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venerdì 27 agosto 2010

SICUREZZA ENERGETICA: LA BIELORUSSIA GIOCA LA CARTA IRANO-VENEZUELANA. L'UCRAINA APRE ALL'AZERBAJDZHAN E RAFFORZA L'ASSE CON MOSCA


Minsk aumenta l'estrazione di nafta a Teheran e Caracas. Kyiv, sempre più dipendente da Mosca, propone una partnership a Baku, Bucarest e Sofia per il terminale voluto dal governo Tymoshenko.

Iran, Venezuela, Azerbajdzhan, Bulgaria e Romania. Ecco le pedine che Bielorussia ed Ucraina hanno coinvolto per diversificare le forniture di gas e nafta. Una vera e propria partita a scacchi, che negli ultimi mesi ha visto Minsk avvicinarsi alla Lituania, ed agli altri Paesi Baltici, con progetti concreti per limitare la dipendenza da Mosca. Di cui, tuttavia, Kyiv non intende fare a meno.

Nella giornata di giovedì, 26 agosto, l'ennesima mossa. Minsk aumenterà l'estrazione di nafta in Iran. Come riportato dall'agenzia di stampa "RosBisnesKonsaltig", il governo bielorusso ha inserito nel proprio piano di svuluppo del potenziale energetico lo sfruttamento del giacimento di Dzhufeir per i prossimi dieci anni. Portata dell'accordo, 9,3 milioni di tonnelate, che dall'Iran saranno costantemente importate in Bielorussia fino al 2020.

Altra pedina coinvolta da Minsk è il Venezuela. Tra i due Paesi è già attiva una compagnia comune, la Petrolera Belovenesolana. La quale, sempre secondo quando riportato dll'agenzia bielorussa, ha annunciato l'incremento dell'estrazione di nafta nel sito Junin-1per i prossimi dieci anni. Stando ai piani, dalle 1,7 milioni di tonnellate odierne si passerà a 2,9 nel 2013 e, nel 2020, alla quota finale di 7,5 milioni. Parte di essa è riservata alla Bielorussia, che, già lo scorso giugno, con Caracas ha stretto un accordo per l'acquisto di benzina a buon mercato, successivamente trasportata via mare fino al porto di Odessa, ed importata attraverso il territorio ucraino.

Proprio l'Ucraina, e le sorti energetiche del porto di fondazione genovese, sono state al centro dei lavori della Commissione per lo sviluppo economico, che, sempre giovedi 26 agosto, ha fissato per la fine dell'anno il termine dei lavori alla costruzione di un terminale per l'importazione di gas naturale liquefatto di provenienza azera. Un'infrastruttura necessaria per l'indipendenza energetica ucraina, concepita, già nel luglio del 2009, dal governo Tymoshenko. La sua realizzazione, tuttavia, è stata bruscamente interrotta lo scorso autunno, a causa della forte crisi economica, che in Ucraina ha colpito davvero duro.

Il terminale potrà recepire da un minimo di cinque ad un massimo di dieci metri cubi annui di oro blu. Costo totale, 1 miliardo di dollari. Che, come spiegato dal ministro dell'energia, Jurij Bojko, Kyiv cercherà di suddividere, coinvolgendo lo stesso Azerbajdzhan, e proponendo una partnership a Bulgaria e Romania, già impegnate nella realizzazione di un simile terminale a Kulevi, in Georgia.

"Da tempo - ha spiegato Bojko dagli schermi del canale "Inter" - stiamo conducendo trattative con i nostri soci azeri. Il loro giacimento di Shakh-Deniz-2 è già sfruttato dalla Georgia, dove Romania e Bulgaria stanno realizzando un terminale per la trasformazione del gas. Da li, potremmo importare l'oro blu via mare, fino ad Odessa, una volta terminata la nostra infrastruttura. Per terminarne la costruzione, stiamo cercando di coinvolgere anche Baku, Bucarest e Sofia".

Nonostante le parole di Bojko, l'Ucraina non intende rinunciare alla partnership energetica con la Russia, rafforzata negli ultimi mesi dalla vittoria alle elezioni presidenziali di Viktor Janukovych, e dall'attività del governo Azarov, da lui instaurato all'indomani dell'insediamento. Ad oggi, Kyiv importa oro blu a prezzi svantaggiosi, nonostante, lo scorso maggio, abbia ottenuto uno sconto di 100 dollari per mille metri cubi. Per questa ragione, il primo ministro, Mykola Azarov, ha dichiarato che nei prossimi giorni chiederà a Mosca di riconsiderare il tariffario, anche in virtù dei ritrovati buoni rapporti.

