Nella giornata di lunedì 26 e martedì 27 ottobre sono iniziati i negoziati tra la russa Gazprom e la polacca PGNiG (Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo) per il rinnovo del contratto di fornitura del gas da Mosca a Varsavia.
La trattativa tra i monopoli dei due paesi è ancora in fieri, poiché malgrado un iniziale accordo tra le parti, Gazprom inspiegabilmente ha ritrattato alcune clausole concernenti le tariffe di transito del gas che Mosca dovrebbe versare a Varsavia.
Riunitisi nella capitale della Federazione Russa, gli esponenti di Gazprom e PGNiG, il ministro per l’energia russo Sergej Šmatka ed il suo omonimo polacco – anche vice premier – Waldemar Pawlak non hanno concluso un accordo che pareva oramai cosa fatta. “Sembrava tutto concordato, ma durante l’incontro conclusivo è ricomparsa la questione delle tariffe di transito, troppo onerose secondo Mosca. Dunque, abbiamo proposto un piano di ammortamento, che però Gazprom ha rifiutato categoricamente” ha illustrato il vice premier polacco. Tale piano, stando sempre alle dichiarazioni del vice premier, consisterebbe nell’incremento del numero delle rate, che così risulterebbero meno onerose per le casse russe.
Il colosso moscovita ha dichiarato di volere abbattere il costo totale, e non di ottenere uno sconto sul singolo versamento. Il tutto, malgrado le tariffe di transito a Varsavia siano già oggi le più basse versate da Gazprom ai Paesi UE. Inoltre, esse sono state stabilite in base alla legge polacca – territorio su cui sono imposte – e confermate dall’Autorità per la Regolazione Energetica. E su di esse non pende ancora alcuna mora nonostante il colosso moscovita da quattro anni si rifiuti di pagare la quota dovuta, infrangendo sistematicamente tale adempimento contrattuale.
Non solo le tariffe, poiché altri due sono i nodi responsabili dell’impasse nelle trattative. Dapprima, il gasdotto Jamal, per mezzo del quale la Russia rifornisce di gas la Polonia via terra. Dai primi anni ‘90 è in progetto un suo ampliamento per garantire un maggior afflusso di gas in territorio polacco ed una maggiore sicurezza energetica per Varsavia, ma negli ultimi tempi Mosca unilateralmente ha accantonato il progetto per concentrasi nella costruzione del NordStream, il gasdotto che collegherà Russia e Germania transitando sul fondo del mar Baltico: una vera e propria ritorsione politica contro quei Paesi tradizionalmente osteggiati dal Cremino come Repubbliche Baltiche, Polonia, Svezia e Finlandia.
In secundis, vi è la questione EuRoPol Gaz, il consorzio proprietario del Jamal. Attualmente, esso appartiene ex aequo al 48% a Gazprom e PGNiG e al 4% all’azienda Gas-Trading, che tuttavia non ha influenza alcuna nel consiglio di amministrazione. Sia la parte russa che polacca sono concordi nell’eliminare il terzo membro per controllare il consorzio al 50% ciascuno, ma Gazprom pretende un ruolo predominante all’interno della nuova EuRoPol Gaz, ad esempio nominando un numero maggiore di componenti del CdA.
Tuttavia, in questa prima tornata di trattative Gazprom è riuscita a mettere a segno un colpo importante a totale svantaggio della Polonia. Il contratto di fornitura di gas tra Gazprom e PGNiG è stato prorogato di 15 anni fino al 2037 con un incremento della quantità di oro blu che Varsavia sarà obbligata ad acquistare a 196 miliardi di metri cubi annui. L’accordo attuale prevede fino al 2015 l’acquisto di 8/9 miliardi di metri cubi ogni 12 mesi. In tal modo, Gazprom si assicura per i prossimi 30 anni il pagamento dalla Polonia di circa 60 miliardi di Dollari (stando ai prezzi dello scorso anno).
Seppure come già illustrato le trattative continueranno nei prossimi giorni, il dato politico della situazione è evidente. Mosca ha aperto ufficialmente l’ennesimo fronte della guerra del gas. Innalzando la durata contrattuale e la quantità di gas che Varsavia deve importare, il Cremlino ha dimostrato di potere interferire – quando non destabilizzare – nell’economia di un Paese sovrano appartenente all’Unione Europea. Pretendendo un ruolo di predominio per Gazprom all’interno della nuova EuRoPol Gaz, finirebbe per assumere il controllo dei gasdotti diretti in Polonia, aumentandone la dipendenza energetica. Privilegiando il progetto NordStream, punisce i propri avversari politici con la complicità di una Vecchia Europa troppo intimorita e dipendente dal gas russo.Qualora tale scenario si traducesse davvero in realtà, allora si verificherebbe la fine dell’Europa. E nessun trattato, né referendum costituzionale potrebbero risollevare più le sorti di un continente che per timore del ricatto energetico di un Paese autoritario con esso confinante ha rinnegato quello che dovrebbe essere il suo fondamento filosofico-culturale e la sua missione nel mondo: il rispetto dei diritti umani e delle libertà dell’individuo contro ogni autocrazia e dittatura. Anche contro il gas di Putin.
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