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E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

domenica 6 settembre 2009

MOSCA 2009, CRONACA (E PICCOLO VADEMECUM) DI UN TURISMO RESPONSABILE

E’ un fine settimana di tarda estate. Per molti, il week-end della partenza dalle vacanze. Per altri (perlopiù meneghini) la data del derby della Madonnina. Ma per l’associazione AnnaViva si tratta di una ricorrenza fondamentale: il 30 agosto è il compleanno di Anna Politkovskaja, la coraggiosa giornalista attorno alla cui memoria l’associazione è nata per difendere la libertà di stampa, diffondere la democrazia e tutelare i diritti umani nel mondo ex-sovietico. E’ il secondo dalla sua morte, da quando cinque colpi di pistola l’hanno zittita per sempre il 7 ottobre 2006, lo stesso giorno del compleanno dell’allora presidente (oggi primo ministro) russo Vladimir Putin.

Per questa ragione, una delegazione dell’associazione – in collaborazione con la testata Critica Sociale – è volata a Mosca per rendere omaggio a questa donna straordinaria nel giorno in cui avrebbe compiuto 51 anni. Colpisce il sorriso con cui è ritratta nella foto posta sulla sua tomba nel periferico cimitero di Troekurovo, dove è sepolta accanto a generali e militari che hanno combattuto per la “grandezza” della Russia. Ma colpisce anche constatare come prima dell’arrivo dei parenti e di alcuni colleghi di Novaja Gazeta (il giornale indipendente per cui scriveva) solo due sono le persone russe dinnanzi al suo monumento funebre: madre e figlia, semplici lettrici della Novaja, venute appositamente dalla provincia. Rimangono piacevolmente meravigliate dall’esistenza di una associazione che dall’Italia – Paese di quella Vecchia Europa tanto amica di Mosca e tanto dipendente dal suo gas da tacere sulla mancata libertà di stampa in Russia – si batte per tenere vivo il ricordo di Anna, “la più nota giornalista libera assassinata accanto a Natalia Estemirova e ad Anastasia Baburova” come da loro definita.

Scambiamo due parole anche con Dmitrij Muratov, il direttore della Novaja, rientrato appositamente dalle ferie da due ore. Con voce sommessa esordisce affermando che “in Cecenia la libertà di informazione è morta”, aggiungendo che la dolorosa decisione di ritirare i propri inviati da Groznyj è stata necessaria per evitare ulteriori vittime. Il suo tono di voce non muta quando analizza l’atteggiamento dell’Europa nei confronti di questa Russia autocratica, definito come “buono grazie al ruolo di Svezia, Polonia e Germania, eccezion fatta per Schroeder [che una volta terminato il suo mandato di cancelliere non ha esitato ad accettare la guida del consorzio Nord Stream, incaricato della costruzione dell’omonimo gasdotto che dal 2012 rifornirà di gas direttamente Berlino, aggirando membri UE invisi a Mosca come Svezia, Polonia e Stati Baltici, n.d.a.]”. Nemmeno quando, lucidamente, definisce il nuovo processo ai sospettati dell’omicidio Politkovskaja una “commedia dell’arte”, trasmettendoci lo sconforto che si prova dinnanzi ad uno Stato autocratico che inscena processi-farsa per tenere nascosta la verità.

Il ricordo di Anna continua nel pomeriggio con la visita della sua casa in via Lesnaja, 8. Una targa nera accanto alla porta d’ingresso di colore rosso vivo ricorda ai moscoviti che qui è stata uccisa. Accanto ad essa, una rosa, forse lasciata da qualche “passante responsabile” in fretta e furia, per non passare guai.

