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E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

domenica 28 marzo 2010

SAMBIR: PICCOLO SPACCATO DELLA CRISI ARANCIONE

Anche nella graziosa cittadina al confine tra la regione di Leopoli e la Transcarpazia si percepisce la delusione di chi nel 2004 accorse sul Majdan per un'Ucraina giusta, democratica ed europea.

Sambir, grazioso centro abitato a 95 chilometri sud-est di Leopoli, 30 dalla Transcarpazia. Qui vivono circa 37 mila persone, eredi di una storia cittadina di tutto rispetto: passata dal principato di Halych-Volodymyr alla Corona Polacca, ha presto ottenuto lo status di città per mezzo dell'estensione del diritto di Magdeburgo, un privilegio di cui pochi centri urbani allora potevano godere. Poi avvenne l'Unione di Lublino, e Sambir (Sambor in polacco) diventò parte del voivodato di Leopoli in quella Repubblica delle due Nazioni Polacco-Lituana ove fino a metà '600 tutte le fedi e le confessioni erano tollerate, a differenza che nel resto dell'Europa ove imperversavano saguinose guerre di religione.

Successivamente le spartizioni e la dominazione asburgica, degna di nota per aver collegato la cittadina con il resto della regione con moderne infrastrutture. Esse però non saranno più rinnovate. Sopratutto sotto la dominazione sovietica che anche qui come altrove nell'Ucraina occidentale ha colpito duramente la popolazione locale che rifiutava la russificazione forzata.

"Sambir è stato anche il rifugio di Gryshka Otrep'ev: il primo dei "falsi Dmitrij" che mise in ginocchio la Moscovia a cavallo tra la fine del '500 e l'inizio del '600" ci tiene a spiegarmi poco prima della pausa pranzo Ivan, giovane guida appena laureatasi in storia. "Sembra una cittadina indifferente alla politica, ma l'ultima campagna presidenziale è stata combatutta, malgrado qui siano tutti delusi" afferma incalzato da una delle mie solite domande.

In effetti il buon Ivan ha ragione. A due passi dalla Ratusha - la torre principale al centro della città, sede dell'amministrazione cittadina - non ci sono solo le due chiese greco-cattolica e ortodossa (dove riposano le spoglie di San Valentino, in Italia patrono di Terni), ma anche sedi di partiti che qui tradizionalmente raccolgono ampi consensi.

Mi stacco dalla noisosa comitiva turistica e capitalizzo il tempo libero per soddisfare le mie curiosità. A muri, quadri e monumenti preferisco il contatto con la gente. Sono fatto così. Del resto ho due ore abbondanti da spendere qui. E la gente è davvero disponibile, sorridente e sorpresa dalla presenza in città di un reporter italiano interessato alla loro vita politica.

"Fino al 2002 qui abbiamo votato tutti per il Narodnyj Ruch [primo movimento di opposizione anticomunista ad essersi formato inizialmente come movimento culturale, n.d.a.]" mi spiega il signor Volodymyr, nato, vissuto e sposato qui a Sambir. "Poi è stata la volta di Jushchenko e del suo blocco "Nasha Ukrajina", fino alla rivoluzione arancione" continua. Mi comunica di avere nutrito grandi speranze nella figura dell'ex presidente al punto di prendere moglie e figlie ed accorrere a Kyiv per prendere parte alle manifestazioni nonviolente contro l'autocratico presidente Kuchma.

"E' dalla firma del memorandum e degli accordi di coalizione con Janukovych che ho perso la fiducia in Jushchenko. Vederlo nominare il delfino di Kuchma [Janukovych, n.d.a.] premier nel 2006 mi ha indignato profondamente. Da allora non ho più votato per lui" sottolinea con emotività.

Tale orientamento è condiviso dalla maggior parte degli abitanti. Sambir è sì nella provincia di Leopoli, ma si trova a soli 30 chilometri dalla Transcarpazia, roccaforte di Nasha Ukrajina dove nelle ultime elezioni non a caso ha vinto Janukovych. "Io ho votato per Tymoshenko. Julija mi rappresenta meglio di tutti gli altri candidati" esclama la signora Ol'ha.

Più obiettiva e meno militante è la signora Tetiana: "non è il massimo dell'onestà, può anche essere così. Ma è l'unica che ha parlato ai nostri cuori e che ha sempre dimostrato di avere il benessere e l'indipendenza del Paese come principio della sua attività politica. Ho fiducia in lei, sopratutto ora che guida l'opposizione. Mio marito invece ha continuato a votare per Jushchenko, ma al secondo turno non se l'è sentita di seguire l'orientamento del presidente uscente ed ha votato anche lui per Julija".

Così come il resto dell'Ucraina occidentale, Sambir è passata dall'aperto sostegno a Jushchenko ad essere roccaforte del voto per la Tymoshenko, il cui blocco ha vinto le parlamentari anticipate del 2007 e al primo turno delle presidenziali ha portato la Lady di Ferro ucraina a trionfare quasi in ogni seggio. Alle sue spalle Jushchenko, forte solo grazie all'appoggio dei nazionalisti, poi il giovane rampollo della politica ucraina Jacenjuk.

Anche l'ubicazione delle sezioni elettorali della cittadina è esplicativa: quella del Blocco Tymoshenko alle spalle dell'Università, accanto al monumento in ricordo delle vittime della dominazione sovietica; quella di Nasha Ukrajna più in centro, ma condiviso con il Congresso dei Nazionalisti Ucraini, dei cui voti ha oramai estremo bisogno per mantenersi tra le prime tre forze politiche della cittadina.

Non è da un paesino di qualche migliaia di abitanti che si deduce una tendenza politica nazionale. Tuttavia è possibile comprendere come anche sul territorio la "gente comune" vive una forte delusione in seguito ai tradimenti di quegli ideali del Majdan di democrazia, giustizia ed europa in cui nel 2004 aveva fortemente creduto.

"Una manciata di minuti di marshrutka e siamo alconfine con la Polonia. Lì inizia quell'Europa che sognamo, sopratutto noi giovani. L'unica che ce l'ha promessa per davvero è stata Julija Tymoshenko, non Jushchenko che per noi qui oramai è poco credibile" mi spiega Danylo, giovane studente del paese.

Peccato che sia l'Europa a non volere l'Ucraina, e a provocarne così l'abbandono nelle mani dei primi ministri e degli oligarchi dell'est del Paese russofoni, dei ministri dell'istruzione ucrainofobi e dei presidenti graditi a Mosca, pronti a svendere al Cremlino il patrimonio culturale ed energetico di uno Stato che con fatica ha lottato, e lotta anche oggi, per la propria Indipendenza e per il ritorno a quell'Europa a cui appartinene.

Matteo Cazzulani

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