Dietro alle commemorazioni per lo scoppio della seconda guerra mondiale, i primi ministri di Polonia, Russia ed Ucraina hanno segnato un nuovo inizio della crisi del gas. Apparentemente le tensioni politiche tra Mosca, Varsavia e Kyiv si sono allentate, ma de facto la dipendenza energetica della Nuova Europa dal Cremlino è aumentata.
Il primo giorno di settembre del 2009 con tutta probabilità sarà ricordato per l’imponente commemorazione dell’inizio della seconda guerra mondiale a settanta anni esatti dal suo scoppio. Meno per la ripresa del conflitto sul gas. La compresenza a Danzica del premier polacco Donald Tusk e del primo ministro della federazione russa Vladimir Putin ha consentito un vero e proprio giro di boa nelle relazioni bilaterali tra Varsavia e Mosca. Nonché, con la visita nella tarda mattinata del Capo del governo Ucraino Julija Tymošenko, il raggiungimento di importantissimi accordi sul gas, tesi ad evitare un inverno tanto rigido dal punto di vista climatico quanto rovente da quello politico. Ma che nei fatti è un boomerang che lega ancor più fortemente Varsavia e Kyiv a Mosca.
I premier polacco e russo si sono incontrati a Sopot (cittadina confinante con Danzica) nella mattinata del primo settembre 2009 a margine della commemorazione internazionale dello scoppio della seconda guerra mondiale. Come illustrato dal polacco Tusk, l’incontro è stato caratterizzato da un clima di “pace e collaborazione” volto a riavvicinare due Paesi tra i quali il dialogo è storicamente arduo e complicato. Una “situazione assurda”, poiché “una pronta intesa è stata raggiunta tra Varsavia e Berlino e tra Mosca e Berlino, ma è alquanto bizzarro che ciò non sia stato possibile anche tra polacchi e russi”.
In primis, è stato affrontato il problema dell’interpretazione storica del patto Molotov-Ribbentrop, con cui la Germania nazista e la Russia comunista de facto si accordarono per una quarta spartizione della Polonia nel settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nei giorni scorsi, Mosca ha accusato la Polonia di aver stretto un presunto accordo segreto con Hitler in funzione anti-russa, addossando su Varsavia l’intera colpa dell’inizio del conflitto, nonché l’infame – quanto infondata – accusa di essere scesa a patti con quel terzo reich che predicava la superiorità della razza ariana sugli slavi. Dopo aver dichiarato che il suo Paese “ha considerato sempre i polacchi come fratelli nella lotta al fascismo” [forse intendeva “sudditi”, n.d.a.], Putin ha riconosciuto l’esistenza di differenti interpretazioni della storia che, tuttavia, non devono interferire in un rapporto politico tra i due stati “notevolmente migliorato nel corso degli ultimi due anni”. In virtù di questa dichiarazione di intenti, il primo ministro russo aprirà ai polacchi gli atti URSS riguardanti la stage di Katyń: un eccidio diabolicamente ed accuratamente progettato con cui Stalin sterminò grandissima parte dell’élite militare e culturale polacca. Tusk ha dichiarato di considerare le dichiarazioni di Putin “molto seriamente” ed ha proposto la creazione di una apposita commissione polacco-russa sulle questioni calde del passato, affinché “i nostri Paesi non potranno più utilizzare la storia l’uno contro l’altro”.
Piccola, quanto doverosa concessione di Putin è stata la firma dell’accordo sulla navigazione nell’estuario della Vistola. Finalmente, Mosca ha accettato la riapertura delle acque territoriali al largo dell’enclave di Kaliningrad alla navigazione delle imbarcazioni polacche, vietata dopo l’ingresso di Varsavia nell’UE. Tale decisione – una ritorsione politica – costringeva le navi non russe dirette al porto di Elbląg ad assurde manovre per aggirare il tratto di mare controllato dalla marina militare del Cremlino.
