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giovedì 9 settembre 2010

FUSIONE GAZPROM-NAFTOHAZ, FRENO DI AZAROV. VIA LIBERA AL NABUCCO


FOTO UNIAN. Kyiv cauta sul progetto di fusione tra i colossi del gas ucraino e russo, ed esorta Mosca a desistere sul SouthStream. Semaforo verde al Nabucco.

Partnership alla pari, sì. Fusione incondizionata, no. Secco, e sorprendente, è il messaggio lanciato dal primo ministro ucraino, Mykola Azarov, in merito al progetto di fusione tra il colosso energetico del suo Paese, Naftohaz, con quello russo, Gazprom. Un'idea, caldamente proposta dal premier russo, Vladimir Putin, la scorsa primavera, a Sochi, su cui Kyiv e Mosca hanno lavorato negli ultimi mesi. Nella giornata di mercoledì, 8 settembre, l'altolà di Azarov, espresso dal portavoce, Vitalij Luk'janenko: la fusione è un passo azzardato. Meglio una partnership molto stretta, purché, sempre, a pari condizioni.

Quella, seppur indiretta, di Azarov è una conferma di quanto precedentemente affermato dal ministro dell'energia, Jurij Bojko, che all'agenzia UNIAN ha scartato l'ipotesi di una fusione tra i due colossi in un supermonopolista, e ribadito che nell'operazione, realizzabile sia sotto forma di stretta partnership che di associazione, la parità di peso tra Kyiv e Mosca è condicio sine qua non per un buon esito delle trattative.

"Non preventiviamo - ha commentato all'agenzia UNIAN - la fusione tra Naftohaz e Gazprom. Sarebbe preferibile un'unione delle due compagnie. Per noi - ha continuato - fondamentale è modernizzare il sistema infrastrutturale energetico nazionale, ed ottenere prezzi più a buon mercato del gas. In base a queste richieste - ha concluso - elaboeremo una proposta a Mosca".

Le dichiarazioni di premier e ministro dell'energia ucraini arrivano l'indomani di quelle del capo di Gazprom, Oleksej Miller, secondo cui la parte russa non è affatto interessata ad un'impresa comune, né ad una semplice collaborazione. Altresì, essa mira ad una fusione tout court, per la quale è disposta a concedere a Naftohaz lo sfruttamento di un giacimento dalla portata - potenziale - di 1 trilione di metri cubi.

"Le due compagnie devono fondersi - ha sentenziato - la partnership e l'unione sono solo i primi passi verso la creazione di un supermonopolista. Quando parliamo di comune impresa lo facciamo intendendo una fusione".

Comune impresa, unione, partnership o fusione che sia, di strada Kyiv e Mosca ne hanno percorsa già molta. Successivamente al consiglio di Putin, nel maggio scorso, Bojko ha dichiarato la disponibilità, da parte ucraina, di mettere a disposizione del futuro supermonopolista il giacimento di gas del Mar Nero. E, sopratutto, possesso, e manutenzione, dei gasdotti ucraini. In cambio, lo scorso 27 giugno Miller ha messo a disposizione alcuni giacimenti del centro della Russia.

Tuttavia, lo stop di Azarov non convince gli esperti sulla reversibilità del progetto di fusione, dal momento in cui l'inverno è alle porte, e, per affrontarlo, Kyiv necessita di gas a buon mercato. Pertanto, il tempo giocherebbe a favore di Mosca, abile nel fissare le sue proposte nei tempi necessari. Opinione condivisa dal ministro-ombra dell'energia, Oleks Hudyma, che ha invitato a tenere conto di come, solo negli scorsi giorni, Naftohaz si sia indebitata con la banca russa BTB, cui capo del Consiglio di Amministrazione è lo stesso Vladimir Putin. 400 milioni di dollari USA l'entità del prestito, erogato, in tranche periodiche, fino al 2013.

"Naftohaz - ha illustrato l'esponente del Blocco Tymoshenko - ha già accantonato la dote per il matrimonio con Gazprom. Negli scorsi giorni sono stati messi sul piatto 700 milioni di dollari, 400 dei quali presi a credito dalla Russia. Presto arriverà l'inverno, ed il Cremlino è avantaggiato nell'imporre le sue condizioni, facendo leva sul prezzo del gas".

