall'ordine del giorno della seduta di giovedì. Certamente, bisognerà rivedere la questione con più attenzione".

Ciononostante, Volodymyr Lytvyn non ha lesinato la polemica con manifestanti ed opposizione, accusando, paternalmente, i primi di non essere bendisposti ad accogliere le ragioni altrui, ed i secondi di essere i veri detentori della paternità del DDL, approvato in prima lettura durante il secondo governo Tymoshenko.

Pronta la risposta del vicepremier di allora, il braccio destro della lady di Ferro ucraina, Oleksandr Turchynov. Il quale, con una nota, ha sottolineato come l'attuale maggioranza abbia completamente mutato, e peggiorato, il contenuto originale della proposta, inizialmente concepita per evitare il proliferare di presidi politici, che nel maggio 2007 portarono il Paese letteralmente sull'orlo della guerra civile.

"La tattica del governo - riporta il comunicato del coordinatore del Blocco Tymoshenko - è molto semplice: prendere il DDL 2450 così come è stato approvato nel 2008, cambiarlo per l'80%, senza pubblicarne la nuova versione sul sito della Rada [come invece d'obbligo, n.d.a.] né sulla bacheca ufficiale del parlamento, e portare il testo direttamente in aula per la sua approvazione definitiva, senza averlo sottoposto né all'esame dei parlamentari, né a quello delle commissioni".

Ostinata la reazione del Partija Rehioniv, il partito del presidente Viktor Janukovych e del premier Mykola Azarov, che si è unito allo speaker nel criticare opposizione e manifestanti, e che, nel contempo, ha difeso il progetto di legge, descritto come rispettoso delle libertà del cittadino.

"Ad essere obiettivi - ha dichiarato il capogruppo alla Rada, Oleksandr Jefremov - la 2450 è la legge più democratica che il parlamento avrebbe approvato dall'indipendenza. Piuttosto, sono stranito dal proliferare di manifestazioni contro questa proposta".

In realtà, ad essere straniti sono gli stessi manifestanti, i giornalisti ed i liberi cittadini del Paese, preoccupati per la crescente escalation in materia di rispetto della libertà di espressione e del pluralismo dell'informazione. Lecito ricordare che, solo la scorsa settimana, le emittenti indipendenti 5 Kanal e TVI sono state private temporaneamente delle frequenze - legalmente ottenute dopo aver vinto il concorso statale annuale - a vantaggio del canale Inter, di proprietà di Valerij Khoroshovs'kyj, capo dei servizi segreti, nonché oligarca vicino al presidente Janukovych. Solo una sentenza del Tribunale Amministrativo di Kyiv - il TAR del Lazio ucraino - ha annullato lo scandaloso provvedimento, e riassegnato le licenze ai due canali televisivi non allineati con la verticale del potere.

Matteo Cazzulani

martedì 8 giugno 2010

LIBERA INFORMAZIONE IN UCRAINA: A RISCHIO IL 5 KANAL



In Ucraina la libertà di stampa è davvero in pericolo. Questa volta, a finire sotto attacco sono stati il 5 Kanal e TVI, due emittenti televisive indipendenti, apprezzate per la loro opera quotidiana di completa, ed equilibrata, informazione.

Particolarmente nota agli occidentali è la prima. Diversamente che in Italia, il canale cinque ucraino, di proprietà di Petro Poroshenko, oligarca della cioccolata, vicino all'ex-presidente Jushchenko, non è diventato famoso per qualche soap opera americana, bensì per essere stato l'unico mezzo a trasmettere, e supportare, gli avvenimenti della rivoluzione arancione, puntualente boicottati e discreditati dagli altri media, allora sottoposti al rigido controllo dell'amministrazione Kuchma. Dal 2004, il "Canale delle notizie vere" - come recita il motto aziendale - offre costanti notizie, dibattiti e dirette dalla Rada. E, così, si è affermato come il principale punto di riferimento per chi si interessa di politica ucraina.

A lanciare l'allarme, in un clima in cui la libertà di stampa è sempre più in pericolo, è stata la decisione del Consiglio Nazionale RadioTelevisivo di privare i due soggetti delle frequenze, legittimamente ottenute in occasione del concorso annuale dello scorso 27 gennaio - rispettivamente, 33 per TVI e 26 per 5 Kanal - e di concederle per intero al canale "Inter", terzo classificato con 20 frequenze ottenute.

