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martedì 17 novembre 2009

SVEZIA E FINLANDIA DANNO IL VIA AL NORD STREAM

Cadute le ultime perplessità di Stoccolma ed Helsinki, che hanno siglato l’accordo per il transito del gasdotto di Gazprom che attraverso i fondali delle acque territoriali svedesi e finlandesi collegherà direttamente Russia e Germania, evitando i Paesi Baltici e la Polonia.

Nella giornata di giovedì 5 novembre 2009 il governo svedese ha dato il proprio via libera al transito del gasdotto settentrionale di Gazprom. A sorpresa, ed incoerentemente con quanto finora attuato, il ministro per l’ambiente di Stoccolma Andreas Calgren ha dichiarato che “il no svedese al passaggio del Nord Stream sarebbe contrario al diritto internazionale”. Peccato che solo pochi mesi fa era proprio questa stessa persona a guidare il fronte “ecologista” contrario alla installazione di un gasdotto sul fondale del Baltico, ove ancora si trovano residui bellici e relitti di navi affondate.

Il costo dell’opera ammonta a 8 miliardi di euro, che saranno versati dalle aziende che possiedono quote nel consorzio Nord Stream – con sede in Svizzera e il cui presidente è l’ex Cancelliere tedesco socialdemocratico Gerard Schroder, ora dipendente diretto di zar Putin – ovvero la russa Gazprom per il 51%, le tedesche E.ON e BASF per il 20, e per il resto alla olandese Gasunie e alla francese Suez-Gaz de France.

La vera vittima di questo progetto politico di cui il Cremlino si serve per colpire i propri avversari politici e per estendere la propria influenza sull’Europa è la Polonia, che risulta aggirata e che sarà costretta ad acquistare gas proveniente dall’orientale russa presso l’occidentale Germania. Un paradosso che va di pari passo con la firma dei nuovi accordi tra il colosso del gas polacco PGNiG e Gazprom per il rinnovo delle forniture di oro blu, in cui il monopolista moscovita ha imposto un aumento del prezzo senza promettere l’ampliamento del Jamal, il gasdotto che collega via terra la Russia alla Polonia. Il quale, alla luce del via libera al Nord Stream, risulta poco vantaggioso e meno importante per Mosca, che così costringe Varsavia a fronteggiare alti costi per il gas e a dipendere per intero dalle forniture russe via Germania.

Tale decisione ha suscitato la sorpresa delle autorità polacche. “Stiamo lavorando d un comunicato a riguardo” ha comunicato al quotidiano Gazeta Wyborcza Piotr Paszkowski del Ministero degli Affari Esteri. Che ha illustrato anche come la decisione svedese abbia un altissimo valore simbolico dal momento in cui questo Paese ora detiene la presidenza di turno dell’UE.

A poche ore dal via libera di Stoccolma è seguito anche quello di Helsinki. Due settimane prima anche la Danimarca aveva comunicato il proprio assenso. Ora il Nord Stream necessita soltanto della ratifica ufficiale di Germania e Russia, una pura formalità dal momento in cui questi due Paesi sono i reali costruttori del progetto.

Purtroppo, dopo il dietrofront della Svezia, Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania non potranno più fare alcunché per bloccare il gasdotto, dal momento in cui il progetto del Cremlino non interessa le acque territoriali di questi Paesi, che coerentemente e coraggiosamente hanno condotto una giusta battaglia per il rafforzamento energetico dell’Europa, contro la dipendenza dei singoli 27 Paesi UE dall’autocratica Russia di Putin.

A pochissime ore dal patto Tusk-Sarkozy, con cui Polonia e Francia hanno pianificato la creazione di un esercito unico europeo, è davvero scoraggiante constatare come ancora una volta l’idea di Europa Unita sia letteralmente collassata dinnanzi all’attrattiva del gas di Putin, che ha portato nuovamente la Vecchia Europa ad abbandonare la Nuova Europa, disinteressandosi delle sue sorti. Davvero agghiacciante anche constatare come tale fatto accade a pochi giorni dal 9 novembre, ricorrenza del ventennale della caduta del Muro di Berlino. Una barriera che, a quanto mare, nelle menti dei politici dell’Europa Occidentale ancora esiste.

Matteo Cazzulani

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