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venerdì 3 luglio 2009

PATTO DI SICUREZZA COLLETTIVA: MINSK DICE NO A MOSCA

Il presidente bielorusso Alaksandar Lukašenka ha rifiutato di firmare l’accordo per l’istituzione di una comune forza di pronta reazione degli eserciti ex-sovietici.

Dunque, bat’ka ha declinato l’invito al vertice dell’Organizzazione del Patto di Sicurezza Collettiva, incaricato di varare la costituzione di una forza militare composta da paesi un tempo appartenenti all’URSS per mantenere l’ordine in Asia centrale. Tale progetto rappresenta una risposta alla NATO da parte di Mosca, desiderosa di ristabilire il vecchio impero di un tempo e di rilanciare la competizione militare contro l’occidente e gli USA in particolare, malgrado le ultime posizioni concilianti assunte dall’amministrazione Obama.

La defezione bielorussa ha creato un vero e proprio caso diplomatico poiché Minsk è da sempre l’alleato più fedele del Cremlino. Alla base della decisione vi sarebbe la volontà di Lukašenka di protestare contro l’embargo dei prodotti caseari provenienti da Minsk introdotto la scorsa settimana da Mosca. Il divieto di importazione di latte e di suoi derivati rappresenta un durissimo colpo per la già martoriata economia bielorussa.

Il portavoce del ministero degli esteri bielorusso, Andrei Popov ha illustrato all’agenzia di stampa Associated Press come si tratti di “una vera e propria discriminazione economica atta a minare le fondamenta dell’economia di uno dei Paesi aderenti all’Organizzazione per il Patto di Sicurezza Collettiva. Una guerra economica tra membri dell’OPSC che rappresenta uno schiaffo al buon senso”. Successivamente, una nota del medesimo ministero ha ratificato la decisione di non partecipare al vertice dell’organizzazione, in programma a Mosca lunedì 15 giugno.

La Bielorussia è alleato di ferro della Federazione Russa sin dalla caduta dell’URSS nel 1991. Tuttavia, tensioni si sono alternate tra i due paesi in seguito ai ripetuti tentativi da parte del Cremlino di ristabilire il proprio controllo nel mondo ex-sovietico. Ne sono un esempio i continui screzi tra Alaksandar Lukašenka e Vladimir Putin, seppur uniti da un patto di amicizia in campo militare ed economico.

Il boicottaggio dei prodotti caseari è stato deciso dopo che il presidente bielorusso ha dichiarato di temere la volontà di Mosca di estendere il controllo sulle industrie e di annichilire la sovranità del suo Paese. Inoltre, ha fatto esplicito riferimento ad una possibile cecenizzazione dell’area, alla quale la Bielorussia sarebbe pronta a rispondere con tutti i mezzi possibili, non escluso quello militare.

Tuttavia, Lukašenka dipende in toto dall’altrettanto autoritario regime di Mosca sia sul piano economico che su quello politico. Inoltre, in 15 anni di vera e propria dittatura bat’ka non è riuscito a migliorare le relazioni con l’occidente, rinunciando a rilasciare tutti i detenuti politici e a garantire lo svolgimento di libere consultazioni elettorali senza ricorrere ai brogli per falsarne il risultato a suo favore.

Da canto suo, il Cremlino subisce una forte frenata al progetto volto a ristabilire il controllo politico, militare ed economico sull’area dell’ex-URSS. L’aggressione contro la Georgia dello scorso agosto, le continue minacce ed interferenze nella politica interna ucraina, l’appoggio fornito al dittatore comunista Voronin nel falsare le elezioni in Moldova e nel reprimere le successive – legittime – manifestazioni per la democrazia e per l’avvicinamento all’UE di Chisinau ne sono esempi tangibili e recenti. Così come l’aggressività dimostrata nella politica energetica: con la costruzione dei gasdotti Nordstream – sul fondale del Mar Baltico – e Southstream – attraverso il Mediterraneo – Mosca punta all’accerchiamento ed all’isolamento di nemici come Polonia, Svezia, Paesi Baltici (membri dell’Unione Europea), Ucraina e Turchia. Il tutto con il gravissimo appoggio di stati europei irretiti dal Cremlino e conniventi con esso, quali Germania ed Italia.

La mancata partecipazione della Bielorussia al vertice di Mosca complica la situazione anche perché Lukašenka sarebbe stato designato a capo del consiglio dell’OPSC. Inoltre, la decisione rappresenta un prima, coraggiosa presa di posizione contro la politica espansionistica del Cremlino a poche settimane dalla visita in Russia del presidente USA Barack Obama, prevista per il mese di luglio. Durante l’incontro sarà affrontata la delicatissima questione della riduzione degli armamenti nucleari. E con la creazione di una forza di pronto intervento, Mosca intende dimostrare la sua egemonia in Asia centrale per aumentare il proprio peso specifico nelle trattative con Washington, la cui politica improntata al dialogo potrebbe rivelarsi sterile ed inefficace. Iran docet.
Matteo Cazzulani

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