Le redazioni dei due canali si sono subito attivate, inviando una lettera aperta al presidente Janukovych per richiederne l'intervento urgente, finalizzato a tutelare l'esito del concorso, a salvaguardare posti di lavoro di giornalisti onesti con famiglie a carico, e a garantire il pluralismo nell'informazione. Un valore basilare che, ad oggi, permette ancora di definire l'Ucraina uno Stato democratico. Inoltre, nell'appello si fa chiaro riferimento al fatto che il canale Inter, beneficiario delle frequenze sottratte, appartiene a Valerij Khoroshovs'kyj, oligarca promosso da Janukovych a capo dei servizi segreti ucraini lo scorso febbraio. Una situazione imbarazzante, che se in Italia sarebbe stata bollata come conflitto di interessi, in Ucraina ha gettato il mondo dell'informazione in un allarme ben più tragico, dal momento in cui i ricordi sono subito ricorsi all'era Kuchma, quando le esclusive erano concesse solo ai media filogovernativi, e l'informazione era dettata dai temniky - direttive - di emanazione presidenziale.

"C'è stato - si legge nella missiva del 5 Kanal - un tentativo da parte dell'attuale capo dei servizi segreti, già capo della Corte Suprema di Giustizia, e noto imprenditore, Valerij Khoroshovs'kyj, proprietario della televione Inter, di eliminare la nostra emittente attraverso l'annullamento dei risultati del concorso per l'assegnazione delle frequenze dello scorso 27 gennaio 2010, ed il conseguente ritiro della licenza. A seguito di tale decisione, 500 lavoratori della nostra redazione perderebbero il lavoro, e l'Ucraina rischierebbe di ritornare ai tempi in cui la libertà di informazione non era tutelata. Ci rivolgiamo a Lei [presidente Janukovych, n.d.a.], che a più riprese ha definito l'Ucraina un Paese libero, affinché possa convincere il signor Khoroshkovs'kyj che non sempre i suoi interessi personali coincidono con quelli della nazione, e che il pluralismo nell'informazione è uno degli standard minimi in vigore in ogni democrazia europea".

Pronta è arrivata la risposta dell'interessato, che con un comunicato ha preteso scuse e rettifica di quanto scritto dalla redazione del 5 Kanal. Inoltre, Khoroshovs'kyj si è detto sorpreso, sia per la decisione del Consiglio Nazionale, sia per l'iniziativa delle due televisioni, ed ha ribadito la convinzione di essere un paladino della lotta alla corruzione nel Paese. "Cari Giornalisti del 5 Kanal - riporta la nota - con stupore ho appreso della vostra lettera aperta rivolta al presidente Janukovych, in cui mi accusate di agire contro il vostro lavoro. Sottolineo, come capo dei servizi segreti, che la lotta alla corruzione è una delle priorità del mio operato".

Anche dagli ambienti presidenziali è giunta una presa di posizione tanto immediata quanto, purtroppo, poco incoraggiante. La vice capo dell'amministrazione presidenziale, Hanna Herman, ha escluso l'intenzione da parte di alcun soggetto di privare le due emittenti delle frequenze e delle licenze ottenute. Aggiungendo, tuttavia, che se il Consiglio ha preso una decisione lo ha fatto perché, a riguardo, possiede prove e motivazioni ad agire. "Il 5 Kanal - ha dichiarato alla stampa - ha lavorato, lavora e continuerà a lavorare. Tuttavia, credo che se presso il 5 Kanal tutto fosse davvero in regola, nessuno mai avrebbe avuto modo di agire legalmente. Per questo bisogna fare assoluta chiarezza prima di accusare precise persone e soggetti di essere all'origine di decisioni legali".

Atteggiamento del tutto differente è arrivato da organizzazioni di categoria, associazioni apartitiche e movimenti per lo sviluppo della società civile, pronte nell'esprimere solidarietà alle due testate. Il rappresentante di Reporters sans frontières, Gilles Lordet, ha espresso alta preoccupazione per la situazione nel Paese, dove, negli ultimi tempi, la libertà di parola è continuamente ostacolata. Inoltre, Lordet ha sottolineato come sia spiacevole il fatto che il capo dei servizi segreti sia anche proprietario di uno dei canali televisivi più diffusi, e si è appellato a Janukovych affinché intervenga nella questione per eliminare tale anomalia, possibilmente convincendo Khoroshkovs'kyj a lasciare la guida di uno degli enti presieduti.

"E' un chiaro conflitto di interessi - ha dichiarato in un'intervista alla Deutsche Welle - Non è ammissibile possedere media, e, nel contempo, essere a capo dei servizi segreti, e membri del Consiglio Supremo di giustizia. Il presidente Janukovych dovrebbe ascoltare, ed accogliere, le legittime richieste dei giornalisti dell'iniziativa Stop alla Censura, e le proteste dei lavoratori del 5 Kanal e di TVI".

