Attenzione / Attention / Uwaga / Увага

E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

domenica 5 luglio 2009

BIELORUSSIA, LA CALDA ESTATE POLITICA IN UN PAESE SULL’ORLO DELLA CRISI DEL GAS

La scelta del candidato delle opposizioni, il mancato riconoscimento di Ossezia del sud ed Abchazja, la liberazione della “spia” americana Zeltser sono nodi che Minsk dovrà affrontare nei prossimi mesi. Il tutto, in un Paese che rischia ritorsioni russe sulle forniture energetiche dopo gli ultimi strappi da Mosca. E che deve ancora chiarirsi le idee sulla propria storia.

Abbigliato in uniforme militare, il presidente Alaksandar Lukašenka ha festeggiato solennemente il sessantacinquesimo anniversario dell’indipendenza bielorussa, festa istituita nel 1996 per ricordare la sconfitta delle truppe naziste di occupazione ad opera dell’armata rossa. Nonostante la crisi economica abbia colpito pesantemente anche Minsk, bat’ka non ha voluto rinunciare alla tradizionale parata militare, durante la quale ha mostrato alcuni “pezzi pregiati” del suo esercito: batterie di missili S-300, Smierš, Grad; aerei militari e più di 3000 soldati.

In conclusione della sfilata, Lukašenka ha dichiarato che “la fonte della sovranità della Bielorussia sta nella volontà della nazione e nel rispetto della sua storia”, ragione per cui occorre “ricordare come il popolo bielorusso abbia impedito all’occupante hitleriano di mettere Minsk in ginocchio grazie all’indispensabile ausilio dell’armata rossa che ha liberato il Paese”. Peccato che, come sottolineato dal filosofo Aleś Ančipenka, l’aiuto sovietico non abbia comportato la libertà, bensì 65 anni di un’ulteriore dittatura [di cui il regime odierno è figlio, n.d.a.] responsabile di violenze, arresti ed omicidi politici. “Il regime ha cancellato volutamente fatti e simboli della storia non conformi all’ideologia comunista. Ad esempio, perché non si parla della Repubblica Popolare Bielorussa [proclamata il 25/3/1918 e destituita dall’armata rossa comunista un anno più tardi, n.d.a.], della Bielorussia post-sovietica e addirittura della preziosissima esperienza del Granducato di Lituania [1238 ca.-1795, n.d.a.]? Oggi, così come al tempo dell’URSS, l’unico grande mito storico può essere soltanto quello della Grande Guerra Patriottica contro i nazifascisti, ed è vietato affrontare quei periodi storici in cui, anche secoli addietro, la Russia ha de facto osteggiato ed annichilito ogni forma statale bielorussa”.

Questioni storiche a parte, alcuni fatti accaduti negli ultimi giorni preannunciano un’estate calda dal punto di vista politico. Innanzitutto, per unire le forze fin da subito in un’unica campagna elettorale nella quale parlare al Paese con una voce sola, i leader delle opposizioni democratiche, liberali e filoeuropee al regime di Lukašenka hanno prospettato la scelta del candidato da opporre al bat’ka nelle prossime elezioni presidenziali – sempre se saranno rese possibili dal regime – nonostante alla chiamata alle urne manchi ancora un anno. Secondo gli esperti, tra i nomi più papabili figurano Lavon Borščeviski del Fronte Popolare Bielorusso, lo storico oppositore vicino alla minoranza polacca Aleksander Milinkević del Movimento per la Libertà (Za Svabodu) e l’ex detenuto politico leader emerito del partito Hromada (di ispirazione socialdemocratica) Alaksandar Kazulin. La scelta del comune candidato del Presidio delle Forze Democratiche Unite – così si chiamerà la coalizione – avverrà il prossimo 8 luglio.

Dopo la guerra del latte, continua il gelo tra la Bielorussia e l’altrettanto autocratica Federazione Russa. Lo scorso 30 giugno, il Parlamento di Minsk ha rifiutato l’esame della mozione con la quale Minsk avrebbe riconosciuto in via definitiva l’indipendenza delle province georgiane dell’Abchazja e dell’Ossezia del Sud, occupate dai russi lo scorso agosto e strappate a Tbilisi dopo una spregiudicata aggressione militare. Il rinvio a settembre del dibattito sulla questione è avvenuto coraggiosamente nonostante le continue pressioni da parte di Mosca, che così rimane l’unico Paese assieme al Nicaragua a riconoscere i due nuovi pseudo-staterelli caucasici. Negli ultimi mesi, la Russia ha provocato un conflitto commerciale per obbligare Minsk al loro riconoscimento entro la fine di giugno, e adesso – stando alle analisi di alcuni esperti – i rapporti tra i due Stati subiranno sicuramente un ulteriore irrigidimento.

Infine, sempre martedì 30 giugno è stato scarcerato Emmanuel Zeltser, legale americano arrestato circa un anno fa con l’accusa di spionaggio industriale, e per questo condannato inizialmente a tre anni di detenzione. La decisione è stata presa di persona da Alaksandar Lukašenka nel giorno in cui a Minsk era in visita una delegazione del Congresso di Washington, consentendogli di rimpatriare in compagnia di personale medico dell’ambasciata USA.

I diplomatici americani hanno sottolineato come Zeltser si trovi in un pessimo stato di salute: diabetico, soffre anche di artrite e di problemi al cuore. E dall’inizio di giugno ha condotto uno sciopero della fame. Specialista in studi sulla delinquenza in Russia e nei paesi ex-sovietici, il legale newyorkese è stato arrestato a Minsk nel marzo 2008 assieme alla sua assistente, la russa Vladlena Funk. Ancor prima dell’inizio del processo circolavano notizie sul trattamento riservato a Zeltser, continuamente picchiato dalle guardie carcerarie.

Il processo Zeltser è stata l’ennesima prova di forza con l’occidente di Lukašenka. Un dittatore che ora, designato come prossimo obiettivo della politica aggressiva di Mosca e screditato agli occhi dell’occidente, rischia seriamente di ritrovarsi sempre più solo.
Matteo Cazzulani

Nessun commento:

Posta un commento