Attenzione / Attention / Uwaga / Увага

E' USCITO IL MIO LIBRO "LA DEMOCRAZIA ARANCIONE. STORIA DELL'UCRAINA DALL'INDIPENDENZA ALLE PRESIDENZIALI 2010", LIBRIBIANCHI EDITORE. Parte dei proventi finanzia l'Associazione AnnaViva.

venerdì 3 luglio 2009

CRISI BIELORUSSIA-RUSSIA: IL GAS DIETRO LA GUERRA DEL LATTE

Il monopolista russo Gazprom ha intimato alla bielorussa Beltransgaz il pagamento della somma di 230 milioni di dollari per ripianare il debito per le forniture di gas. Lo scorso gennaio, simili richieste nei confronti dell’Ucraina Naftogaz portarono all’interruzione delle forniture a Kyiv. E, di conseguenza, all’Unione Europea.

Come riportato dall’emittente Radio Echo Moskvy e dall’agenzia di informazione Interfax, l’esosa richiesta riguarderebbe le pendenze per il semestre gennaio-maggio. L’agente diplomatico russo – e quindi di Gazprom – Andrej Kuzniecov ha dichiarato che “la richiesta è già stata inoltrata a Beltransgaz”. Ma non riguarderebbe i debiti contratti per le forniture di carburante, per le quali Minsk dovrà fronteggiare un ulteriore esborso finanziario.

Il prezzo del gas esportato in Bielorussia nel primo quadrimestre del 2009 è stato incrementato da 128 a 210 Dollari per 1000 metri cubi. Tuttavia, dopo l’incontro di Zavidovo dello scorso marzo, il presidente bielorusso Alaksandar Lukašenka è riuscito a convincere il suo omonimo russo Dmitrij Medvedev ed il primo ministro di Mosca Vladimir Putin – de facto ancora il vero leader del Paese – ad abbassare l’importo ad un prezzo medio di 150 Dollari, valido per le forniture fino a fine anno. Purtroppo, si è trattato solamente di un accordo orale. E siccome carta canta, l’amministratore di Gazprom Sergej Kuprjanov ha ricordato a Minsk che nessuna modifica al contratto è stata apportata. Ergo, Beltransgaz dovrà rispettare i patti, e saldare i tre quadrimestri di fornitura alla cifra iniziale.

Occorre ricordare che all’inizio del 2009 una simile pretesa da parte di Mosca verso l’ucraina Naftogaz portò all’interruzione del flusso di gas a Kyiv e all’Unione Europea tutta.

Russia e Bielorussia da qualche settimana stanno combattendo una guerra commerciale. Il 6 giugno scorso, Mosca ha imposto l’embargo per l’importazione di latte e derivati provenienti dalla Bielorussia, in virtù del presunto mancato rispetto delle norme russe che regolano il commercio di tali generi. Minsk ha considerato la decisione come un vero e proprio attentato alla stabilità economica bielorussa, fortemente dipendente dalle esportazioni di prodotti caseari alla Federazione Russa. Per questa ragione, ha imposto un rigido controllo doganale lungo tutta la frontiera, e, stando ad alcune indiscrezioni, sarebbe intenzionata ad adottare un simile embargo per l’importazione di birra russa.

Secondo quanto riferito dalla ministra dell’agricoltura bielorussa, Jelena Skrynnik, la produzione dei prodotti caseari non rispetterebbe alcune norme igienico-sanitarie vigenti a Mosca. Per pronta risposta, la Skrynnik ha promesso di porre rimedio nel più breve tempo possibile, al fine di evitare il protrarsi dell’embargo, dannoso per la stabilità economica del Paese.

Dietro le quinte, una curiosa coincidenza: il 5 giugno – giorno precedente all’inizio della “guerra del latte” – Lukašenka ha sventato un tentativo del Cremlino di rilevare il controllo dell’industria casearia bielorussia (che a Minsk è ancora di proprietà dello Stato). E ancor più curioso è il fatto che la richiesta di Gazprom arrivi a pochi giorni dal rifiuto di Lukašenka di firmare il trattato di costitituzione di una comune forza militare di intervento dell’Organizzazione per il Patto di Sicurezza Collettiva, capeggiata dalla Russia, a cui appartengono alcune repubbliche dell’Asia ex-sovietiche.

Dunque, questa scaramuccia commerciale è l’ennesima dimostrazione delle velleità imperialistiche del Cremlino, intenzionato ad assoggettare economicamente e militarmente i Paesi un tempo appartenenti all’URSS. E dopo il latte, Mosca si prepara a punire la ribelle Bielorussia con l’arma del gas, facendo presagire il rischio per il prossimo inverno di una nuova crisi energetica che, inesorabilmente, avrà ricadute sull’Unione Europea.
Matteo Cazzulani

Nessun commento:

Posta un commento