Inoltre, un prezioso appoggio politico è giunto dalle forze dell'Opposizione Democratica, riunite nel Comitato per la Difesa dell'Ucraina. In particolare, a prendere l'iniziativa è stata Julija Tymoshenko, che dalla sede del BJuT, il maggiore gruppo parlamentare di opposizione da lei guidato, ha dichiarato l'intenzione di spostare il dibattito in sede parlamentare con la convocazione di una seduta urgente della commissione per la libertà di parola, e con la registrazione di un'apposita interrogazione presso la Rada in occasione della prossima seduta plenaria, in programma per la metà del mese di giugno. Inoltre, la Lady di Ferro ucraina ha dichiarato la volontà da parte del BJuT di appellarsi al Consiglio d'Europa, contando sull'appoggio degli Stati europei per dissuadere l'attuale verticale del potere da ogni tentativo di annichilire il pluralismo dell'informazione, possibilmente, con l'approvazione di una risoluzione.

"La nostra forza politica - ha dichiarato la leader del Blocco Tymoshenko - richiederà la convocazione di una seduta della Commissione per la Libertà di Parola. Inoltre, forniremo tutta la documentazione necessaria all'assemblea del Consiglio d'Europa, che ha il potere di esaminare la questione e di esprimere un giudizio".

Forse, grazie alla mobilitazione internazionale, e all'intervento dell'energica leader di Ferro, le due redazioni hanno ottenuto una prima, piccola, vittoria. Nella serata di martedì, 8 giugno, il Tribunale Amministrativo di Kyiv - il TAR del Lazio ucraino - ha ammesso il ricorso presentato dal 5 Kanal, e congelato la decisione del Consiglio Nazionale Radiotelevisivo sulle licenze di emissione. "Né al 5 Kanal, né a TVI - riporta la sentenza - nessuno può sottrarre frequenze, ottenute in maniera trasparente dopo aver legittimanente vinto il concorso dello scorso 27 gennaio. Le due televisioni continueranno a lavorare come sempre, almeno fino al prossimo concorso".

Una tregua, che, tuttavia, non allontana nubi che all'orizzonte si fanno sempre più minacciose. Purtroppo, tentativi di annichilire la libertà di stampa in Ucraina sono sempre più frequenti, specialmente negli ultimi tempi. Una situazione che rischia di riportare il Paese indietro di sei anni, quando essere liberi giornalisti era una professione ad alto rischio.

Matteo Cazzulani

lunedì 7 giugno 2010

INCONTRO PUTIN-JANUKOVYCH. ADDIO AL SOUTHSTREAM?


Nulla di nuovo sotto il sole, scottante, di Istambul. E' nella capitale turca che si è consumato il nuovo capitolo della operacija reanimacija: la ritrovata amiciza tra Kyiv e Mosca, fortemente voluta dal presidente Janukovych fin dai primi giorni della sua presidenza. Ad incontrarsi, questa volta, sono stati il capo di Stato ucraino ed il primo ministro della Federazione Russa, Vladimir Putin, accompagnati da delegazioni di tutto rispetto. Da parte ucraina, oltre al premier, Mykola Azarov, Konstjantyn Hrycenko, Jurij Bojko e Valerij Khoroshkovskij, rispettivamente, ministri degli esteri, dell'energia e capo dei Servizi Segreti.

Non un caso, dal momento in cui l'oggetto del colloquio è stato un mix di politica estera ed energetica. Peraltro, in un contesto regionale particolarmente sensibile, quale quello dell'Asia centro-occidentale. Sul Bosforo, Janukovych si trovava in qualità di osservatore, e futuro collaboratore, del Consiglio di mutua fiducia, di cui già fanno parte Kazakhstan, Azerbajdzan e, per l'appunto, Turchia.

Viktor Janukovych ha ribadito l'intenzione di diventare tra i primi partner economici di Mosca, sopratutto per quanto riguarda l'esportazione di gas verso l'Europa occidentale e meridionale, anche a costo di cedere al Cremlino cospicue azioni delle industrie statali del Paese che rappresenta, ed il controllo dei gasdotti ucraini.

"Vogliamo che la Federazione Russa veda l'Ucraina come partner - ha dichiarato il presidente ucraino - Kyiv desidera considerare Mosca non solo come interlocutore per le trattative in ambito energetico, ma anche come fedele alleato. Siamo pronti ad offrire quote delle nostre industrie statali, e delle nostre infrastrutture, in cambio di un piano comune per l'estrazione del gas, e per la sua commercializzazione in Europa e negli Stati del bacino del Mar Nero".

