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sabato 17 aprile 2010

UCRAINA E RUSSIA VERSO UN NUOVO ACCORDO SUL GAS. E SUL NUCLEARE.


Mosca è disposta ad uno sconto sul prezzo del gas in cambio della partecipazione alla gestione del nucleare ucraino. L'opposizione denuncia la sempre più crescente dipendenza energetica di Kyiv dal vicino e propone lo sviluppo di fonti alternative.

"Le proposte del presidente Janukovych sulla diminuzione del prezzo del gas sono state accolte. Il primo ministro Vladimir Putin ha dato ordine di stilare a riguardo un decreto da approvare con urgenza alla Duma [il parlamento russo, n.d.a.]". E' con questo scarno comunicato che venerdì 16 aprile Mosca ha annunciato l'intesa con l'Ucraina per il rinnovo del contratto sulle forniture di gas.

Decisivo è stato l'incontro tra il capo del monopolista russo Gazprom, Aleksej Miller, ed il ministro per l'energia ucraino, Jurij Bojko, avvenuto a Mosca nella medesima giornata. Due le questioni dirimenti che le parti hanno affrontato: la revisione del prezzo del gas imposto all'Ucraina e le tariffe di transito applicate da Kyiv a Mosca come pedaggio sull'oro blu destinato agli acquirenti europei.

Il raggiunto accordo è stato subito confermato dal presidente russo, Dmitrij Medvedev, che dal Brasile (dove era impegnato nel vertice dei Paesi emergenti BRIC - Brasile, Russia, India e Cina) si è detto pronto a chiudere l'accordo già nella settimana prossima ventura, sottolineando come esso sia necessario sopratutto per il miglioramento dei rapporti con Kyiv, in preda ad una difficile situazione economica.

"Non è un mistero. Abbiamo discusso a lungo le richieste dell'Ucraina. Siamo pronti ad accorglierle. Anche perché i nostri partner ucraini ritengono che la revisione delle tariffe è necessaria per superare una pesante situazione economica. Ci incontreremo nei prossimi giorni" ha dichiarato l'inquilino del Cremlino.

Tuttavia, come già avvenuto in passato in svariate occasioni, nessun dettaglio concreto è stato comunicato in via ufficiale, lasciando sulla questione una nube di sospetti ben più densa di quella islandese di origine vulcanica che nello stesso periodo ha paralizzato la circolazione aerea in Europa. Anche perché, stando a fonti autorevoli e a sempre maggiori indiscrezioni, sembra sempre più probabile che la contropartita allo sconto sull'oro blu sarà per Kyiv davvero onerosa.

In primis, si parla della cessione di parte - se non dell'intero - partrimonio infrastrutturale energetico a Mosca per mezzo dell'acquisto diretto da parte di Gazprom di ampi tratti di gasdotti ucraini. Del resto, lo stesso presidente Janukovych ed il premier Azarov si sono detti propensi alla creazione di un consorzio impegnato nella compravendita del gas russo e nella ristrutturazione del sistema energetico del Paese compartecipato da Kyiv, Mosca e Bruxelles: furba proposta concepita dal Cremlino per incrementare la dipendenza del vicino.

Già nella scorsa settimana, colloqui tra il primo ministro Mykola Azarov e quello russo Putin hanno avuto come oggetto proprio la partecipazione della Federazione Russa in commissioni riguardanti i gasdotti ucraini. "Negli accordi di collaborazione per la modernizzazione del sistema infrastrutturale energetico proponiamo l'incremento della sua funzionalità, implementandone la velocità di pompaggio del gas" ha dichiarato il premier ucraino.

Al contrario, il precedente governo Tymoshenko aveva preferito aprire alla partecipazione dell'Unione Europea, ottenendo da Bruxelles negli scorsi mesi un prestito di un miliardo di euro accompagnato da una dichiarazione di impegno nella modernizzazione del sistema di trasporto del gas in Ucraina. Oltre a quello non disinteressato di Mosca, anche la Slovacchia ha dichiarato il proprio interesse a partecipare alla modernizzazione delle infrastrutture energetiche.