Forse è proprio in vista dell'arrivo del generale inverno che l'Ucraina ha cercato rinnovare le forniture di gas turkmeno. Come riportato dall'agenzia Rosbalt, nella giornata di Domenica, 5 settembre, una delegazione, capeggiata dal viceministro degli esteri, Viktor Majko, si è recata ad Ashgabat. Nessuna certezza dai colloqui, ma sono in molti tra gli esperti ad essere convinti che, questa volta, l'accordo sarà ben lungi dall'essere raggiunto. Tra gli altri, Volodymyr Saprykin.

Da un lato, il Direttore dei programmi energetici del Centro Razumkov ha riconosciuto che il peggioramento delle relazioni russo-turkmene - sopratutto a seguito dell'incidente, di cui sarebbe responsabile Mosca, di una conduttura deputata all'esportazione del gas di Ashgabat all'Europa - apre gli spazi per un nuovo accordo con Kyiv. Ma, dall'altro, ha evidenziato che, qualora ne fosse rinnovata l'esportazione all'Ucraina, l'oro blu turkmeno giocoforza dovrebbe transitare per il territorio russo. Una prospettiva che Mosca, esclusa dall'affare, ed interessata a rifornire Kyiv di proprio combustibile, difficilmente permetterà.

"Bisogna comprendere - riporta la nota di Saprykin - che la fornitura di gas non è una questione solamente economica. Bensì geopolitica. E da questo punto di vista, Mosca non permette il transito di gas che non controlla attraverso il suo territorio. E ciò, sebbene oggi i rapporti con Kyiv siano nettamente migliori. Per Mosca, il gas turkmeno vale molto di più rispetto alle relazioni con l'Ucraina. Dunque, escludo un accordo con Ashgabat".

Lecito ricordare che il gas turkmeno, meno caro di quello russo, è sempre stato ambito da Kyiv. Già nel 2001, l'allora vicepremier con delega agli affari energetici, Julija Tymoshenko, riuscì ad assicurarsi, per quindici anni, una fornitura costante di oro blu turkmeno. Un successo politico della Lady di Ferro ucraina. Purtroppo, reso vano dall'ex-presidente, Viktor Jushchenko, che, nell'inverno 2006, dinnanzi all'interruzione delle forniture di Mosca, accettò la creazione di RosUkrEnergo: una joint venture russo-ucraina, compartecipata da Gazprom e Naftohaz, registrata in Svizzera, incaricata di vendere tale gas a Kyiv. De facto, l'Ucraina fu costretta a cedere all'intermediaro il monopolio dell'importazione del gas turkmeno, diminuendone la convenienza per il proprio bilancio.

All'incontro di Ashgabat, il Cremlino ha risposto prontamente. L'ambasciatore della Federazione Russa in Ucraina, Mikhail Zurabov, ha annunciato l'imminente visita del primo ministro russo, Vladimir Putin, per rinnovare gli accordi sulle forniture di gas. Il diplomatico ha sottolineato come a Mosca sia ben chiaro il bisogno che a riguardo ha la parte ucraina. Per questa ragione, Putin è intenzionato ad intavolare la discussione già nelle prossime settimane, senza aspettare la settima sessione della Commissione per la Cooperazione Economica russo-ucraina, prevista per il prossimo 26 ottobre.

"L'incontro - ha dichiarato - si farà. Le consultazioni dureranno per il seguente mese e mezzo. Inoltre - ha continuato - per un migliore accordo sul gas, che soddisfi la parte ucraina, riteniamo utile che Kyiv si integri maggiormente in quelle strutture internazionali appositamente create. In particolare, nell'Unione Doganale con Bielorussia, Kazakhstan e Russia, e nel sistema di collaborazione euroasiatica. Accanto a ciò, il processo di stretta collaborazione tra Mosca e Kyiv, in diversi settori, deve continuare".