Di tutt'altra natura, seppur esposte con cordialità, le aperture di Putin, che si è detto pronto ad incentivare la creazione di una zona di libero mercato tra i due Paesi, e ad appoggiare l'ingresso dell'Ucraina nell'unione doganale, già in vigore tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan.

"E' da tempo - ha dichiarato nella conferenza stampa - che Kyiv ha richiesto l'ingresso nell'unione doganale. Esattamente, dal 1992. Credo che ora, con la nuova amministrazione Janukovych, i tempi siano maturi per compiere questo passo. La Russia sarà anche lieta di semplificare la creazione di un'area di comune mercato con l'Ucraina".

Secondo alcuni esperti, Janukovych starebbe cercando di dissuadere Mosca dalla costruzione del South Stream: il gasdotto, compartecipato dall'ENI, progettato subito dopo la rivoluzione arancione per aggirare la "ribelle" Ucraina, e per concorrere con il Nabucco, simile infrastruttura di iniziativa UE e USA. Nel concreto, i colloqui con Putin sono stati l'occasione per confermare, e rilanciare, quanto stabilito la fine di maggio con il presidente Dmitrij Medvedev: una serie di accordi con cui, de facto, Kyiv ha svenduto al Cremlino buona parte delle azioni dei colossi statali nel settore del nucleare, dell'energia idroelettrica e dell'automobilismo.

Largo spazio è stato riservato anche alla questione del gas, arma con la quale la Russia sta estendendo sul vicino il proprio controllo economico, militare, culturale e politico. Gazprom, monopolista russo del gas, ha confermato all'ucraina Naftohaz lo sconto sul prezzo dell'oro blu del 30% fino al 2019, a patto che il consumo di Kyiv non sia inferiore ai 330 dollari per metro cubo. Una clausola che consente all'Ucraina benefici solamente iniziali. Poiché, come confermato da diversi esperti, per via dell'inflazione e dei continui rialzi del tarriffario, il prezzo del gas sarà destinato ad incrementare.

Lecito sottolineare che, in base agli accordi di Kharkiv dello scorso maggio, Janukovych e Putin avebbero pianificato anche la fusione tra i due colossi energetici in un unico supermonoplista in cui, tuttavia, sarebbe la compagine russa a giocare il ruolo di protagonista, lasciando alla parte ucraina non più del 6%. Inoltre, Mosca è stata abile a legare la trattativa alla questione della permanenza della Flotta Russa del Mar Nero nel porto di Sebastopoli, prolungata dal 2017 al 2042. In questo modo, in cambio di un insignificante sconto sulla bolletta del gas, il Cremlino manterrà un piede, armato, in territorio ucraino per i prossimi quaranta anni.

"Lo sconto concesso da Gazprom - ha dichiarato a Kyiv il presidente Medvedev - sarà considerato come una parte dell'affitto che Mosca corrisponde all'Ucraina per la permanenza nel porto di Sebastopoli. Non è una questione politica, ma tecnica. Se si abbassa il prezzo del gas, allora decrementa anche il nolo per gli ormeggi in Crimea. Il vantaggio è di ambo le parti: Kyiv necessita di un ritocco al ribasso delle tariffe. E la Russia vuole mantenere la sua Flotta nel Mar Nero".

Alle parole di conferma dell'ingresso dei russi nel mercato interno ucraino pronunciate da Janukovych - che ha definito gli investimenti di Mosca come indispensabili per il rinnovo delle infrastrutture energetiche del Paese, gasdotti in primis - a nulla sono servite le proteste di esperti ed opposizioni, che hanno evidenziato come, in realtà, tali manovre siano il preludio per la perdita dell'indipendenza energetica, anticamenra della sottomissione economica, e, di conseguenza, politica dell'Ucraina.

"Nei prossimi dieci anni - ha dichiarato il presidente ucraino - l'Ucraina otterrà concreti investimenti, pari a 40 miliardi di dollari. E' molto importante in un periodo di crisi. Oggi i rapporti con la federazione Russa sono i migliori mai registrati negli ultimi cinque anni. Ringrazio Medvedev e Putin per la loro amicizia, utile per la nostra stabilità".

Critiche sul nuovo corso della politica del Paese sono state avanzate dall'esponente del Comitato per la Difesa dell'Ucraina, Volodymyr Cybul'ko, il quale ha sottolineato come Janukovych stia applicando a livello nazionale il modello di potere in vigore nella oblast' di Donec'k, dove le oligarchie dei grandi industriali, filorussi ed ucrainofobi, sono, nel contempo, protagonisti della vita economica e politica. Inoltre, ha evidenziato come i primi provvedimenti del nuovo governo siano orientati in direzione della svendita degli interessi nazionali a Mosca.

