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giovedì 28 gennaio 2010

UCRAINA, LUCENKO SFIDUCIATO. CAMPAGNA TRA TOTOPREMIER E CRISI DI GOVERNO


Tihipko, Bojko o Azarov: ecco chi potrebbe essere il prossimo primo ministro ucraino in caso di vittoria di Janukovych o Tymoshenko alle presidenziali di domenica 7 febbraio. Nel frattempo nella giornata di giovedì 28 gennaio il Ministro degli Interni è stato dimissionato dal voto di sfiducia della Rada che apre l’ennesima crisi politica interna al Parlamento.

Una coalizione formata dai 171 deputati del Partija Rehioniv di Janukovych, dai 27 comunisti, da 11 di Nasha Ukrajina – il partito del presidente uscente Viktor Jushchenko – dai 19 del Blocco Lytvyn e da un dissidente del Blocco Tymoshenko ha votato a favore delle dimissioni di Jurij Lucenko, ministro degli interni in quota BJuT ritenuto responsabile dello scandalo “Ucraina”, poligrafica di stato nella quale sarebbero state stampate schede elettorali inesatte e – stando ad accuse non provate – già falsificate. Contrari alle dimissioni soltanto 18 deputati del Blocco Tymoshenko, 1 di quello di Lytvyn e 8 di Nasha Ukrajina. 140 gli astenuti (118 BJuT, 20 NU e 1 BL).

In ogni caso Lucenko rimane ministro degli interni, poiché saggiamente la premier Tymoshenko poche ore prima lo ha nominato viceministro del dicastero da lui stesso presieduto. Una decisione “per salvaguardare una persona innocente che si limitava a sorvegliare sulle vere falsificazioni del voto da parte del partito di Janukovych, non solo nell’est del Paese” ha dichiarato la Lady di Ferro ucraina, prevedendo l’esito della successiva votazione.

Il dato politico è tuttavia inequivocabile: in Ucraina la maggioranza di governo – composta dal Blocco Tymoshenko, Blocco di Lytvyn e da alcuni deputati di Nasha Ukrajina fedeli agli ideali della rivoluzione arancione [oramai incarnati solo dalla Tymoshenko, n.d.a.] è stata battuta, ed ora a Kyiv si va verso una crisi parlamentare che solo un nuovo presidente potrà risolvere nominando un primo ministro di sua fiducia in grado di traghettare il Paese alle prossime parlamentari.

Così, ulteriore benzina viene gettata sul fuoco di una campagna elettorale già di per sé vivace e profondamente vissuta, a differenza di quella per il primo turno. Paradossalmente però, suscita maggiore interesse il dibattito sul nome del prossimo primo ministro piuttosto che su quello del presidente.

Come già riportato in un articolo precedente, in cambio della dichiarazione di apparentamento la candidata più liberale Julija Tymoshenko ha offerto il posto di primo ministro a Serhij Tihipko, ex Capo della Banca Centrale Ucraina e terzo classificato al primo turno con un 13% dei consensi che consentirebbe alla Lady di Ferro ucraina di rimontare il 10% di svantaggio nei confronti di Viktor Janukovych.

Tihipko ha rifiutato, dichiarando di non voler appoggiare nessuno dei concorrenti rimasti in corsa per la poltrona presidenziale e sostenendo che la sua missione politica ora consiste nel rafforzare il suo partito “Silna Ukrajina” in vista delle prossime elezioni parlamentari e locali.

Tuttavia, in successive dichiarazioni l’ex capo della BNU si è detto “sicuro di essere il prossimo premier”, senza tuttavia voler chiarire i reali motivi di tale sicurezza. Voci si sono subito rincorse su una possibile simile offerta avanzatagli da Janukovych. Altre indiscrezioni invece smentiscono categoricamente l’ipotesi di Tihipko primo ministro, ribadendo la volontà dell’interessato ad ottenere un buon risultato alle parlamentari e a sfidare l’indipendente Leonid Chernovec’ki alle prossime comunali di Kyiv per diventare sindaco della Capitale.

Del resto, persino gli stessi protagonisti del ballottaggio hanno negato l’esistenza di contatti tra Janukovych e Tihipko. Julija Tymosenko si è detta sicura che in caso di vittoria del rivale, premier sarà nominato Jurij Bojko, capo del colosso energetico nazionale Naftohaz dal 2002 al 2005. Il diretto interessato smentisce, e il candidato filorusso nega di avere già deciso la propria squadra di governo da insediare alla Rada una volta diventato presidente.

Tuttavia, nelle ore successive l’ex vicepremier nonché premier ad interim durante la rivoluzione arancione del 2004 Mykola Azarov – appartenente al Partija Rehioniv – ha avanzato la propria candidatura, ritenendo di essere “in grado di diventare il prossimo premier in quanto responsabile dello staff elettorale di Janukovych” per cui ha compiuto “un colossale lavoro”.

Altrettanto prontamente è arrivata la smentita da parte di una fonte dello stato centrale del Partito filorusso, secondo la quale “Azarov rappresenta solo sé stesso ed ha pari possibilità di diventare premier rispetto ad altri importanti membri del partito, ad esempio Rinat Achmetov” – oligarca della regione di Donec’k e primo finanziatore della campagna presidenziale di Janukovych.

Altre indiscrezioni invece evidenzierebbero come in caso di vittoria di Janukovych i ruoli delle persone sopra citate siano già stati stabiliti: Achmetov ministro dei trasporti, Bojko dell’energia, Azarov (forse) vicepremier; primo ministro diventerebbe un altro esponente del clan di Donec’k, Borys Kolesnykov, mentre Serhij L’ovochkin – attuale presidente della BNU nel governo ombra del Partija Rehioniv, ex candidato nel Blocco di Lytvyn ed ex consigliere di Leonid Kuchma – diventerebbe il Capo della Segreteria del Presidente oppure della stessa Banca Nazionale Ucraina.

A prescindere dalle indiscrezioni, l’unico dato certo è che l’attuale composizione della Rada – nella quale la maggioranza di governo (Blocco Tymoshenko, Blocco di Lytvyn e alcuni deputati del partito di Jushchenko Nasha Ukrajina) governa con solo due deputati di vantaggio – permetterà al neoletto presidente di dimissionare l’attuale premier e di nominarne uno di propria fiducia. Si tratterebbe del classico “walzer delle poltrone” a cui Kyiv ultimamente ci ha abituato, e che purtroppo non è estraneo nemmeno alla politica di casa nostra.
Resta solo la speranza che chi deciderà l’assegnazione dei prossimi dicasteri – ovvero il prossimo presidente dell’Ucraina – venga designato con elezioni regolari senza brogli né macchinazioni da parte dell’uno o dell’altro candidato. Solo così l’Ucraina sarà si politicamente ancora instabile, ma nel contempo democraticamente un poco più matura.

Matteo Cazzulani

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