Tuttavia, la questione più significativa del vertice è legata al gas, tema “che deve essere staccato da connotazioni politiche” come auspicato da Tusk. Speranza disillusa. Abilmente, Mosca si è dichiarata “pronta come in passato a rifornire la Polonia di tutto il gas a lei necessario”. Ovvero di quei 2 miliardi di metri cubi che Varsavia acquistava dalla compagnia svizzera – ma legata a Gazprom – RosUkrEnergo (RUE) prima che Kyiv fosse costretta a rescindere con essa il contratto per le forniture a seguito dell’ultima crisi dello scorso inverno, quando Mosca – per ritorsione alla legittima quanto storica vocazione europea ed occidentale dell’Ucraina – chiuse i rubinetti e pretese dal vicino il pagamento di un prezzo più alto rispetto a quello stabilito da precedenti accordi. La decisione di Varsavia di acquistare gas dall’Ucraina è stata dettata dalla necessità di diversificare le forniture, stabilendo inoltre un tetto alla quota di importazione diretta dalla Russia. Tuttavia, “se la Polonia vorrà alzare questo limite si dovranno rivedere gli accordi bilaterali. Una questione puramente tecnica” come dichiarato da Putin, ma che in realtà nasconde un lungimirante calcolo politico.
Già negli scorsi mesi la polacca PGNiG (Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo) ha chiesto a più riprese a Gazprom un aumento delle forniture, ottenendo come risposta la pretesa di rivedere le quote di partecipazione in EuRoPol Gaz, società proprietaria del gasdotto che rifornisce la Polonia: finora, Gazprom e PGNiG ne possiedono il 48% ex aequo; il restante 4% appartiene all’azienda Gas-Trading, a sua volta partecipata per il 43,4% da PGNiG, per il 16% da Gazprom e per il 36% da Bartimpex, il più importante partner dei russi in Polonia. Gazprom vuole fortemente incrementare la sua presenza in EuRoPol Gaz al 50%, arrivando così alla maggioranza delle azioni della società se si considera lo schiacciante predominio di Gazprom-Bartimpex in Gas-Trading.
Più semplicemente, il Cremlino vuole il possesso dei gasdotti polacchi. Per questo ha sempre respinto ogni proposta di Varsavia di suddividere la società proprietaria del gasdotto unicamente tra PGNiG e Gazprom al 50% ciascuno, eliminando il terzo partner. E per questo Putin si è sempre opposto alla costruzione di un secondo gasdotto russo-polacco – previsto da precedenti accordi firmati nel 1993 con l’allora capo del governo Jerzy Buzek (oggi presidente del Parlamento Europeo) – preferendo sviluppare il progetto Nord Stream, antieuropeo ed ecologicamente pericoloso ma benedetto dalle cancellerie occidentali – Berlino, Roma e Parigi in testa – che lungo il fondale del Baltico dal 2012 rifornirà direttamente la Germania, saltando Paesi sul piano politico ragionevolmente ostili a Mosca, quali Svezia, Polonia e Stati Baltici.
Oltre che con Varsavia, Putin ha stretto patti “gasati” anche con Kyiv. Giunta a Sopot nella tarda mattinata, il premier ucraino Julia Tymošenko ha rinnovato gli accordi di fornitura di oro blu con Gazprom, ottenendo in cambio la possibilità di pagare soltanto il gas effettivamente consumato e non dell’intera quantità stabilita per contratto come in passato. La ratifica avrà luogo il prossimo ottobre nella città ucraina di Char’kiv in occasione della riunione del Comitato di Collaborazione Economica, a cui il primo ministro russo è stato appositamente invitato.
Tutti gli Stati che un tempo erano inclusi nel Patto di Varsavia sono fortemente dipendenti da Mosca per il gas. La Polonia lo è all’89%; l’Ucraina quasi totalmente. Tuttavia, occorre che i governanti di questi Paesi siano ben più lungimiranti rispetto ai loro colleghi dell’Europa Occidentale ed impediscano la svendita dei gasdotti al Cremlino, la cui sopravvivenza economica è legata unicamente al gas, arma utilizzata per ristabilire il dominio moscovita su quell’”estero vicino” che legittimamente e in maniera sovrana ha preferito l’occidente, la NATO e l’UE.
Un misero sconto sul prezzo dell’oro blu non può essere accettato a costo dell’indipendenza da un impero risorto con tutta la sua furbizia aggressiva, che minaccia un’Europa ancora colpevolmente ignara sul pericolo che esso rappresenta.
Matteo Cazzulani
Attenzione / Attention / Uwaga / Увага
E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.
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