"Siamo nell'era dell'informazione - ha dichiarato il noto politologo - ma, con la nuova verticale del potere, il Paese è tornato a quella industriale, dove a dettare la politica sono i grandi interessi degli oligarchi, che trascinano lo Stato in una situazione di autoritarismo. L'epoca dell'informazione è basata su valore e funzionalità della singola persona, un principio incomprensibile per chi è rimasto legato ad una mentalità sovietica, ed oggi governa il Paese. Il riconoscimento di personaggi come Tabachnyk a ministro dell'istruzione è un chiaro segnale di approvazione lanciato al Cremlino. Nei primi cento giorni della sua amministrazione Janukovych è riuscito a svendere la base di Sebastopoli ai russi, ha ceduto al loro ricatto energetico, e non è riuscito nemmeno a riscuotere maggiori entrate pecuniarie dall'affitto".

Matteo Cazzulani

sabato 5 giugno 2010

IN UCRAINA LA LIBERTA DI MANIFESTAZIONE E' IN PERICOLO


Il countdown finale è iniziato. Putroppo, le note non sono quelle gradevoli della celebre canzone di un complesso svedese degli anni 80, che di nome fa Europe, bensì quelle amare che preannunciano la fine della libertà di manifestazione in Ucraina, sul modello di quanto già accaduto in Russia, Bielorussia e Kazakhstan. Il progetto di legge 2450, che limita la possibilità di organizzare manifestazione pacifiche, è stato registrato in Parlamento, e calendarizzato per la seduta di giovedì, 17 giugno. Allora, con tutta probabilità, la Rada, riunita in plenaria, lo esaminerà ed approverà in definitiva.

Il DDL in questione, "sull'ordine delle organizzazioni e sull'organizzazione di manifestazioni pacifiche", prevede la concessione di maggiori poteri alle forze dell'ordine, l'istituzione del divieto ad organizzare meeting spontanei, e limitazioni su tempistica e luoghi delle dimostrazioni. Un progetto che, qualora diventasse legge, riporterebbe il Paese ai tempi, bui, della presidenza Kuchma, quando le manifestazioni antigovernative, spontanee e nonviolente, erano sistematicamente vietate e contrastate con l'intervento della milicija, quando non addirittura delle forze armate. Per questa ragione, oltre a numerose organizzazioni apartitiche e alle forze politiche dell'Opposizione Democratica - ieri protagoniste della rivoluzione arancione, oggi parzialmente riunite nel Comitato per la Difesa dell'Ucraina - a lanciare l'allarme sono stati anche noti esperti e stimati studiosi.

Ad illustrare la gravità della situazione è Volodymyr Chemerys, il quale ha sottolineato come l'approvazione definitiva del DDL 2450 significhi un'effettiva restrizione di uno dei diritti fondamentali del cittadino, garantiti dalla Costituzione, quale la libertà di pacifica manifestazione. In particolare, il direttore dell'istituto "Respoublica" ha posto l'attenzione sulla limitazione del preavviso di manifestazione, che la nuova legge, se approvata, restringerebbe a soli quattro giorni. Un'inezia, se, ad esempio, si volesse organizzare una grande dimostrazione nazionale, come a più riprese ipotizzato dalle Opposizioni Democratiche. "Il termine fissato non basta. Gli ucraini hanno il diritto di indire ogni genere di protesta pacifica con largo anticipo. Ma, secondo la 2450, qualsiasi magistrato ha il potere di vietarla, persino un'ora prima del suo inizio".

Più incisivo è stato il commento del direttore dell'istituto per la traformazione della società, Oleh Soski, che ha pronosticato una serrata lotta tra la società civile e le autorità in caso di approvazione del DDL. Il quale, vietando la libera manifestazione, de facto riporterà l'Ucraina sotto un regime dittatoriale, simile a quelli oggi vigenti a Minsk, Mosca, ed Astana. "La 2450 - ha denunciato - è anticostituzionale. Nella nostra Carta Suprema è scritto chiaramente che i cittadini hanno diritto a riunirsi e manifestare. E' una norma diretta, che nessun giudice può intaccare. L'articolo quinto stabilisce che in Ucraina è il popolo la fonte unica della legge. Nessun altro".