Il “turismo responsabile” di AnnaViva prevede per il giorno successivo una visita ufficiale a Memorial, l’associazione più attiva nella difesa dei diritti umani nella Russia di Putin con la quale collaborava la già citata Natalia Estemirova, assassinata pochi mesi fa per la medesima ragione di Anna: il coraggio di raccontare fatti scomodi al Cremlino. Ci accoglie Elena Žemkova, direttore esecutivo della sede moscovita. Sottolinea come la cecenizzazione del conflitto nel Caucaso abbia costretto pure Memorial a richiamare i suoi inviati non solo da Groznyj, ma dall’intera area interessata dalle operazioni militari. “La Russia – racconta – è un grande Paese che strumentalizza il passato contro i suoi nemici attuali: lo si vede in questi giorni nei confronti della Polonia, follemente accusata di essere la vera responsabile dello scoppio della Grande Guerra Patriottica [così i russi chiamano la Seconda Guerra mondiale, n.d.a.] così come è stato nei mesi scorsi con Georgia, Ucraina e Paesi Baltici”. Anche la sua analisi della situazione attuale della Federazione Russia è coerente e lungimirante: “sotto El’cyn sono state avviate importantissime riforme che hanno fruttato solo durante l’era Putin, che per questa ragione è giudicato dall’opinione pubblica un buon governante. In realtà, l’attuale primo ministro non ha fatto nulla per evitare una crisi economica che qui si è abbattuta maggiormente che altrove, preferendo spendere soldi per le Olimpiadi [in programma a Soči, sul Mar Nero, nel 2014, n.d.a.]”. Secondo la Žemkova, una soluzione concreta per una Russia più libera e democratica è riposta nella coltivazione della memoria e nello studio del passato, che Mosca deve affrontare responsabilmente, riconoscendo la barbarie del periodo sovietico.

L’ingresso della redazione della Novaja (condiviso con la Moskovskaja Pravda, a pochi minuti dalla fermata della metropolitana Čistye Prudy) conduce ad una sorta di museo contenente reperti vari, tra cui lo schermo utilizzato dalla Politkovskaja. Il solo pensiero che su di esso siano apparsi fiumi di parole tanto vere quanto scomode lascia alquanto colpiti se si ha a cuore la libertà di stampa. Così come si resta attoniti nell’osservare la scrivania sulla quale Anna lavorava: spoglia ed espressiva allo stesso tempo, posizionata accanto ad una piccola libreria di colore nero in cui sono riposte alcune delle letture preferite dalla coraggiosa giornalista.

Nella mensa interna alla redazione – una sorta di piccolo bar gestito da una simpatica babuška – risponde alle nostre domande Vitalij Jaroševskij, responsabile della pagina esteri. Lo fa di buon grado, lo si capisce dalla mole di informazioni che in poco tempo ci comunica.
“La guerra in Cecenia non è finita – debutta – ma, per cortesia, chiamiamola guerriglia. E non parliamo solo di Groznyj: le operazioni militari sono le medesime in Inguscezia e nel resto del Caucaso. Del resto – continua – la Russia ha sempre promosso politiche militari nel nord del Caucaso [dai tempi degli zar al periodo sovietico fino all’attuale Russia di Putin, n.d.a.] perché Mosca non sa come fare per mantenere il controllo sulla regione”. Anch’egli riflette sul tema della strumentalizzazione della storia per fini politici, individuandone la causa nella mancata condanna in Russia di Stalin, un “omicida patologico” ancora assurto a padre della patria per rinvigorire l’idea della velikaja Rossija (grande Russia). Afferma che “la politica estera russa è infantile, poiché colpisce chi non le sta simpatico. La revisione del patto Molotov-Ribbentrop è uno dei tanti eccessi del nazionalismo russo: si vuole colpire la Polonia? Allora la si presenta come alleata dei nazisti, quando invece è stata Mosca ad esserlo per due anni [dal 1939 al 1941, n.d.a.] e si tace sulla strage di Katyń [eccidio diabolicamente ed accuratamente progettato da Stalin nel 1940 per sterminare l’élite militare e culturale polacca, n.d.a.]; si vuole attaccare l’Ucraina? Allora nulla viene detto sull’Holodomor [la terribile carestia provocata da Stalin nel 1933 per sterminare migliaia di contadini ucraini, n.d.a.] e si insiste sulla collaborazione che molti ucraini prestarono ai nazisti in funzione anti-bolscevica; si vogliono colpire i Paesi Baltici? Ecco che anche loro sono esagitati nazionalisti alleati dei nazisti”.
C’è spazio infine per un pensiero sullo scudo spaziale USA in Europa Centrale, alla cui installazione l’amministrazione Obama sta, purtroppo, ripensando, preferendo il coinvolgimento di Paesi meno invisi a Mosca come Turchia ed Israele. “Innanzitutto, non vi è alcuna decisione ufficiale del Congresso circa la rinuncia al progetto in Europa Centrale. Poi, occorre riflettere sul perché della questione: se Mosca non fosse vista come un pericolo da cechi e polacchi, Praga e Varsavia non avrebbero acconsentito al dispiegamento di radar e missili americani sul proprio territorio”. Un’analisi seria, che raramente mi è capitato di registrare in tanti mesi di studio sulla questione. Sarebbe davvero opportuno che il Dottor Jaroševskij spiegasse come stanno le cose a molti benpensanti di casa nostra, che tanto si dilettano a giustificare Putin ed il suo regime. Spesso, persino dalle colonne dei principali quotidiani italiani.