Uno degli ambiti è quello dell'energia nucleare. Già nel maggio scorso, il primo ministro ucraino, Mykola Azarov, ha dichiarato di aver raggiunto un'intesa con Mosca per la comune costruzione di una centrale nel proprio Paese. Successivamente, il 21 giugno, è stato indetto un bando per l'assegnazione della partnership. Vinto, martedì 7 settembre, dal consorzio statale russo TVEL. A renderlo noto a Radio Liberty, Svitlana Merkylova, rappresentante in Ucraina della compagnia americana Westinghouse. L'unica, assieme ai russi, ad aver preso parte al concorso.

"Abbiamo ricevuto una comunicazione - ha spiegato laconicamente - in cui, ringraziandoci per la partecipazione, ci è stato notificato che la commissione giudicatrice ha assegnato il bando a TVEL".

Per Mosca non è finita qui. Nella giornata di lunedì, 6 settembre, alcune banche internazionali hanno dato il via libera al Nabucco: gasdotto euroamericano, progettato per trasportare gas centroasiatico direttamente nel Vecchio Continente, bypassando il territorio russo. Il semaforo verde, l'erogazione di prestiti al consorzio incaricato di construire la conduttura, di cui fanno parte la compagnia tedesca RWE, la bulgara Bulgargaz, l'ungherese MOL, la rumena Transgaz, la turca Botas e l'austriaca OMV.

Secondo quanto riportato dall'agenzia Bloomberg, e confermato da quella russa Lenta.ru, la Banca Europea degli Investimenti si è impegnata per 2 miliardi di euro, quella per lo Sviluppo e la Ricostruzione per 1,2, e la Banca Mondiale per 800 milioni. I restanti 8 miliardi, infine, saranno erogati dal bilancio del consorzio e da investitori privati. I lavori per la conduttura inizieranno nel gennaio 2011, con lo scopo di renderla operativa dal 2014. La portata del Nabucco, inizialmente fissata a 17 miliardi di metri cubi annui, è stata innalzata a 31 miliardi.

L'infrastruttura in questione è concorrente al SouthStream: conduttura, di progettazione russo-italiana, ideata, su un simile itinerario, per bypassare Paesi agli occhi del Cremlino instabili, come Ucraina, Moldova e Romania. Essa, dal 2015, trasporterà oro blu dalla Russia all'Italia, attraverso il fondale del Mar Nero, Grecia e Paesi Balcanici. Oltre a Gazprom ed ENI, alla realizzazione di quello che è stato battezzato "gasdotto ortodosso" partecipano la francese Suez Gaz de France, la già citata tedesca RWE, la serba Srbtransgas, la bulgara Bulgaria Energy Holding e la greca DEFSA.

Il progetto, la cui presidenza è stata offerta a più riprese all'ex premier italiano, Romano Prodi - sul modello di quanto avanzato, ed accettato, per il NordStream all'ex cancelliere tedesco, il socialdemocratico Gerard Schroder, oggi dipendente di Putin - è contrastato da Kyiv, che rischia l'isolamento. Per far desistere i russi dalla realizzazione del Southstream, l'Ucraina, dapprima, ha proposto la condivisione del proprio sistema infrastrutturale energetico. Successivamente, avanzato dubbi di carattere ecologico, sostenendo che la posa delle tubature potrebbe seriamente comprometere l'ecosistema del Mar Nero.

A ribadire, di recente, tale obiezione, il ministro degli esteri ucraino, Kostjantyn Hryshchenko, a Londra per una visita di lavoro. Come riportato dall'agenzia tedesca Deutsche Welle, il capo della diplomazia di Kyiv avrebbe esortato Mosca ad abbandonare un progetto a lei politicamente sconveniente. Nonché, ad alto impatto ambientale. Ciò nonostante, difficilmente la parte russa rinuncerà al gasdotto ortodosso. Il quale consentirà a Mosca di insturare un collegamento diretto con gli stretti alleati della parte occidentale del Vecchio Continente, assetati di gas e bisognosi dell'oro blu sulla cui esportazione Gazprom detiene il monopolio. Una dipendenza che, troppo spesso, condiziona la condotta della Vecchia Europa, sia sul piano energetico che, purtroppo, geopolitico.

Matteo Cazzulani

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