Il progetto di legge 2450 è stato elaborato in prima stesura nel 2008, durante il secondo governo Tymoshenko, con lo scopo di evitare i fatti dell'estate 2007, quando le continue manifestazioni organizzate dal Partija Rehioniv, con l'ausilio pecuniario degli oligarchi delle regioni orientali, portò il Paese sull'orlo della guerra civile. Immediatamente, costituzionalisti del comitato di Helsinki hanno avanzato critiche ed obiezioni, allarmati, sopratutto, dalla regolamentazione ex lege dei meeting di protesta. "La legge - riporta una nota del comitato - deve stabilire gli strumenti affinché a Stato e magistratura sia impedito intervenire per regolare le dimostrazioni. Poiché la manifestazione pacifica è per sua natura espressione delle idee di liberi cittadini, che un regime democratico deve rispettare, e la cui espressione deve garantire".

Approvato in prima lettura nel giugno 2009, l'allora maggioranza dapprima ha apportato al DDL alcuni correttivi, e, successivamente, lo ha accantonato, in attesa di una più seria revisione, che i soli due deputati di maggioranza al momento non consentivano. Tuttavia, il nuovo governo - un monocolore del Partija Rehioniv, con l'appoggio di Blocco Lytvyn e comunisti, instaurato in febbraio dal presidente Janukovych, subito dopo la sua elezione - forte di un cospicuo consenso, ha riaperto la questione, riportando il DDL all'esame delle commissioni per la ratifica finale. Stando alle testimonianze di esperti e parlamentari dell'opposizione, il progetto sarebbe stato completamente stravolto, quasi snaturato, in direzione contraria rispetto a quanto osservato dal comitato di Helsinki.

Il condizionale è d'obbligo, poiché il testo della 2450, emendato dalle commissioni, non è stato pubblicato sul sito ufficiale della Rada al momento della sua registrazione, contrariamente a quanto avviene da prassi. E, ad oggi, ancora è irreperibile, se non sul blog personale di un deputato dell'opposizione, Lesja Orovec'. A nulla sono serviti gli svariati appelli rivolti allo speaker del Parlamento, Volodymyr Lytvyn, affinché sulla questione sia fatta piena chiarezza e sia consentito agli interessati, sopratutto ai giornalisti, di documentarsi sull'iter burocratico del DDL.

La contunua assenza del testo integrale della 2450 è inusuale e, sempre a detta degli esperti, sarebbe indicativa del fatto che le commissioni avrebbero stravolto il testo di partenza, corretto secondo le osservazioni dei costituzionalisti. Il quale, così, rischia di essere sottoposto all'esame dei parlamentari solamente qualche ora prima della votazione. Una cattiva abitudine, a cui l'attuale maggioranza ci ha già abituato a più riprese, come in occasione del bilancio 2010, arrivato sugli scranni dei parlamentari, e nelle redazioni dei giornali, la notte prima della sua approvazione.

Matteo Cazzulani

venerdì 4 giugno 2010

CENTO GIORNI DI JANUKOVYCH: LA REAZIONE DELLE OPPOSIZIONI. E DEI GIORNALISTI




Ci risiamo. Dovessimo scomodare le Sacre Scritture, l'affermazione secondo cui errare è umano e persevarere è diabolico sarebbe adeguata per illustrare quanto accaduto per le strade di Kyiv nella giornata di venerdì, 4 giugno. La polizia cittadina, infatti, ha vietato a un centinaio di militanti delle organizzazioni politiche giovanili di opposizione di avvicinarsi all'"Ukrajins'kyj Dim", l'edificio presso il quale il presidente Janukovych stava tenendo una conferenza stampa, a cento giorni dal suo insediamento.

Gli attivisti dei partiti "Za Ukrajinu", "Bat'kivshchyna", "Prosvita" e del "Narodnyj Rukh" hanno sfilato per il Parco Marijns'kyj, accanto alla Rada, con un manichino corredato di candele e strisce di cartapesta color nero, a simbolizzare i tre mesi di presidenza Janukovych, e striscioni recitanti slogan quali "vergogna" e "menzogne". Un centinaio di poliziotti, schierato all'altezza dello stadio della Dynamo, all'entrata del Parco, hanno impedito al corteo di proseguire, e costretto i manifestanti a continuare la protesta nei pressi della struttura sportiva, anziché dinnanzi alla sede della conferenza stampa presidenziale. Dove, tuttavia, è stato autorizzato il presidio dei giovani del Partija Rehioniv, la forza politica di Janukovych, al potere assoluto nel Paese.

Ad illustrare lo spirito dell'iniziativa, e la delusione per l'impedimento da parte della milicija, è stato il leader della delegazione di "Za Ukrajinu", Stepan Barna, il quale ha posto l'accento sul forte valore dell'azione, volta a testimoniare la propria opposizione all'operato di presidente e governo: un regime che in tre mesi di attività ha messo a repentaglio la sovranità del Paese, obbedendo ai diktat della Russia e contrastando alcune delle libertà fondamentali in una democrazia.

