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giovedì 3 giugno 2010

JANUKOVYCH PARLA ALLA NAZIONE: L'ELOGIO DELL'IPOCRISIA


Mentre il presidente, da cento giorni alla guida del Paese, parla agli ucraini di libertà e democrazia, ai militanti dell'opposizione è vietato manifestare.

Stabilità economica, politica e finanziaria. Riforme sociali, politica al di fuori dei blocchi, ma attenta alla voce di Mosca. Modernizzazione del sistema energetico ucraino, anche con l'aiuto esterno, meglio se solo dal Cremlino. Questi i punti toccati da Viktor Janukovych nel suo discorso alla nazione dopo cento giorni di presidenza. Non una novità, dal momento in cui, come annunciato in partenza, si tratta dei principi di "Ucraina per la gente", il programma con cui si è presentato agli elettori alle scorse presidenziali. Vinte, di musura, su Julija Tymoshenko, attuale leader dell'Opposizione Democratica, punto di riferimento di chi nel cuore ha l'Ucraina, e non Mosca.

Il sermone di due ore è stato pronunciato dinnanzi ad una platea di tutto rispetto: presenti tutti i ministri, gli alleati di governo, i maggiori esponenti del Partija Rehioniv. Persino l'ex presidentissimo Leonid Kuchma - sconfitto dalla pacifica rivoluzione arancione, oggi tornato alla ribalta, ed incensato dalla stampa occidentale, malgrado i suoi trascorsi poco democratici, sopratutto nei confronti dei giornalisti.

Pochi i momenti di vitalità. L'inno nazionale, in apertura - che nessuno canta, a partire dal presidente - le critiche, scontate, ai cinque anni precedenti, caraterizzati dalla presidenza Jushchenko e dai due governi Tymoshenko, in realtà impossibilitati a lavorare a causa dei continui litigi interni al campo arancione. Persino gli applausi sono misurati, quasi azionati a comando, sopratutto quando Janukovych illustra il nuovo corso della politica estera. "Abbiamo ereditato un Paese disatrato - ha dichiarato - ma ora l'Ucraina ritorna ad una vita normale. Abbiamo iniziato una collaborazione con l'Unione Europea. Ma, sopratutto, ristabilito stretti contatti con la Russia. Al Paese servono nuovi investitori. Occorre migliorare l'economia".

Parola chiave dell'esibizione del presidente è stata stabilità. In primis, sul piano economico, con il raggiungimento di un bilancio equilibrato, anche a costo di svendere qualche gioiello dell'industria nazionale ai privati. Magari, ai soliti, noti, oligarchi dei clan di Donec'k e Dnipropetrovs'k, principali finanziatori della politica del Partija Rehioniv. Una stabilità sociale, poiché, concordemente con le promesse elettorali, impegno della presidenza è quello di innalzare pensioni e paghe previdenziali. Nonchè di creare nuovi posti di lavoro, e rafforzarne il mercato.

Ma la stabilità è anche politica. Ed il presidente, in questo, è stato coerente: vinte le elezioni, non ha esitato ad accellerare il pensionamento dell'oramai agonizzante governo Tymoshenko, e ad affidare governo e ministeri a membri del Partija Rehioniv, che oggi controlla tutti i posti di comando della vita politica del Paese, concedendo agli alleati comunisti e del Blocco Lytvyn solo qualche sottosegretariato.

Minore coerenza Janukovych l'ha dimostrata a proposito di democrazia e libertà. Infatti, se all'interno del palazzo "Ukrajina" il capo dello Stato ha dichiarato che la libera espressione è un principio da tutelare, all'esterno dell'edificio il traffico pedonale è stato proibito già un'ora e mezza prima dell'evento, e la protesta delle opposizioni è stata impedita, anche con maniere coercitive. I militanti del partito "Za Ukrajiny" sono stati circondati dalla polizia, ed invitati a più riprese ad interrompere la dimostrazione.

"Sarà anche stata una melma arancione, come Janukovych ama definirla - dichiara Taras, militante del partito di opposizione - ma con la Tymoshenko e Jushchenko queste cose non succedevano. Tutti potevano manifestare, persino contro il governo. L'Ucraina era una democrazia. Ora, ho miei dubbi".

Lecito sottolineare come i punti del discorso presidenziale siano gli stessi contenuti nella legge di indirizzo della politica interna ed estera, approvata nella giornata di martedì, 1 giugno, dal Consiglio per la Sicurezza e la Difesa Nazionale, e ratificata, nella mattinata, dalla Rada. A favore hanno votato 253 deputati su 430 presenti. Tutti quelli del Partija Rehioniv, del Blocco Lytvyn e i comunisti - rispettivamente 171, 27 e 19 - 23 ancora formalmente iscritti al BJuT, ma de facto passati alla maggioranza, 10 di Nasha Ukrajina e tre indipendenti.

Dichiarazione di voto contraria è stata effettuata dai gruppi parlamentari del Blocco Tymoshenko e di Nasha Ukrajina-Narodna Samooborona, le principali forze politiche dell'Opposizione Democratica. Per una volta, finalmente unite nel combattere in parlamento un provvedimento che allontana definitivamente Kyiv da ogni forma di integrazione euroatlantica, e consente la svendita alla Russia del patrimonio infrastruttirale energetico, preludio della perdita dell'indipendenza economica, e quindi politica, dell'Ucraina.

"Il progetto di legge - ha dichiarato il vice speaker della Rada, Mykola Tomenko, del BJuT - rivede la collaborazione dell'Ucraina con l'Occidente, e da il via libera alla fusione tra Naftohaz e Gazprom [i monopolisti del gas di Ucraina e Russia, n.d.a.] in un unico soggetto in cui Kyiv conterà non più del 6%. Ciò significa agire contro gli interessi nazionali, in favore di quelli di pochi grandi industriali, benvoluti dal Cremlino".

"Lo scopo principale del provvedimento - spiega Borys Tarasjuk, ministro degli esteri del governo-ombra voluto da Julija Tymoshenko - è quello di allontanare l'ingresso dell'Ucraina nella NATO in nome di una politica di neutralità, che, in realtà, ci indebolisce, anche sul piano militare. Non lasceremo che a difendere la nostra terra siano i soldati russi, a cui il presidente ha concesso di restare in Crimea fino al 2042, in cambio di un effimero sconto sul gas".

Matteo Cazzulani

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