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venerdì 2 luglio 2010

UCRAINA: LA CLINTON BENEDICE LO SCHIAFFO ALLA NATO


La Rada ha approvato in definitiva il piano di politica estera ed interna, che riavvicina Kyiv alla Russia. Dimissionati due ministri del governo Azarov.

Un colpo al cerchio ed uno alla botte. Ma è solo apparenza. In realtà, dietro alle decisioni della Rada, riunita nelle sessioni plenarie di inizio luglio, si nasconde lo zampino della verticale del potere Janukovych-Azarov, per l'occasione supportata da un ospite d'eccezione: il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, in visita ufficiale a Kyiv.

Iniziando con la pietanza più dolce, e cronologicamente più lontana, la Rada, nella mattinata di venerdì, 2 luglio, ha dimissionato due ministri del governo Azarov. Il primo è Volodymyr Semynozhenko, vicepremier con delega agli affari umanitari, celebre per aver apertamente sostenuto l'ipotesi di una confederazione russo-ucraino-bielorussa. E' stato sfiduciato dal Parlamento su iniziativa del Blocco Tymoshenko, che su relativa proposta della giovane deputata Ol'ha Bondar, e per conto di tutta l'Opposizione Democratica, ha raccolto ampio consenso, anche tra esponenti del Partija Rehioniv.

Un fatto che, accanto al successo, indiscutibile, dell'opposizione, lascia comunque aperto il sospetto di una vendetta intestina alla maggioranza. Non è un mistero, infatti, la rivalità tra il dimissionato Semynozhenko, che già nel 2004 lasciò il partito di Janukovych per abbracciare la rivoluzione arancione, salvo poi cambiare idea, ed il ministro dell'istruzione, Dmytro Tabachyk. Proprio costui, noto per le sue per le sue tendenze ucrainofobe, da tempo ambisce apertamente al posto occupato da Semynozhenko. Tuttavia, stando ad alcune indiscrezioni, la poltrona potrebbe essere affidata alla spalla di Janukovych, Hanna Herman, figura all'apparenza più rassicurante, oggi vice capo dell'amministrazione presidenziale.

Ad avvalorare l'ipotesi della fronda interna alla coalizione di governo è anche il secondo dimissionamento, quello di Jurij Bojko. Indipendente, senza tessera di partito, è stato nominato ministro delle politiche ambientali su raccomandazione del Blocco Lytvyn, forza politica minoritaria, entrata nella maggioranza dopo aver tradito Julija Tymoshenko, all'indomani della sconfitta della Lady di Ferro ucraina alle presidenziali del febbraio 2010. Successivamente alle dimissioni di Semynozhenko, una simile votazione del Parlamento ha riservato il medesimo trattamento a Bojko, immediatamente rimpiazzato da un esponente del Partija Rehioniv, Mykola Zlochevs'kyj, nominato dal premier Azarov in persona già durante la seduta.

Dunque, sebbene l'immagine del governo sia apparsa traballante, in realtà il siluramento dei due ministri non sarebbe altro che una resa dei conti interna alla coalizione di governo, atta a rafforzare l'egemonia, già imperante, del Partija Rehioniv, infastidito dai mal di pancia degli alleati: Blocco Lytvyn e comunisti. Infatti, la stessa forza politica è riuscita ad imporre la modifica del regolamento elettorale per le prossime amministrative di fine ottobre, a cui potranno partecipare, in liste rigorosamente bloccate, solo i partiti, ma non i blocchi, le alleanze e le forze politiche costituitesi nell'ultimo anno. Una decisione, apretamente antidemocratica, che impedisce a giovani leader di esordire, ed esclude tutte le forze politiche dell'opposizione: Blocco Tymoshenko e Blocco Nasha Ukrajina-Narodna Samooborona in primis. I quali, unione di diversi partiti, si sono presentati agli elettori come "Blocchi", e non partiti.

La pillola più amara è arrivata nel pomeriggio. 259 deputati, su 279 registrati, ha approvato il piano di politica estera ed intena dell'Ucraina. Nello specifico, tutti i 171 del Partija Rehioniv, i 27 comunisti, i 19 del Blocco Lytvyn, i 4 indipendenti, con l'ausilio di 25 fuoriusciti del BJuT, e di 13 di Nasha Ukrajina - fedelissimi dell'ex presidente Viktor Jushchenko, perennemente in odore di inciucio con Janukovych - hanno votato a favore di un documento, presentato dal Capo di Stato stesso, che pone la neutralità dall'occidente, il miglioramento dei rapporti con Mosca, la rinuncia all'integrazione nella NATO e la garanzia dello sviluppo della lingua russa accanto a quella ucraina come obiettivi dell'attività politica del governo per i prossimi cinque anni.

Un documento, come sottolineato dall'esponente del Blocco Tymoshenko, Oleh Ljashko, che cancella i progressi degli ultimi anni, e riporta il Paese all'epoca del presidentissmo Kuchma, quando, de facto, la politica di Kyiv era decisa dal Cremlino. A nulla è servita nemmeno la denuncia dell'esponente di Nasha Ukrajina, V'jacheslav Kyrylenko, che ha denunciato irregolarità nelle operazioni di voto, in quanto ad esso avrebbero partecipato meno deputati della maggioranza di quanti effettivamente fossero presenti in aula.

Ma, per chi ha l'Ucraina nel cuore, con le sorprese a tinte fosche non è finita qui. Difatti, appreso l'esito della votazione, soddisfazione è stata espressa dal Segretario di Stato USA Hillary Clinton, nuovo alleato di Janukovych, in visita ufficiale in Ucraina. "Kyiv - ha dichiarato l'esponente dei democrats nella conferenza stampa di fine missione - ha raggiunto una stabilità che ci permette di collaborare con più sicurezza. In molti ritengono che l'Ucraina debba scegliere tra l'occidente e la Federazione Russa. Io non sono d'accordo. Credo, infatti, che la scelta di mantenere una posizione di equilibrio, votata oggi dal vostro [ucraino, n.d.a.] parlamento, sia la soluzione migliore per la stabilità dell'area. Gli USA esprimono piena soddisfazione".

Parole agghiaccianti, che certificano come il nuovo corso della politica americana abbia definitivamente abbandonato quei Paesi che da anni, dopo una lunghissima, e pesantissima, dominazione sovietica, chiedono solo libertà, democrazia, giustizia, ed integrazione con l'occidente. Oggi, chi si batte per questi valori in Ucraina si sente ancora più solo. E disorientato, dinnanzi al gemellaggio stretto tra l'amministrazione del tanto osannato presidente Obama e Janukovych. In nome del filorussismo, dell'opportunismo, ed in barba aquegli ideali, democrazia e diritti umani, che gli Stati Uniti hanno sempre dichiarato di voler difendere ovunque nel mondo.

Matteo Cazzulani

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