"Vergogna e Menzogne, gli slogan della nostra dimostrazione - spiega alla stampa - significano piena disapprovazione della politica di Janukovych, leader di un regime-marionetta che obbedisce alle volontà del Cremlino, sminuisce l'importanza della lingua e della cultura ucraina, ed esercita pressioni su studenti, insegnanti e giornalisti".

Proprio gli operatori della carta stampata sono stati autori di una simile protesta laddove ai manifestanti non è stato concesso presenziare. All'interno dell' "Ukrajins'kyj Dim", circa quaranta cronisti hanno indossato una maglietta bianca con la scritta "Stop alla Censura". Tra essi, i colleghi della televione bielorussa, solidali con la protesta in quanto essi stessi vittime di un fortissimo controllo del loro mestiere da parte delle autorità di Minsk.

Inoltre, in occasione della Gionata dei giornalisti, domenica 6 giugno, i rappresentanti dei mass-media che hanno aderito all'iniziativa "Stop alla Censura" hanno dato vita alla Marcia per la libertà di Stampa: un corteo di protesta, partito dalle poste del Majdan Nezalezhnosti, transitato per le centrali vie Hrushevs'kyj e Bankova, diretto alla sede del Consiglio dei Ministri, con lo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crescente pressione a cui la libera informazione, in maniera sempre più consistente negli ultimi mesi, è sottoposta. Una situazione esemplificata dall'"Antiutopija", giornale satirico, datato 2014, in cui è riportata una descrizione dell'Ucraina tra qualche anno, priva della libertà di stampa. Copie del quotidiano, stampato a carico dei manifestanti, sono state consegnate a presidente, premier e ministri, e distribuite gratuitamente sul Khreshchatyk, la via delle passeggiate domenicali nella capitale.

"Abbiamo scritto numerose petizioni al presidente - spiega una collega - che è il garante della Costituzione, nella quale la libertà di stampa è certificata come principio fondamentale dello Stato. Ma non abbiamo ottenuto risposta alcuna. E' strano. Per questo abbiamo dato inizio ad una serie di iniziative volte a sensibilizzare sulle pressioni a danno del nostro operato. Convegni, appelli, comunicati. Persino striscioni pubblicitari per la città. Ed oggi, le magliette, la marcia e l'Antiutopija".

Pronta la risposta di Janukovych, che, durante l'inocontro con i giornalisti, incalzato dalle domande degli inviati in abbigliamento da protesta, ha rassicurato sulle sue buone intenzioni nel contrastare la situazione. "So di queste pressioni - ha spiegato il capo dello Stato - e farò di tutto per evitare che alla stampa sia impedito di svolgere il proprio mestiere".

Queste parole di belle, e vane, speranze sono arrivate l'indomani del discorso alla nazione, con cui il presidente ha illustrato agli ucraini le linee giuda della sua amministrazione per il prossimo anno: stabilità economica, politica e finanziaria, riforme sociali, politica estera al di fuori dei blocchi, modernizzazione del sistema energetico ucraino. Tuttavia, contemporaneamente, una protesta pacifica delle forze dell'opposizione era stata vietata. Ed il traffico, anche pedonale, proibito addirittura un'ora e mezza prima dell'inizio dell'evento.

Limitazioni delle libertà che, inevitabilmente, hanno condizionato la conferenza stampa della leader dell'Opposizione Democratica, Julija Tymoshenko, organizzata presso l'hotel InterContinental - già quantrier generale della campagna elettorale di Janukovych alle ultime presidenziali - a pochi minuti di distanza da quella del presidente. La Lady di Ferro ucraina, come sempre precisa e determinata nel linguaggio, ha commentato il discorso del capo dello Stato del giorno precedente parlando espressamente di un ritorno ad un regime autoritario in stile sovietico, contro il quale l'opposizione deve unirsi per difendere le libertà fondamentali della democrazia, garantite, tralaltro, dalla Costituzione. A prova delle velleità autoritarie di Janukovych, la leader del BJuT ha illustrato la situazione della giustizia ucraina, in cui la magistratura, nominata per due terzi dal Partija Rehioniv, ha pieno potere di azione contro gli avversari politici del presidente, de facto obbedendo alla sua volontà.

"Oggi - ha affermato - nel Paese è iniziata la costruzione di un sistema di potere autoritario. L'ordine instaurato da Janukovych è chiaro. Si tratta di un ritorno alla radjanshchyna [il periodo sovitico, n.d.a.]. L'accesso delle persone comuni alle cariche giudiziarie è chiuso. La magistratura dovrebbe garantire giustizia per tutti. Eppure, al contrario, si è trasformata in una casta chiusa, che non ascolta, e procede solo su precise richieste politiche. Se tale situazione continuerà, la magistratura diventerà un organo svuotato della sua natura, al completo servizio del potere".