Ulteriori indizi, inquietanti per le sorti dell'Ucraina, sono emersi dalle dichiarazioni che il vice primo ministro russo, Igor Sechin, ha rilasciato nella giornata di sabato 17 aprile a margine di una conferenza a Murmans'k, con le quali ha illustrato come Kyiv avrebbe proposto al Cremlino di prendere parte al sistema di sviluppo dell'energia idroelettrica e, sopratutto, di quella atomica.

"L'economia ucraina sta vivendo un periodo davvero difficile. Una delle varianti che abbiamo discusso è la possibilità di abbassare i pressi del gas. In cambio ci è stata proposta, e accordata, la partecipazione diretta di industrie russe alla gestione dei settori idroelettrico e nucleare in Ucraina. Si tratta soltanto di interessi economici" ha spiegato Sechin.

Se così fosse, il presidente Viktor Janukovych starebbe letteralmente conducendo il suo Paese verso la più profonda dipendenza dal vicino russo, non solo per quanto riguarda il gas e l'energia, ma anche in settori dell'economia particolarmente delicati come il nucleare. In occasione del vertice mondiale di Washington della scorsa settimana, il Capo di Stato ucraino ha dichiarato che Kyiv rinuncerà all'uranio arricchito, provvedendo alla sua immediata eliminazione.

Tale mossa politica - seppur agli occhi del lettore italiano apparentemente di buon senso - potrebbe avere serie ripercussioni sulla già fragile economia ucraina, che non avendo avuto modo, tempo e denaro per risollevarsi dalla dittatura sovietica e dalla disastrosa amministrazione Kuchma (tra il 1994 e la rivoluzione arancione del 2004) è ancor oggi in toto dipendente da gas - russo - carbone e, appunto, dal nucleare: settore che attira gli interessi di molti, Mosca in primis. Difatti, stando a svariati testimoni, a convincere Janukovych sarebbe stato proprio lo stesso Medvedev, spalleggiato dal presidente USA Barack Obama in nome di quel clima di concordia generale e di (ipocrita) armonia mondiale tanto voluto dal modesto "premio Nobel per la pace".

A denunciare la svendita del patrimonio energetico, da cui trarrebbero profitto non solo il Cremlino, ma anche gli oligarchi delle regioni orientali del Paese, sponsor politici del partito del presidente - il Partija Rehioniv - e a chiedere ad alta voce di chiarire i dettagli dell'accordo con Mosca è stata a più riprese l'opposizione democratica per voce della sua carismatica leader, Julija Tymoshenko, sempre attenta a difendere gli interessi, l'unità e l'Indipendenza dell'Ucraina.

"La rinuncia all'uranio arricchito può non solo vietare all'Ucraina lo sviluppo tecnologico, ma riportarla ad una condizione di dipendenza atomica [già vissuta in epoca sovietica, quando Kyiv, inserita nell'URSS, dipendeva in tutto e per tutto da Mosca e non poteva approntare un proprio piano di sviluppo energetico, n.d.a.]. Può essere l'ennesimo ambito della nostra economia in cui perderemo la nostra indipendenza" ha dichiarato la Lady di Ferro ucraina in una apposita conferenza stampa, convocata a margine della riunione del suo governo-ombra.

Non solo critiche. L'opposizione democratica ha anche proposto al governo lo sviluppo, la ricerca e l'implementazione di fonti alternative di approvigionamento energetico, così da permettere una minore dipendenza dal gas russo, da cui Kyiv è legata per l'89%. Un progetto ambizioso, ma fattibile, da inserire a tutti i costi nel bilancio statale che l'esecutivo non è stato ancora in grado di approvare malgrado la consistente maggioranza parlamentare.

Lecito ricordare che l'Ucraina ad oggi paga a Mosca 360 dollari per mille metri cubi di gas importato: un tariffario pari a quello imposto alla Germania, concordato con Gazprom lo scorso autunno dall'allora governo Tymoshenko, che in cambio è riuscito ad ottenere l'eliminazione dell'odiosa clausola "prendi o paga" - in base alla quale Kyiv era obbligata ad acquistare a prezzi onerosi un tetto massimo di oro blu da Mosca indipendentemente dal suo utilizzo o meno - e a garantire agli ucraini un inverno finalmente al caldo dopo anni di precari equilibri energetici con il sempre più invadente vicino russo.

Matteo Cazzulani

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