Capitolo successivo del “turismo responsabile” consiste nella partecipazione al rally delle opposizioni in piazza Triumfal’naja, rigorosamente vietato dal sindaco Lužkov, noto omofobo ed antisemita. Si tratta di una manifestazione nonviolenta per la libertà di associazione in Russia, organizzata da realtà di diverso orientamento politico, dal partito Solidarnost’ – che comprende il movimento Drugaja Rossija (L’Altra Russia) di Garri Kasparov, la SPS (Unione delle Forze di Destra) ed i liberali filo europei di Jabloko – ai NazBol – i nazional-bolscevichi.
Per distrarre la folla, le autorità hanno disposto un ridicolo spettacolo di acrobazie in bicicletta proprio sotto il monumento a Majakovskij. Gia dalle 16:30 gli omon si posizionano nelle vie periferiche, pronti per la carica. Dalla piazza lungo tutta la Tverskaja ulica – quasi fino alla fermata del metro Puškinskaja – camion da cantiere vengono disposti lungo il lato della strada, ed il numero dei militari aumenta vertiginosamente. Se ne contano a centinaia. I manifestanti sono solo un’ottantina, tutti riuniti silenziosamente all’uscita della fermata del metro Majakovskaja. Tre di loro saranno prelevati dalla polizia, rei di aver intonato slogan ed esposto dei cartelli. Questa è la Russia di Putin, la Russia che non ci piace.
Così come non ci piacciono i militari in divisa grigio-rossa che impongono il silenzio dinnanzi alla salma imbalsamata di Lenin all’interno del tetro mausoleo in Krasnaja Ploščad’ (Piazza Rossa). Un monumento da visitare per capire cos’è davvero la Russia di Putin: un rinato impero che cambia la propria simbologia ma mantiene il medesimo stile del passato. Per questa ragione, AnnaViva ne fa l’ultima tappa del suo “turismo responsabile”.

Il “turismo responsabile”, appunto. Sarebbe scorretto chiudere senza spiegare cosa sia.
E’ una vacanza che supera i luoghi comuni, in tutti i sensi. Il “turista responsabile” si reca laddove è necessario attivarsi per la difesa della democrazia e dei diritti umani e civili. Armato di un semplice Iphone, ne documenta le violazioni e le trasmette alla rete istantaneamente. Dotato di taccuino e registratore mp3, da voce a chi si batte per la loro tutela, spesso contro governi autoritari. Il “turista responsabile” ama frequentare locali tipici, assaggiare la cucina del luogo, dedicarsi allo shopping e tirar tardi la sera in buona compagnia, ma con la consapevolezza di aver prima speso la propria giornata in maniera produttiva.
In sostanza, il “turista responsabile” non cerca sole, divertimenti e piaceri, ma si attiva per migliorare l’esistenza di donne, uomini e bambini privi del bene più prezioso che un essere umano in quanto tale possa – e ha diritto di – avere: la libertà.
Matteo Cazzulani

1 commento:

  1. Grazie Matteo, ho letto e mi piace molto quest'immagine del turista responsabile.
    Piu' si riesce a essere meglio il mondo potra' diventare.

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