Inoltre, la Tymoshenko ha spiegato che Janukovych intende contrastare le manifestazioni di opposizione della società civile e delle forze politiche democratiche con l'impiego di strutture di forza in diversi settori, dalla magistratura alla polizia, fino al controllo su media ed istruzione, ambiti in cui il governo Azarov sta approntando pericolose misure contrastanti la storia, la cultura e la lingua ucraina.

"E' inammissibile - ha dichiarato la Lady di Ferro ucraina - Janukovych deve rispettare il popolo che lo ha eletto. Non è possibile che, sempre più di continuo, ogni passo del presidente sia supportato da migliaia di uomini, in divisa e non, che esercitano pressioni sulla società e su chi non è d'accordo".

Entrando nel merito dei contenuti del discorso alla nazione, Julija Tymoshenko, economista di formazione, ha spiegato che le misure dell'attuale governo porteranno all'ingigantirsi dell'inflazione già dal prossimo autunno, in virtù del fatto che all'inizio di aprile la cresicta industriale, paragonata al solo mese precedente, ha subito una preoccupante flessione dell'1,8%. Un ribasso che, accompagnato alla politica finanziaria sbilanciata del premier Azarov e della Banca Centrale Ucraina, che si è appellata ripetutamente al Fondo Monetario Internazionale per ottenere prestiti, non consentirà al governo di reperire le risorse necessarie per innalzare pensioni e paghe sociali. Come, invece, promesso da Janukovych in campagna elettorale, e ribatito il giorno precedente.

"Negli ultimi sette mesi [quando ancora era in carica il governo Tymoshenko, n.d.a.] l'economia è cresciuta. Mese dopo mese. Di poco, ma in un momento di crisi. Ora, dopo cento giorni di presidenza Janukovych, è caduta dell'1,8%. Per la prima volta, dopo tanto tempo. Questa non è stabilità. Così come non è stabile la politica monetaria, incapace di contenere un aumento dei prezzi che, stando ai calcoli, in autunno provocheranno l'inflazione".

L'anima dell'Opposizione Democratica ha commentato anche la politica estera impostata dal capo dello Stato. La quale, orientata verso Mosca, non è né utile alla società, né concorde con la Costituzione, che certifica l'intergrazione europea come obiettivo che l'Ucraina, prima o poi, deve raggiungere.

"E' solamente retorica. Ma i passi compiuti dall'amministrazione presidenziale vanno in senso opposto. La flotta russa del Mar Nero rimarrà in Crimea fino al 2042, il sistema infrastruttirale energetico, ed i nostri gasdotti, saranno controllati da Gazprom [il monopolista russo del gas, n.d.a.] Kyiv ha definitivamente rinunciato all'integrazione nella NATO, e congelato quella con l'Unione Europea. Quelle di Janukovych in merito all'UE sono solo parole. In realtà, in Ucraina si sta andando verso un regime autoriario, lontano dagli esempi occidentali a cui, invece, noi del BJuT ci ispiriamo".

Infine, con una nota emanata dal servizio stampa del suo sito personale, Julija Tymoshenko ha rivolto un augurio ai giornalisti in occasione della giornata dedicata alla loro professione, apprezzandone l'operato e ricordando come senza il contributo di giornalisti coraggiosi e di una stampa libera, attualmente in pericolo, ad oggi l'Ucraina non sarebbe un Paese indipendente e democratico, bensì una fotocopia di Bielorussia, Russia e Kazakhstan.

"Per un politico - ha dichiarato la Lady di Ferro Ucraina ai giornalisti - è difficile rivolgere un sincero apprezzamento per il vostro lavoro. Ma io voglio farlo a cuore aperto. Grazie per il vostro duro lavoro. Ringrazio tutti voi, dai giornalisti di quartiere e delle radio locali, fino ai veterani della carta stampata e delle televisioni nazionali, perché in un periodo di censura, dove pressioni di ogni sorta rendono difficile il vostro operato, difendete uno dei principi cardine della democrazia - la libertà di stampa e di parola. Ringrazio tutti voi, che nonostante i tentativi dell'attuale governo di chiudere la bocca ai liberi giornalisti, fate sentire la vostra voce, senza la quale non ci si può sentire in un Paese forte, libero e democratico. Credo in voi giornalisti, e vi sostengo. Senza il vostro ruolo, e aiuto quotidiano, la società ha molto da perdere. Il giornalismo deve essere rispettato, anche quando non si è d'accordo con i suoi contenuti".

Matteo Cazzulani