"Le tariffe - ha sottolineato a Radio Liberty - sono sconvenienti. Il governo ha l'obiettivo di rivederle. Convinceremo i nostri partner russi che la loro riformulazione è necessaria per ambo le parti".

Mosca si è detta pronta a rivedere l'accordo in questione e, come riportato dal quotidiano Kommersant'', disposta ad un ulteriore ribasso del 30%. Tuttavia, in molti si chiedono a quale prezzo Kyiv otterrà l'ennesimo sconto sull'oro blu di Gazprom - il monopolista russo del gas. Già lo scorso 21 maggio, con quelli che sono passati alla storia come accordi di Kharkiv, il presidente Janukovych ha rinnovato le forniture a prezzo calmierato, in cambio dell'ingresso di investimenti da Mosca in territorio ucraino - per un totale di 40 miliardi di dollari - e del prolungamento della permanenza dei soldati russi della Flotta del Mar Nero, nel porto militare di Sebastopoli, fino al 2042. Una mossa onerosa, e sterile, dal momento in cui essa non ha evitato il rincaro delle bollette per la popolazione, innalzate dal governo del 50% dallo scorso primo di agosto. Ufficialmente, per pareggiare il bilancio, ed ottenere la fiducia del Fondo Monetario Internazionale per l'erogazione del prestito di 15,15 miliardi di dollari.

Come ipotizzato, sempre sulle colonne del Kommersant'', dal Deputato del Blocco Tymoshenko - la principale forza di opposizione - Oleksandr Hudyma, in cambio dell'ennesimo ribasso, l'Ucraina accellererà la fusione tra Gazprom e Naftohaz in un unico supermonopolista: caldo consiglio che il primo ministro russo, Vladimir Putin, diede ad Azarov già la scorsa primavera, nel corso di un vertice a Sochi. A più riprese, esponenti del principale gruppo di opposizione alla Rada hanno evidenziato come la proposta di Putin sia una mossa per sottomettere l'Ucraina anche dal punto di vista energetico, dal momento in cui, secondo fondate indiscrezioni, del supermonopolista che si creerà, a Kyiv sarà lasciato solo il 6% delle azioni.

Secondo il Direttore Generale del Fondo per la Sicurezza Nazionale Energetica russa, Kostjantyn Symonov, la merce di scambio per il ribasso delle tariffe di importazione sarebbe la cessione del possesso del sistema infrastrutturale energetico ucraino, a prescindere dalla creazione del supermonopolista. Come spiegato all'agenzia UNIAN, nel gennaio 2009, Mosca è stata abile a negoziare clausole onerose per Kyiv, alla cui rinuncia è corrisposto il progressivo ottenimento di concessioni vantaggiose per la Russia in ambito economico, militare e politico.

Difatti, solo negli ultimi mesi, il Cremlino dapprima ha eliminato la clausola "prendi o paga" - che obbligava l'Ucraina a pagare una determitata quantità di gas, a prescindere dal suo utilizzo o meno. Poi, la tassa di importazione - che ha ritoccato al ribasso del 30% il prezzo dell'oro blu per Kyiv. In cambio, Mosca ha ottenuto il mantenimento dell'Italia - uno dei Paesi che paga a Gazprom il prezzo più salato - come mercato di riferimento nelle trattative, l'ingresso di cospicui investimenti russi in Ucraina, la fusione delle principali industrie dei due Paesi nel settore nucleare, dell'energia idroelettrica e dell'aviazione, ed il mantenimento in territorio ucraino dei soldati della Flotta del Mar Nero.

"Quando si parla di tariffe per il gas - ha illustrato Symonov - bisogna considerare le sorti del sistema infrastrutturale energetico ucraino. Kyiv potrà ottenere un ulteriore sconto solo previa cessione del controllo dei suoi gasdotti a Mosca. A prescindere dalla fusione tra Gazprom e Naftohaz".

Entusiasticamente, Janukovych ha bollato il documento firmato nella capitale dell'Ucraina sovietica - oggi attivissimo centro universitario - come senza precedenti nella storia delle relazioni tra i due Paesi. Nonostante le proteste dell'Opposizione Democratica. La quale, più volte, ha sottolineato come la premanenza dei soldati russi in territorio ucraino sia lesivo per l'indipendenza politico-militare di Kyiv. E le obiezioni del premier Azarov. La cui decisione di innalzare il costo del gas per la popolazione sta obbligando gli ucraini a pagare salato fiumi di oro blu, indispensabili per affrontare la rigidità di un inverno quasi alle porte.

Matteo Cazzulani

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