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mercoledì 23 giugno 2010

GAS: L'UCRAINA CERCA DI CONVINCERE L'ITALIA SUL NO AL SOUTHSTREAM. CONTINUA LA GUERRA TRA MOSCA E MINSK


Un ucraino a Roma. Anzi no, a San Donato Milanese, nell'interland del cuore economico della penisola. Non si tratta di un turista, ma del ministro degli esteri, Konstjantyn Hrycenko, che nella giornata di mercoledi, 23 giugno, si è recato nel Belpaese per convincere le autorità politiche ed energetiche di casa nostra ad arrestare il Southstream.

In realta, le speranze di successo della missione ucraina non sono molte, dal momento in cui il gasdotto meridionale, progettato sul fondale del Mar Nero per collegare direttamente la Russia alla Vecchia Europa, è un progetto, già ben avviato, con la partecipazione delle maggiori compagnie energetiche del continente. Difatti, oltre alla russa Gazprom e all'italiana ENI, genitori del tubo sottomarino, al Southstream partecipano la francese Suez-Gaz de France, i governi dell'Europa centrale di Austria, Slovenia, Croazia, Ungheria, ed alcuni Paesi alleati di Mosca, quali Bulgaria, Serbia e Grecia, tanto favorevoli al progetto da ribattezzarlo "gasdotto ortodosso".

Sugli incontri di Hrycenko, bocche cucite da ambo le parti. Il servizio stampa ENI non ha riportato alcuna nota. Mentre il direttore del servizio informazioni del Ministero degli esteri ucraino, Oleh Voloshyn, ha dichiarato che per l'Ucraina un gasdotto progettato per aggirarla non è più attuale, dal momento in cui il colore delle forze politiche al governo, ora spregiudicatamente filorusso, è cambiato. E, inoltre, con Mosca sono in corso trattative per la ristrutturazione compartecipata del sistema infrastrutturale energetico ucraino, e per una più stretta collaborazione, finalizzata addirittura alla fusione tra i due colossi nel settore, Naftohaz e Gazprom.

Per quanto riguarda la questione del gas, continua la guerra tra Bielorussia e Russia. Sempre nella giornata di mercoledì, 23 giugno, Gazprom ha tagliato del 60% le forniture per Minsk, ed ha dichiarato di arrivare fino all'85% qualora il debito contratto da Beltransgaz, 260 milioni di dollari, non sarà saldato al più presto. A sua volta, il presidente bielorusso, Aljaksandr Lukashenka, ha dichiarato che anche il Cremlino è in debito di una cospicua somma per i diritti di transito dell'oro blu che, attraverso il territorio del Paese, rifornisce gli stati dell'Unione Europea.

Il presidente del Parlamento Europeo, Jerzy Buzek, si è detto preoccupato per il calo di forniture già registrato in Lituania, Lettonia, Germania orientale e Polonia, notizia confermata dal ministro dell'energia russa, Sergej Shmatko, ed ha offerto la mediazione di Bruxelles per risolvere la questione. Tuttavia, significativa è la dichiarazione, quasi una smentita, del portavoce della compagnia energetica lituana Lietuvos Dujos, Sihita Pjatrikonite-Jurkunene, che ha riportato come nel suo Paese l'oro blu finora sarebbe affluito secondo il normale regime, non registrando variazione alcuna.

Oltre all'Europa, chi potrebbe trarre vantaggio dalla crisi è l'Ucraina. Già le compagnie Ukrtranshaz e Naftohaz si sono offerte di acquistare più gas da esportare in Bielorussia. Ma non solo di pura geopolitica energetica si tratta. Secondo il coordinatore di Bat'kivshchyna, Oleksandr Turchynov, uno dei leader dell'Opposizione Democratica, l'Ucraina dovrebbe sfruttare l'attuale crisi, da un lato per valorizzare il proprio patrimonio infrastrutturale energetico, senza svenderlo a Gazprom, come concepito dal governo Azarov e dal presidente Janukovych. Dall'altro, per rafforzare la propria indipendenza energetica, e convincere la Russia ad interrompere la costruzione di gasdotti miranti a bypassare Kyiv.

"Già nel 2009 - ha dichiarato il braccio destro di Julija Tymoshenko sugli schermi del 5 Kanal - l'Ucraina era vittima di un simile ricatto di quello che Mosca sta oggi ponendo alla Bielorussia. Il problema non è quanto e chi deve pagare. Ma, da parte nostra, dovremmo aprofittare della situazione per convincere la Russia che progetti di gasdotti sottomarini non sono loro convenienti se solo potessero contare su un'Ucraina forte, unita, indipendente, con un proprio sistema infrastrutturale energetico sicuro. Non bisogna svendere i nostri gasdotti al Cremlino, ma destinare risorse per la loro modernizzazione, mantenerli in mani ucraine, e valorizzarli come prezioso mezzo di transito del gas destinato ai Paesi dell'Unione Europea su cui guadagnare grazie alle tariffe di transito. Appena vi è la possibilità, con Gazprom bisogna dialogare, senza cedere però. Non si tratta di ragionare su come guadagnare dalla crisi con la Bielorussia, ma su come modernizzare i nostri gasdotti per il bene di tutto il Paese, e non di una ristretta cerchia di oligarchi, vicini al presidente, al governo in carica e alla Russia".

Lecito ricordare che il taglio delle forniture, su preciso ordine del presidente Dmitrij Medvedev, è iniziato alle 10 del mattino di lunedi, 21 giugno, inizialmente per il 15%. Gazprom chiede a Beltransgaz il saldo del debito che Minsk ha accumulato dal 2006 in seguito alla decisione di continuare a pagare l'oro blu secondo il vecchio tariffario, rifiutando l'imposizione di prezzi livellati a standard europei, che la Bielorussia, attanagliata da una grave crisi economica e finanziaria, non riesce ad affrontare.

Inoltre, secondo i principali esperti di geopolitica, il progetto di fusione tra i monopolisti del gas di Kyiv e Mosca, Naftohaz e Gazprom, è una mossa con cui il Cremlino intende assoggettare ancor più strettamente Paesi storicamente e culturalmente europei che, così come sotto lo zarismo e il comunismo, considera suo "estero vicino", sottomettendoli prima sul piano economico, poi su quello politico.

Matteo Cazzulani

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